Moglie e marito. Di queste due figure hanno parlato davvero tutti, dai proverbi popolari ai complicatissimi trattati di fisiognomica. Due entità giuridiche che, nel tempo, si sono tramutate in golem psicoanalitici da evocare a suon di luoghi comuni e abbattere a forza di scandali. Che lo si ammetta o no, il buon Freud ci insegnava che alla base di tutto o quasi c’è il sesso. Prima di lui, il buon Darwin ne aveva elegantemente fatto una questione di genere. Ci sono alcune curve del comportamento femminile che fanno sbandare quello maschile. E benvenga un enorme “viceversa”. Potenzialmente ciclico, senza intravedibile soluzione, “questo è il problema”.
Allora evitare consigli, optando magari invece per una spinta di solidarietà che mostri che ci siamo passati tutti. Stavolta è il turno di Albert Ramsdell (o più semplicemente A. R.) Gurney, Jr.
Alle spalle di lui, intellettuale illuminato che affonda nella poltrona del salotto alle prese con una lezione da preparare, compare lei, bella donna dagli occhi luccicanti, che si tiene premurosamente il pancione delle ultime settimane di gravidanza. Ma c’è un problema: lui non ne sapeva niente. Grottesco, ironico. Ma soprattutto finemente allegorico.
Il testo è una vera e propria partita a poker tra due individui che sembrano non conoscersi affatto, giocano a svelare segreti (o forse inventare storie?) alla ricerca di un minimo barlume di familiarità.
Allora che la dinamica del testo si faccia completamente assurda non importa più, ché tanto ogni confessione è un racconto e, come tale, parto di una categoria assolutamente opinabile, quella dei ricordi. Il grande lavoro di Gurney sta sì nel prendere in giro certa drammaturgia seriosa e psicanalitica, ma anche nel trasferirne i contenuti in una sorta di circo per gli attori, in cui un’abilità fatta di accenni e pause può davvero consegnare un messaggio fondamentale, quello secondo cui il sofismo della coppia ne annulla il lato animale, meglio ancora, bambinesco.
I due protagonisti, che si muovono con agio nel piccolo spazio che è davvero un salotto, sono una coppia anche nella realtà. Non diremo che qui (e nella prossimità con lo spettatore) sta il segreto di un risultato così buono, ma di certo il loro punzecchiarsi ha un che di sublime. Saba Salvemini è una sorta di orco simpatico, Annika Strøhm una principessa della stessa favola. La direzione scelta è quella di una totale verità e soprattutto libertà del corpo, quella propria solo di un gioco divertente e, soprattutto, divertito. I loro volti, i loro arti, addirittura le loro unghie, sono vive. Non c’è fretta, il ritmo è posato, in linea con il sorgere di certe piccole gelosie e cattiverie che fanno della vita a due uno dei giochi più emozionanti.
Se è davvero un gioco, allora, diamo un senso anche a una traduzione dall’inglese a volte poetica. Un esempio su tutti: “I see” è tradotto letteralmente, con “vedo”. Vado a parlarne con loro, per capire se ne ho davvero compreso il senso, che rimanda a quello schema da poker in cui “ci si vede i punti a vicenda”.
Finalmente un lavoro semplice, educato, recitato alla perfezione e forte di una complessità fondamentale: quella del gioco. In fondo, in francese e in inglese “recitare” si dice “jouer”, “to play”. Giocare, appunto.
THE PROBLEM – Una coppia in commedia
di A. R. Gurney Jr.
tradotto, diretto e interpretato da Annika Strøhm e Saba Salvemini
produzione: Areté Ensemble
durata: 49’
applausi del pubblico: 1’ 58’’
Visto a Roma, La Riunione di Condominio, il 18 ottobre 2010