Il film-spettacolo dell’artista che ha ricevuto a Venezia il Leone d’Oro alla Carriera 2022
A distanza di secoli l’Odissea continua ad avere un ruolo potente e centrale nel nostro immaginario, nel divenire odierno racconto dell’umanità intera.
Ne è testimone “The lingering now”, secondo pannello del dittico “Our Odissey” della regista brasiliana Christiane Jatahy, andato in scena alla Biennale di Venezia dove l’artista ha ricevuto il Leone d’oro alla Carriera 2022.
Al centro le storie di un’umanità esule, desiderosa di toccare ancora una volta le sponde della propria Itaca. Dal Brasile alla Siria, dalla Grecia al Libano, dalla Palestina al Sudafrica, la regista Christiane Jatahy presenta un lavoro intenso, magmatico, con attori dal sorprendente talento.
“Vorrei creare un momento sospeso tra passato e presente, tra realtà e finzione, tra cinema e teatro, in cui riuscire, anche leggermente, a cambiare il mondo”, afferma rivolta al pubblico all’inizio dello spettacolo.
“The lingering now” non si può definire un’opera teatrale. Forse è un film e forse non lo è, come si legge nelle note introduttive. È una forte riflessione sul “presente” e su quanto il passato possa riverberare sull’oggi; e lo fa attraverso una proiezione che spesso si incrocia con le azioni degli attori in sala, riprese in diretta.
Nella prima parte assistiamo ad un film in cui i protagonisti, esuli collocati in diverse aree del mondo, narrano le avventure di Ulisse, delle sue peripezie, di Circe, Polifemo, delle sirene e di altri episodi.
Poi, a poco a poco, si manifestano gli attori, che scopriamo essere seduti in mezzo a noi. Dapprima si limitano a suonare strumenti oppure a cantare, poi entrano nella storia con le loro storie, divengono a loro volta attori della proiezione, oppure dialogano con i personaggi sullo schermo, in un continuo richiamo all’hic et nunc, alle partenze e ai tentativi di ritorno e a tutte le odissee che si celano ad ogni angolo del mondo.
Sono storie forti, toccanti, come quella di Yara, una ragazza siriana che dopo molto tempo ha deciso di tornare in patria per incontrare il padre in carcere, e che a sua volta è caduta nel buio spazio-temporale delle carceri del regime di Bashar al Assad con l’accusa di terrorismo e satanismo. Ciascuno degli attori in sala ha qualcosa da raccontare, anche la stessa Christiane Jatahy, che nel finale ci parla con preoccupazione dell’attuale situazione brasiliana e ci conduce sullo schermo fino in Amazzonia, tra i capi della tribù indigena dei Kayapò, nei luoghi nei quali il bisnonno scomparve in un disastro aereo e dove le parole di Omero si intrecciano con la testimonianza della deforestazione e con gli scavi illegali nelle miniere.
Sono due ore che corrono, in un orizzonte di ritorni e fughe, allontanamenti, storie familiari lontane che ancora incombono sul presente e un presente sfaccettato nella sua drammaticità. Si avverte un forte pericolo che incombe su tutti noi, una spada di Damocle il cui crine è sempre più sfilacciato e di cui non ci accorgiamo, poiché quotidianamente assorti e distratti nelle piccole beghe dei “nostri” giorni. Ma gli attori in scena sono lì proprio per ricordarci della lava che gorgoglia sotto di noi.
Il testo di Omero diventa il mezzo attraverso il quale gli interpreti possono narrare le loro storie, in un alternarsi continuo tra realtà e finzione, tra Odissea e odissee. Il lavoro talvolta indulge – è bene sottolinearlo – in soluzioni che vanno a cercare nell’immediato la risposta del pubblico, adagiandosi in scelte di sicuro appiglio, cosa che toglie qualcosa al tutto e lascia un sapore un po’ dolciastro. Ma alla fine, tra gli applausi scroscianti del pubblico che tributa una standing ovation agli attori e alla regista brasiliana, pare quasi un peccato veniale.
THE LINGERING NOW
Ideazione, allestimento, regia (film) Christiane Jatahy
Collaboratore artistico, scene e luci Thomas Walgrave
Direttore della fotografia Paulo Camacho
Musica Domenico Lancelotti, Vitor Araujo
Disegno sonoro Alex Fostier
Montaggio (film) Christiane Jatahy, Paulo Camacho
Con Abbas Abdulelah Al’Shukra, Abdul Lanjesi, Abed Aidy, Adnan Ibrahim Nghnghia, Ahmed Tobasi, Bepkapoy, Blessing Opoko, Corina Sabbas, Emilie Franco, Faisal Abu Alhayjaa, Fepa Teixeira, Frank Sithole, Iketi Kayapó, Irengri Kayapó, Ivan Tirtiaux, Jehad Obeid, Joseph Gaylard, Jovial Mbenga, Kroti, Laerte Késsimos, Leon David Salazar, Linda Michael Mkhwanasi, Maroine Amimi, Mbali Ncube, Melina Martin, Mustafa Sheta, Nadège Meden, Nambulelo Meolongwara, Noji Gaylard, Ojo Kayapó, Omar Al Sbaai, Phana, Pitchou Lambo, Pravinah Nehwati, Pykatire, Ramyar Hussaini, Ranin Odeh, Renata Hardy, Vitor Araújo, Yara Ktaish.
Produzione Théâtre National Wallonie-Bruxelles, SESC São Paulo. Coproduzione: Ruhrtriennale, Comédie de Genève, Odéon-Théâtre de l’Europe, Teatro Municipal São Luiz, Festival d’Avignon, Le Maillon-Théâtre de Strasbourg – Scène européenne, Riksteatern, Temporada Alta, con il supporto di The Freedom Theatre (Palestina), Outreach Foundation (Sudafrica).
Con il supporto internazionale di Ambasciata del Brasile in Francia, Ambasciata di Francia in Brasile, Consolato del Brasile a Ramallah, Ambasciata del Brasile in Libano, Ambasciata del Brasile in Grecia, Ambasciata del Belgio in Libano.
durata: 2 h
applausi del pubblico: 4’
Visto al Venezia, Teatro alle Tese, il 25 giugno 2022