Taking Care of Baby. Accademia degli Artefatti e il collasso della realtà

Dennis Kelly
Dennis Kelly
Dennis Kelly (photo: artefatti.org)

Prosegue la decima edizione della rassegna Trend al Teatro Belli di Roma.
La seconda metà del programma prevede una serie di mise en espace’, progetti a metà tra la lettura e la messinscena, di cui capita spesso di assistere ad esempi più o meno validi.

Nel caso di “Taking Care of Baby” (Accademia degli Artefatti) la forma in questione pare essere la più giusta, per portare in scena quello che è un continuo cortocircuito tra realtà e finzione.
La scorsa estate al Traverse Theatre di Edimburgo avevamo visto un agghiacciante “The Author” di Tim Crouch, in cui i veri attori rappresentavano se stessi alle prese con il racconto della lavorazione di uno spettacolo sull’abuso minorile che in realtà non era mai andato in scena. Il contatto diretto con il pubblico, seduto in platea insieme agli attori e al drammaturgo, era lì il mezzo per attuare quel cortocircuito, il velo da lacerare continuamente per dimostrare che una reale e tangibile separazione tra verità e verosimiglianza non esiste.

Ad accomunare la mise en espace di Fabrizio Arcuri al lavoro di Crouch è proprio il messaggio di fondo, quello secondo cui un approccio “realistico” alla narrazione stressa la vicenda fittizia fino al punto in cui dalla sua linfa viene generata una realtà effettiva. Il grande pregio di questa operazione (prima di tutto drammaturgica) è che il processo è completamente reversibile, per cui il modo di narrare e strumentalizzare un fatto di cronaca può comprometterne del tutto la natura stessa di evento reale, fino a produrre un vero e proprio show. Il tutto grazie (o meglio a causa) del filtro dei mass media.

Il testo di Dennis Kelly raccoglie stralci di interviste e dichiarazioni per ricostruire la vicenda (realmente accaduta) di una madre accusata di doppio infanticidio e “sospettata di essere innocente” perché affetta da una sindrome che la obbliga a infliggere atti di crudeltà nei confronti dei propri figli.
A parlare sono: l’accusata (Isabella Ragonese), detenuta in una prigione di stato, che racconta la propria vita in carcere e poi viene interrogata da Kelly stesso (Francesco Bonomo); sua madre (Francesca Mazza), rampante politica che dalla tragedia della figlia riesce a ricavare i voti decisivi per un’elezione; un eccitatissimo giornalista alle prese con l’inchiesta (Matteo Angius); il celebre psichiatra (Pieraldo Girotto) che teorizza la fantomatica sindrome di Leeman-Keatley, della cui esistenza la stessa comunità scientifica finirà per dubitare.

A restituire alla perfezione il senso della realtà che muta forma è l’approccio mai trasparente della messa in scena: una videocamera riprende e proietta il primo piano della donna che recita dal vivo in un angolo della platea; lo stesso schermo manda poi spezzoni pre-registrati della madre nel mezzo della campagna elettorale; il giornalista è in platea, mai così a contatto con il pubblico; la conferenza del medico avviene sul palco, così come il suo incontro con il drammaturgo (solo una voce dal tavolino della regia piazzato sul palco), ripreso tuttavia da una videocamera in scena. Il risultato è che il video manipola crudelmente ed efficacemente le emozioni del pubblico (vero protagonista) avanzando per sottrazione, derubando il fatto della sua realtà con giochi d’illusione semantica che fanno perdere il senso e, una volta di più, la distinzione tra un piano e l’altro. La realtà di un fatto di cronaca si vaporizza, si volatilizza, viene ingoiata dalla sua stessa rappresentazione.

Al pubblico restano frammenti di vite private, riflessioni sull’aggressività dell’opinione pubblica, quella generale attrazione-repulsione che comanda la dinamica voyeuristica nei confronti di quelle tragedie che vorremmo non ci capitassero mai. Al punto che è un inquietante sollievo quello che ci assale quando, tornati a casa, gli unici risultati indicizzati cercando su Google “sindrome Leeman-Keatley” sono le recensioni di “Taking Care of Baby”. Un testo complesso, tradotto benissimo da Pieraldo Girotto nonostante certe ripetizioni meritassero qualche taglio, magnificamente interpretato da tutti gli attori, diretto con rigore, e che trova un vero senso alle piccole forme ibride del teatro e dei suoi linguaggi di straniamento, quelli con cui l’Accademia degli Artefatti compone la propria ricerca.

TAKING CARE OF BABY
di Dennis Kelly
traduzione: Pieraldo Girotto
mise en espace a cura di Fabrizio Arcuri
con: Francesca Mazza, Isabella Ragonese, Pieraldo Girotto, Matteo Angius, Francesco Bonomo, Fiammetta Olivieri
regia video/live a cura di Lorenzo Letizia
cura degli ambienti: Diego Labonia
durata spettacolo: 1h 47’
applausi del pubblico: 2’ 50’’

Visto a Roma, Teatro Belli, il 13 aprile 2011

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