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Teatro di Legno: il palco tra passione e solitudine

La nave dei folli
La nave dei folli
Silvana Pirone e Salvatore Veneruso in ‘La nave dei folli’

Ci sono compagnie che vorresti veder girare di più. Che sbattono contro il problema della distribuzione dei propri spettacoli anche se meriterebbero maggior spazio e considerazione. E’, anche questo, il “sistema-Italia”, quello teatrale in questo caso.
E così dispiace sapere che i campani Teatro di Legno, nati ormai nel 2002, non riescano a far circuitare come dovrebbe “La parola madre”, spettacolo che debuttò a luglio 2008 nell’ambito di Nuove Sensibilità, da cui ebbe un contributo straordinario alla produzione, e che così poco ha avuto la possibilità di farsi vedere, soprattutto al centro-nord.
Come loro, senz’altro, molte altre compagnie.

Una delle caratteristiche dello spettacolo e forse anche della compagnia la svela subito Silvana Pirone, regista insieme a Luigi Imperato della pièce che prende spunto dall’opera di Alberto Savinio “Emma B. vedova Giocasta”: “Vado alla ricerca di spettacoli che mi emozionano, e noi cerchiamo di fare la stessa cosa. Vorrei poter fare quello che vorrei vedere”. Contro un teatro eccessivamente concettuale, la scelta qui ricade su una dimensione opposta: un teatro “che prende prima il cuore che il cervello. Si può pensare, ma deve toccare anche un sentimento”.
In questo sta la differenza rispetto a tanto teatro di ricerca contemporaneo, arroccato spesso in intellettualismi sterili che poco lasciano alle emozioni del pubblico. Ma qui, la storia stessa non può delegare.

In una notte in cui Emma, dopo quindici anni di assenza del figlio, finalmente potrà riabbracciarlo, si squarcia – illuminato solo da fioche candele e deboli lampadine – tutto il dramma della solitudine e della follia di una donna che Teatro di Legno sceglie di sdoppiare, facendola interpretare contemporaneamente a tre attori e per di più uomini (i bravi Danilo Agutoli, Fedele Canonico e Domenico Santo). La via del simbolico per la compagnia è essenziale allo spettacolo. Perchè questa Emma ha, in fondo, la forza di un uomo che svela più voci: i molteplici fantasmi che portano, tutti, all’immagine finale del figlio Millo. Un’ossessione che è passione, e che Teatro di Legno riesce a far emergere grazie ad una cura del particolari e dell’estetica non così comuni.

Eppure la difficoltà a vivere di teatro rimane. Bravura a parte. A gennaio di quest’anno erano riusciti a sbarcare al Pim Spazio Scenico di Milano con “La nave dei folli”, altra loro produzione in cui personaggi esiliati per le rispettive diversità soccombono alla disperazione. “I nostri folli aspirano ad aggirarsi nelle nostre menti e sotto la nostra pelle, godono a metterci di fronte ad un dubbio, uno specchio distorto che ci fa domande e che non sa dare risposte – raccontano i due registi – Loro stessi vivono nel continuo dubbio della realtà che li esula a volte esitanti nel credere a se stessi: si sorprendono a fingere, a recitare ruoli o a sentirsene doppi involontari. Sono soli eppure uniti dalla comune solitudine, si tengono per mano, si abbracciano in un amplesso di male comune, ma si fanno anche la guerra, si odiano, si amano e sperano. Sono uomini”.

E follia è forse anche quella di continuare a credere che, nel teatro italiano, qualcosa possa cambiare e qualche porta possa aprirsi anche a chi non ha “santi in Paradiso”. Augurandosi che il disincanto, frutto delle difficoltà, non faccia abbandonare a dei giovani talentuosi la strada del palcoscenico.
Intanto qualche data certa ce l’hanno, ma occorrerà attendere la prossima primavera: il 26 e 27 marzo 2010 saranno infatti a Roma, Sala Pintor, con “La nave dei folli”; il 21 aprile torneranno al Nuovo Teatro Nuovo di Napoli con “La nave dei folli” e “Non merita lamenti” (un nuovo spettacolo, finalista al Premio Scenario 09). E poi il 24 e 25 aprile a Caserta, Officina Teatro, con “La parola madre”.

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