Non certo un triangolo amoroso in senso classico, come per esempio nel Pirandello di “L’uomo, la bestia e la virtù” o di “Le ragioni degli altri”.
In “Tamburi nella notte”, opera giovanile di Bertolt Brecht ambientata a Berlino tra la fine del 1918 e l’inizio del 1919, protagonista è il giovane soldato Andrea Klager che ritorna dal fronte. Come accadeva spesso in quegli anni di lutto, pragmatismo e consolazione, chi sopravviveva alla guerra scopriva l’impossibilità di un ritorno alla vita precedente.
“Tamburi nella notte” è ambientato in una Germania prostrata dal conflitto. Tra delusione e fermenti idealistici, Berlino è un focolaio di rivolte. In questo scenario Andrea si mette sulle tracce della fidanzata Anna. Lei però, ormai convinta dai genitori che Andrea sia morto, sta per sposarsi con Friedrich, il classico buon partito, ricco e affidabile. Attraverso Friedrich, la famiglia di Anna cerca di garantirsi l’agiatezza economica. Rimedi facili, in tempi difficili.
Sventurato, reietto dalla vita e dai sogni che sperava di riavere, Andrea sembra deciso a calarsi nella lotta politica. Proprio in quei giorni, nell’ormai dismessa capitale del Secondo Reich, con il Kaiser Guglielmo in fuga, avanza l’onda rossa degli spartachisti, guidati da Rosa Luxemburg. Il sangue scorre a fiotti per le strade di Berlino.
Anna riavvolge il nastro della memoria. Cerca e ritrova Andrea. Prova a riappropriarsi di dignità e sentimenti. Andrea dovrà decidere tra lei, che aspetta un bambino da Friedrich, e la rivoluzione. Sceglierà l’amore, quel che resta della felicità, per sé e per la donna amata.
Operazione nostalgica e sincera, “Tamburi nella notte” parla del tramonto dell’utopia, della lotta inesauribile per costruire un mondo migliore. Con questo testo di Brecht nella versione scenica di Emanuele Aldrovandi, si è misurato all’Elfo Puccini di Milano il regista Francesco Frongia, che ha diretto ancora una volta i giovani diplomati dell’Accademia del Filodrammatici (Luigi Aquilino, Edoardo Barbone, Denise Brambillasca, Gaia Carmagnani, Eugenio Fea, Ilaria Longo, Simone Previdi, Alessandro Savarese, Valentina Sichetti, Irene Urciuoli, Daniele Vagnozzi) dopo l’esordio di questo lavoro un anno e mezzo fa, proprio al Filodrammatici.
Una brigata istrionica e scalcagnata, truccata in modo grottesco. Animaletti di scena che guaiscono, si azzuffano, si ammansiscono, si annusano, si accoppiano, si ubriacano, strepitano, per poi trovare inaspettati lampi d’umanità. Sono i rigurgiti della guerra che tira fuori il peggio degli uomini, appiattendo decoro e moralità. È un mondo a rotoli, segnato dalla sfiducia nella ragione.
Solo il recupero d’idee forti apre uno spiraglio di salvezza, che si rivela labile.
Questo lavoro scenico farsesco tra Brecht, Jarry e Fassbinder, si sprigiona in una scenografia di bandiere rosse cucite l’una all’altra (di Erika Carretta, che cura anche i costumi). È un monumento al «defunto ideale» (De André). È l’omaggio a una stagione trasognata in cui ogni cambiamento sembrava possibile.
Attaccate le une alle altre, le bandiere creano una specie di rosa che fa tanto Empireo di Dante. Ma è anche un atto di riverenza a Rosa Luxemburg a cent’anni dalla morte, il cui personaggio, introdotto da cartelli (che diventeranno tratto distintivo del teatro di Brecht), fa capolino nella scenografia e irrompe nell’opera, con le bandiere che si aprono come botole o finestre, e ricordano le feritoie degli spettacoli di Antonio Rezza.
Nel trionfo di rosso, si apre anche un angusto e squallido interno borghese L’infiorescenza di vessilli deflagra in una pioggia di petali. Lascia spazio all’interno azzurrino di un bar.
La rivolta rimane abbozzata, confinata nelle barricate di carta di giornali che sono il terzo tempo di questa scenografia mobile e fantasiosa. Nell’atto in cui svela i propri artifici, la scena facilita il dialogo con il pubblico.
“Tamburi nella notte” è eterna lotta tra sentimento e ragione. La macrostoria interseca la microstoria, precipita in quest’ultima, ricade nel privato, tentando di arpionare quella poca felicità. L’eroismo titanico cede al richiamo del cuore. È il senso della scelta di Andrea, che preferisce l’amore all’agone politico.
Interessante, oltre alla generosa prova di attori in evoluzione (giusto qualche acuto qua e là da perfezionare), anche la scelta delle musiche, che spazia inaspettatamente dalla “Forza del destino” di Verdi alla “Cavalcata delle Valchirie” di Wagner. Mentre “Verklärte nacht” di Schoenberg didascalizza, con toni epici al chiaro di luna, l’animo combattuto di una donna che confessa all’amato di aspettare un figlio da un altro uomo.
Tamburi nella notte
di Bertolt Brecht diritti del testo Suhrkamp Verlag
versione scenica di Emanuele Aldrovandi
regia Francesco Frongia
con Luigi Aquilino, Edoardo Barbone, Denise Brambillasca, Gaia Carmagnani, Eugenio Fea, Ilaria Longo, Simone Previdi, Alessandro Savarese, Valentina Sichetti, Irene Urciuoli,
Daniele Vagnozzi
scene e costumi Erika Carretta
luci Fabrizio Visconti
assistenti alla regia Giacomo Ferraù, Gianpiero Pitinzano
coproduzione Teatro dell’Elfo/Teatro Filodrammatici di Milano
si ringrazia l’Accademia del Filodrammatici
durata: 1h 30’
applausi del pubblico: 3’ 25”
Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 5 marzo 2019