I lavoratori e le lavoratrici del Valle Occupato insieme ai lavoratori e le lavoratrici dell’arte hanno occupato oggi il PAC di Milano rinominandolo come Padiglione d’Arte Comune.
L’intento, come già per il Valle, è quello di trasformarlo in un inedito laboratorio di politica e linguaggi artistici a porte aperte.
Il PAC fu espressamente progettato per l’arte moderna e contemporanea ed oggi sarà lo spazio in cui lanciare un’assemblea cittadina partecipata per discutere della posizione dei lavoratori e lavoratrici della conoscenza e per costituire un nuovo modo di sostenere e condividere la produzione artistica.
I cittadini e i lavoratori dell’arte considerano il PAC come uno spazio vivo, nel rispetto di ciò che in questo momento vi è programmato, e si sentono legittimati ad entrarvi al di fuori di ogni logica di delega, per prendersene cura direttamente.
Qui di seguito il comunicato diffuso oggi:
TeatroValle Occupato
Siamo le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo che dal 14 giugno occupano il Teatro Valle insieme a moltissimi colleghi, artisti, operatori, tecnici, studenti e liberi cittadini.
Abbiamo occupato e continuiamo ad occupare per resistere alla sottrazione di spazi, risorse e finanziamenti alle arti, allo spettacolo, alla ricerca, alla formazione pubblica e insieme trasformare radicalmente e dal basso il sistema della produzione culturale in Italia.
In questi mesi il Teatro Valle è diventato un laboratorio artistico e politico – uno spazio pubblico in cui sperimentiamo nuove forme per un agire condiviso. Pratichiamo quotidianamente la democrazia diretta dei beni comuni.
I beni comuni non sono un concetto astratto: emergono quando una collettività, a cui sono stati sottratti, lotta per riappropriarsene.
Ogni giorno immaginiamo e tentiamo di mettere in atto nuovi dispositivi di gestione:
– un modello artistico. Nelle nostre pratiche i teatri, i cinema, i musei, le librerie si trasformano in luoghi vivi di cultura e di intense relazioni sociali, aperti a tutti ventiquattro ore al giorno. Spazi pubblici di sperimentazione, di residenza per artisti, di formazione permanente della cittadinanza.
– un modello giuridico. Stiamo scrivendo uno Statuto che sgorga dal diritto vivo delle lotte e presenta due elementi fortemente innovativi: la gestione partecipata della cittadinanza e l’autogoverno delle lavoratrici e dei lavoratori dello spettacolo.
– un modello economico che attraverso forme alternative di azionariato e di finanziamento scavalchi l’alternativa tra l’amministrazione burocratica dello stato e le logiche privatistiche del profitto.
Non è un caso se in questo momento storico in Italia sia proprio la cultura a continuare ad esprimere dissenso e conflitto: perché dopo vent’anni di violento smantellamento del sistema pubblico e di impoverimento dei linguaggi non vogliamo più delegare.
Perchè crediamo che la ricerca, il sapere vivo e una diversa idea di ricchezza sociale siano la risposta all’austherity imposta dalle banche, dai mercati e dai governi che ne esprimono gli interessi.
Perché pensiamo che sempre più persone diverse esprimano la volontà di una trasformazione radicale, non affidata all’alternanza elettorale ma alla potenza creativa del fare insieme.
I nostri linguaggi artistici e i nostri saperi sono le armi che abbiamo a disposizione per leggere e riscrivere il presente, e che ci siamo lasciati sottrarre.
Occupiamo, anche oggi, per occuparci di ciò che è nostro.