E’ possibile che un paese si trasformi in teatro e che le sue strade diventino palcoscenico? Accade ogni anno in Piemonte, a Calamandrana, su un colle astigiano della valle del Belbo. Da oggi al 28 luglio, grazie al Festival Teatro & Colline, il borgo si trasforma in residenza estiva per la scena contemporanea. A caratterizzare il festival è proprio il legame che viene a crearsi tra luogo, artisti e pubblico.
“Mi sembra che teatro e pubblico si ritrovino assai prossimi, in una situazione che aiuta lo scambio – introduce Stefano Labate, direttore artistico del festival – Lontano dal rumore della città, dalle sue abitudini, le sue strutture. Calamandrana è sempre stata la magia di un teatro in collina, di spettacoli in mezzo al verde, nel silenzio, in una dimensione intima, del borgo, che favorisce le relazioni. Credo che ancora oggi questo sia il valore aggiunto di uno spettacolo, di una giornata, a Teatro & Colline”.
Giunto alla 19^ edizione, il festival ospita quattordici compagnie da tutta Italia: da Bari a Verona, da Pistoia a Roma, da Bologna a Firenze passando per Napoli, Torino e Milano. Allestimenti, letture, riletture o performance “prime” per il Piemonte, con l’eccezione di un’opera nata con una residenza astigiana.
Da stasera, quindi, le strade del paese ospiteranno artisti e compagnie note a fianco di gruppi più emergenti. Calamandrana Alta (la parte più antica del paese) vedrà tra le sue stradine Accademia degli Artefatti, Babilonia Teatri, Claudio Morganti, Emanuela Villagrossi, Gli Omini, KataKlisma/Amnesia Vivace, Menoventi, Motus, Roberto Citran, Roca Luce, Sineglossa, Valter Malosti e Tony Clifton Circus.
“L’idea è di lasciare da parte l’avanguardia più estrema, che qui sarebbe fuori contesto, almeno oggi, e anche fuori dalle possibilità del festival. Intendiamo però indagare e proporre chi si occupa del ‘nuovo’. E anche, spero, di abituare il pubblico ad essere curioso, a fidarsi”.
La scelta di presentare gli spettacoli lontano dai teatri consolidati può essere letta come un modo per avvicinare il pubblico al teatro contemporaneo. “E’ certo la speranza. Ma sono processi lenti, lentissimi. Non bisogna neanche illudere le persone, dire a tutti: venite! venite! Chi non è abituato all’arte contemporanea può sentirsi escluso, non capire. Come davanti a un’istallazione. E l’esperienza potrebbe procurare un definitivo allontanamento. Certo, il teatro contemporaneo, il festival, deve dare occasione anche a chi non è un grande conoscitore di trovare il modo per avvicinarcisi e magari, col tempo, appassionarsi”.
In ogni caso il festival non può prescindere dalla stretta relazione che viene a instaurarsi tra gli artisti e la comunità, dall’incontro che si crea tra arte e territorio. “Penso a un teatro che incontri davvero una comunità. Questo è il sogno del festival, almeno il mio personale. Dopo tre anni di programmazione di un certo tipo mi piace pensare che si possa superare la dimensione del cartellone e dello spettacolo, immaginare dei percorsi condivisi con la comunità, che diano sostanza all’incontro. Pensiero del festival è che la creatività e la tenacia del teatro, di questo teatro, siano anche risposta alla crisi. Non a quella economica e finanziaria, che mina il lavoro e il futuro anche su queste colline, ma alla crisi, altrettanto generale però silenziosa, del senso e della gioia, della curiosità e del coraggio, dell’immaginazione, della voglia di conoscere il nuovo e di riconoscersi, anche nel cambiamento. Calamadrana non sarà mai un semplice satellite della scena artistica nazionale. Crediamo che le ragioni del territorio, i suoi spazi e le sue prospettive, possano forgiare i modi stessi dell’incontro, dare forza al festival e disegnare gli scenari futuri di Teatro & Colline”.
ci sono statosabato scorso, accidenti spettacoli di grande qualità per ribadire che il teatro non è morto e…. neanche l’inteligenza di qualche amministratore. marco