Teatri di Vita sulla pista del Petrolio

Il congedo di Pier Paolo Pasolini dalla vita è un romanzo cruciale incompiuto, “Petrolio”, opera summa testamentaria che riconnette e definisce la caotica e convulsa coscienza del bel paese nei suoi primi decenni repubblicani.

“Is, Is Oil”, produzione 2015 di Teatri di Vita, ripercorre gli appunti di questa ‘favola rozza’, come Pasolini stesso la definì, riannodando gli impulsi di un intricatissimo romanzo-saggio, che mette alla gogna l’impietoso ritratto di una civiltà che si è smarrita.

Teatri di Vita torna quindi a cimentarsi con Pasolini dopo oltre 10 anni dalla messa in scena della tragedia “Orgia”, e a 40 dalla morte del più compianto intellettuale italiano del dopoguerra.

Andrea Adriatico rimodula teatralmente un’opera, di per sé neanche lontanamente pensata per un approdo scenico, senza scuotere o stravolgere la massiccia architettura totemica pasoliniana, e senza contraffare le urgenze tematiche del testo: un attacco frontale al sistema di potere degenerato che omologa a modelli di vita opprimenti, emarginando se non eliminando ogni voce contraria. Un potere che si incarna in una classe borghese ipocrita, apparentemente suddivisa in menti illuminate, riformisti e rivoluzionari, conservatori e reazionari, ma che si dirige tutta quanta verso lo stesso comandamento: la conquista e la conservazione del potere stesso con tutti i mezzi a disposizione.

“Petrolio” ha come protagonista Carlo, ingegnere della borghesia torinese, arguto catto-comunista avviato a una brillante carriera nell’Eni. Il personaggio di Carlo è però sdoppiato: Carlo Polis è il lato morigerato e sociale, dalla condotta sempre appropriata e coscienziosa; mentre Carlo Tetis è l’altra metà, diabolica e sensuale, pronto a violare ogni tabù, ponendo al centro della sua esistenza il piacere sessuale, in tutte le sue forme.
Le due parti giungono ad un accordo: il corpo di Carlo sarà di Polis, ma il suo peso sarà di Tetis. Esteriormente le due parti sembrano possedere vite diverse, ma in realtà i ruoli vengono spesso interscambiati, risultando così una stessa persona, emblema della contraddittorietà.

Ricomponendo scenicamente la complessa tramatura verbale del romanzo, Adriatico ridisegna gli spazi del teatro bolognese assemblando un impersonale salotto distinto ma minimale, dove il pubblico si accomoda tra divanetti e tavoli in vetro accompagnato dagli stessi interpreti, segregato da una impenetrabile quintatura nera permeabile solo all’avvicendarsi degli attori sulla scena.
È un luogo scarnamente evocativo, di quegli ambienti mondani fulcro delle invettive di Pasolini, un involucro dove la società si ritrova e si riconosce nelle sue agiate e superflue ritualità. È l’agorà in cui i personaggi riscostruiscono narrativamente la loro oggettività.

L’ingaggio scenico è sostanzialmente strutturato sul doppio ruolo di narratori e personaggi degli interpreti, ricalcando i molteplici piani narrativi del libro, sostenuto dai resoconti di voci fuoricampo e decorato da videoproiezioni moltiplicate sulle quattro pareti, riflessi di percezioni corporee alterate.

Nel salotto buono della Signora F. emerge così la lucidità esaltata di un Pasolini disilluso, la vocazione profetica di uno scrittore che tenta di abbattere il confine tra scrittura immaginifica e cronaca, l’esposizione di un quadro impietoso dell’Italia del boom economico, la degradazione senza vergogna allevata da politicanti collusi, funzionari corrotti, golpisti e faccendieri, con in risonanza le stragi di stato e i misteri politico-economici tutt’ora irrisolti.

Ad abbattere il confine tra pubblico e spettacolo è invece la conformazione della messa in scena, che vede gli spettatori inquadrati più come complici che osservatori passivi, complici – nell’accezione di conniventi – di un sistema sedimentato in malsane ideologie e valori da cui nessuno può sentirsi estraneo.

Adagiati nelle accoglienti poltrone siamo ospiti dei cordiali personaggi; come in un elegante ricevimento ci viziano con ogni genere di manicaretto, ci ammorbano con spumante e cure raffinate, mentre cadenzano incessanti le loro variegate identità di narratori, testimoni, personaggi. Ci scuotono quella coscienza politica e culturale ormai sopita nel conformismo consumistico, mostrandoci nitidamente la sporcizia sociale a cui siamo assuefatti ma insegnandoci poi a nasconderla sotto il tappeto.

Efficace la recitazione da parte di tutti gli interpreti, che nonostante alcuni eccessivi picchi caricaturali, riescono a rendersi a loro agio nelle complicate trame magmatiche di un testo che ha la presunzione, secondo lo stesso Pasolini, di contemplare l’intera storia letteraria occidentale e orientale.

Andrea Adriatico conduce il pubblico attraverso una regia garbata ma comunque scrupolosa, nulla di sconvolgentemente ispirato, ma un’accurata riduzione scenica degli innumerevoli panorami di indagine sociale e psicologica che “Petrolio” ci testimonia nonostante l’incompiutezza.

“Is, Is Oil” ci aiuta a tenere sveglia la nostra mente su un autore a cui la morte non ha comunque impedito di continuare l’ammonimento sulle nostre responsabilità morali, sul necessario impegno quotidiano a costruire una realtà diversa, sulle nostre entità individuali e collettive da proteggere dalla bieca ricerca dell’autorità personale.

IS, IS OIL
di Andrea Adriatico
liberamente ispirato a Petrolio di Pier Paolo Pasolini
e i corpi e gli sguardi di Anna Amadori, Patrizia Bernardi, Giovanni Capuozzo, Olga Durano, Francesco Martino, Alberto Sarti, Davis Tagliaferro, Selvaggia Tegon Giacoppo
e le amorevoli cure di Daniela Cotti, Saverio Peschechera
e i sostanziali aiuti di Alessandra Alpigno, Michela Malisardi, Salvo Maugeri, Corrado Trincali
e le acrobazie tecniche di Salvatore Pulpito, Rabie Sakri e di Antonio Bianco, Giovanni Frezza, Chiara Guadagnini
e la visione immaginifica di Luca Zanna
produzione Teatri di Vita 2015

durata: 1h 44′
applausi del pubblico: 1′ 6”

Visto a Bologna, Teatri di Vita, il 10 marzo 2016

stars-3

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