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Alla Tosse, Rasputin diffonde il metodo Stanislavskij

La missione di Rasputin

La missione di Rasputin

“Architetture nel vuoto” è una tre giorni di spettacoli che il Teatro della Tosse di Genova ospita a conclusione di una serie di workshop (a cui sono stati invitati docenti di fama internazionale come Giles Foreman e Lena Lessing) coordinati dal centro di ricerca internazionale EuAct, fondato da Paolo Antonio Simioni per la diffusione del metodo Stanislavskij.

L’intenzione della rassegna è “guardare oltre la dimensione narrativa del teatro di prosa per giungere, a partire da Stanislavskij, alla costruzione di una consequenzialità organica di stati emotivi, fino a un’estetica del gesto capace di abbracciare idealmente il teatro orientale. Corpo, voce, suoni, video coesistono su flussi paralleli, senza che questi elementi abbiano un rapporto reciproco necessariamente significante. Come nel Teatro Bunraku giapponese, i componenti si collocano su ideali palchi separati, mantenendo le loro rispettive identità mentre i corpi fluttuano nell’oscurità, a sottolineare spesso una ieraticità priva di contesto”.

Abbiamo assistito alla prima performace, “La Missione di Rasputin”, che porta in scena, protetto da un sottile telo da proiezione sempre presente, una curiosa visione del monaco russo ad opera di Géza Szocs.

L’autore ungherese spoglia la figura quasi mitologica del consigliere folle dei Romanov di tutta l’aurea oscura che da sempre lo caratterizza, per mostrarcelo invece come burattino di legno mosso dalle mani di due attori. Un Pinocchio schiacciato e arrabbiato dal peso delle notizie che deve portare, piuttosto che un demone visionario.
La sua ingenuità, condita da alcuni passaggi ironici rispetto ai presagi sul futuro, è contornata dall’applicazione rigorosa del tendere oltre rispetto alla narrazione tradizionalmente intesa.

Evidente il voluto scollamento tra contenuto e parlato, gesto e azione. Il fluttuare della marionetta Rasputin lo fa diventare protagonista e vittima impotente del destino, che non riesce in alcun modo a dirottare, mentre la gestualità coreografica e significante di Alessia Pellegrino ci mostra infiniti personaggi.

Le parole sono spesso demandate all’audio esterno, in una sorta di telenovela straniante dove chi è in scena non fa che accennare alle parole registrate e riprodotte “fuori”. L’alternarsi dei vari momenti della “missione” è scandito dalle proiezioni di piccoli frammenti di dialogo, che permettono agli interpreti di riallestire al buio la scena successiva, estremamente scarna, e illuminata spesso dalle quinte.

Ogni volta, in una sorta di ciclicità costante, si spengono le luci, compaiono le scritte e il palco si rianima di nuovo in un “levare” che va ad alimentare la curiosità dello spettatore incidendo però sul ritmo globale dello spettacolo, che rischia di essere avvertito “a blocchi” e non nella sua omogeneità.

La MISSIONE DI RASPUTIN
di Géza Szocs
traduzione di Tomaso Kemeny
regia e performers: Paolo Antonio Simioni, Stefano Andreoli, Alessia Pellegrino, Luca Rinaldi
con la partecipazione di Werner di Donato e Paolo Fagiolo
burattino di Rasputin realizzato da Rita Alexics
postproduzione multimedia ezzthetic

durata: 1h 15′
applausi del pubblico: 2′ 34”

Visto a Genova, Teatro della Tosse, il 21 settembre 2017

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