Come l’acqua come l’aria. Dal Valle per riprenderci la cultura

L'occupazione del Teatro Valle
L’occupazione del Teatro Valle

Cosa sta accadendo a Roma? Più o meno, era ora, quello che sta accadendo nel resto d’Italia. Una ventata di cambiamento e voglia di partecipazione che, dopo il grande risultato dei referendum di domenica e lunedì scorsi, prosegue, in un’ideale linea di continuità, con l’azione promossa dal Comitato delle Lavoratrici e Lavoratori dello Spettacolo Autorganizzati.

“L’acqua, l’aria… e ora ci riprendiamo anche la cultura”. Detto fatto. E il Teatro Valle, vittima predestinata dell’ultima finanziaria che ha decretato la soppressione dell’Ente Teatrale Italiano, è stato occupato nella mattina di martedì 14 giugno.
Il sostegno è stato pressoché unanime: artisti, pubblico, operatori teatrali e della cultura concordi nel cooperare per trasformare uno dei momenti storici più cupi della cultura italiana in una sorta di anno zero da cui ripartire con uno slancio nuovo, più vivace, più partecipato e, soprattutto, il più possibile distante da certe sciagurate gestioni politiche che a tutto si sono interessate tranne che al bene della cultura e del teatro, nello specifico. Cultura che “non darà da mangiare” ma è certamente preziosa… come l’acqua. Almeno così la pensano, noi compresi, coloro che rappresentano, insieme ai precari, “l’Italia peggiore”.
Non è vero ministro Brunetta?

Nel primo pomeriggio di ieri, proprio mentre si cominciava a vedere la concreta possibilità di un accordo fra Lavoratrici/Lavoratori e Dino Gasperini (Assessore alle politiche culturali del Comune di Roma), abbiamo raggiunto telefonicamente una delle voci del Comitato (che vuole restare anonima per rappresentare nel modo migliore l’unione dell’intero gruppo), che ci ha spiegato quelle che sono le istanze più immediate e quelle più a lungo termine della loro lotta.
Riportiamo alcuni fra i momenti più salienti di questa intervista, per poi lasciarvi al contributo video curato da Andrea Ciommiento della redazione di PaneAcqua-Arte&Culture live (in estemporanea collaborazione con Klp), che ha raccolto alcune tra le immagini più significative di questa occupazione e gli interventi di alcuni artisti.

Parlaci del percorso fatto fin qua e degli obiettivi di questa occupazione.
Sono tre anni che lavoriamo ininterrottamente su quelli che sono i contenuti politici che portiamo avanti anche durante l’occupazione di questo teatro. Si tratta prevalentemente del problema della dismissione degli spazi pubblici in Italia e a Roma, il disinteresse da parte dello Stato e delle istituzioni rispetto a quelle che sono alcune delle funzioni primarie di cui si dovrebbero occupare: la tutela dei beni culturali e dei luoghi che producono beni culturali e beni dell’immateriale. Ci sono poi battaglie più specifiche, come quelle del welfare, perchè noi, come categoria di lavoratori, non veniamo assolutamente considerati. L’occupazione del Valle nasce sull’onda dell’anno scorso, quando è stato dismesso l’Ente Teatrale Italiano. L’Eti aveva in gestione il Quirino, il Duse di Bologna e il Valle. Il Quirino è stato privatizzato con un discutibile bando, si diceva, di natura internazionale; il Valle, all’inizio, dovevano prenderlo una cordata di salumieri per farne un bistrot. Gasperini invece, fortunatamente, ci ha dato delle garanzie: proprio oggi ha dichiarato che il Teatro Valle verrà annesso al Teatro di Roma. Bene, anche se è un argomento che va approfondito, per evitare che anche questa si traduca in una delle tante promesse mancate: in quanto tempo si realizzerà questa annessione? Quale sarà la programmazione? Chi lo gestirà? Perchè gli addetti ai lavori non vengono mai chiamati in causa come interlocutori della politica nella gestione del settore?
L’Eti aveva il compito di promuovere la nuova drammaturgia contemporanea, la nuova danza, la nuova drammaturgia straniera. Integrandolo nel Teatro di Roma si rischia che diventi l’ennesimo teatro con una programmazione classica. Noi vogliamo diventare i diretti interlocutori delle politiche che gestiscono il nostro settore. Chi meglio di un lavoratore dello spettacolo sa cosa vuol dire promuovere la nuova drammaturgia contemporanea?
Il Teatro Valle è un simbolo di quello che le politiche culturali italiane stanno facendo a questa città e a questo paese.

A proposito di simboli: più che mai puntuale l’accostamento, utilizzato nei vostri slogan, dell’acqua e della cultura come beni primari di cui reimpossessarsi.
Ieri sera Vittorio Sermonti, in risposta alla dichiarazione di Brunetta secondo cui “con la cultura non si mangia”, affermava che è come dire ad una persona qualunque: “Visto che stai morendo di fame, intanto smetti di bere”. “E’ vero – proseguiva – con la cultura non si mangia, ma io credo che con la cultura si beva. E, in fondo, si muore prima di sete che di fame”.
In questo paese vogliono privatizzare tutto. Noi, come con l’acqua e con l’aria, vogliamo riprenderci anche la cultura: la cultura che si beve e la cultura che si respira. Sentiamo profondamente il cambiamento politico che sta avvenendo in questo paese e lo vogliamo cavalcare, dal nostro punto di vista, nella maniera più continuativa possibile.

Dopo questi tre giorni? Quali sono i vostri progetti?
Abbiamo una programmazione politica, assembleare ed artistica limitata a questi tre giorni, ma l’idea è quella di stare il più a lungo possibile. Quello che noi vorremmo uscisse (da questi tre giorni e dal tentativo di stare in occupazione il più possibile) è l’idea che il nostro settore ricrei una sua collettività e quindi riafferri una sua identità e una presa di coscienza su quelli che sono i propri impegni. Una delle nostre mancanze specifiche è proprio la disgregazione di categoria presente finora, che ha fatto si che tutta una serie di decisioni ci cadessero addosso invece di esserne protagonisti. Dopo questo passaggio l’intenzione è quella di creare, a livello collettivo, dei tavoli di trattativa fra colleghi, facendo emergere proposte su tematiche specifiche quali il funzionamento del teatro pubblico in Italia, la gestione dei bandi pubblici, i finanziamenti e le commissioni che decidono. Ci immaginiamo e ci proponiamo come interlocutori della cultura, delle politiche governative che dovrebbero interloquire con noi, per capire di cosa, a livello culturale, questa città o il paese ha bisogno.

Chi volesse sostenere la vostra occupazione, cosa può fare?
Partecipare attraverso le assemblee aperte o venire agli spettacoli dalle 21 in avanti [questa sera: Andrea Cosentino, Sabina Guzzanti, Pino Marino, Giovanna Marini, ndr]. Chi vuole dormire è bene accetto, il teatro è grande. E poi firmare l’appello.
Chi invece è distante da Roma può dimostrare il suo sostegno attraverso l’amicizia a Lavoratrici e Lavoratori dello Spettacolo o la pagina facebook

Occupiamoci del Valle: il videoreportage a cura di Andrea Ciommiento

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  1. says: Matteo Cavezzali

    Oggi Enzo Vetrano alla presentazione della Stagione di Prosa di Ravenna ha detto “Se da Roma si degnassero di venire a vedere come gestite i teatri qui, non ci sarebbe stato bisogno di occupare il Valle”. Mi ha fatto sentire molto fortunato. Dai che c’è voglia di cambiamento!

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