Residenze artistiche che non si limitano a uno spazio per le prove, ma offrono vari livelli di consulenza e confronto, in contatto stretto con un pubblico di appassionati e addetti ai lavori.
È l’esito del bando “theWorkRoom_PER CHI CREA”, un programma di ospitalità negli spazi di Fabbrica del Vapore a Milano, rivolto a danzatori under 35 residenti in Italia, lanciato da Fattoria Vittadini con il sostegno del MiBACT e di SIAE.
Due settimane di libertà e brainstorming creativo nell’edizione 2020, puntellate da momenti di feedback con pubblico, studiosi e critici. Il progetto prevedeva un tutoraggio ad ampio respiro, includendo anche aspetti tecnici, amministrativi, produttivi e di fundraising.
E non era necessario terminare con un lavoro finito. Alcune opere sono state presentate in forma ibrida, in relazione alle pratiche utilizzate durante la residenza o ad altre proposte concordate.
Marco D’Agostin (“Best regards”), Siro Guglielmi e Rosa Brunello (“Louder and louder”), Gloria Dorliguzzo (“Folk tales”), Nikita Lymar (“Seasons of life”), Orlando Izzo (“VIB – vibrations in body”) e Claudia Caldarano (“Riflessioni”) sono gli artisti selezionati per il bando che hanno attraversato un 2020 segnato da un tempo forte.
Perché certo l’emergenza sanitaria ha offerto spunti, vissuti ed emozioni che hanno modificato le opere, arricchendole di sfumature impreviste. Covid e lockdown hanno dilatato i tempi di un’esperienza che, anziché esaurirsi a marzo 2020, ha finito con l’abbracciare l’intero anno solare.
Critici teatrali, giornalisti, ma anche artisti di diversi generi hanno partecipato alle varie fasi di creazione, organizzazione e gestione di progetti artistici, con esiti in qualche caso riversati nelle opere e nei linguaggi utilizzati.
La restituzione dell’artista e il confronto con lo spettatore, anche quando non si traducono in modifiche del lavoro artistico, servono a rafforzare la consapevolezza delle scelte. Condividere perplessità, punti di forza, possibili evoluzioni, consente di approfondire la ricerca e allarga le possibilità di riflessione.
Dovrebbe essere questo il senso di una residenza: evitare di guardarsi troppo allo specchio, uscire dall’autoreferenzialità, interrogarsi sulla trasparenza e sull’opacità dei propri linguaggi. In qualunque esperienza, è utile il raffronto tra la soggettività dell’artista e quella degli spettatori, ognuno con il proprio sguardo. Nel confronto, le percezioni si modificano, arricchendosi di sfumature. Senza la pretesa di essere esaustiva o di arrivare alla quadratura del cerchio, la sovrapposizione di sguardi aiuta l’artista a comprendere quanto una sua scelta sia centrata, nitida, icastica, o piuttosto evanescente, velleitaria, accessoria. Tutto ciò – beninteso – non deve mai limitare la libertà espressiva e l’autodeterminazione dell’artista, che resta inviolabile. Diversamente dalla politica, l’arte non ammette compromessi.
In questa edizione 2020 di “theWorkRoom_PER CHI CREA” abbiamo accolto con interesse gli esperimenti fisici, musicali e linguistici cui abbiamo partecipato: i rimbalzi tra esteriorità e intimità, l’interazione con l’ambiente, specchiante e deformante, fucina di emozioni, vicinanze, estraneità, manipolazioni, controlli, revisioni (Claudia Caldarano); lettere scritte a passi di danza capaci di superare lo spazio-tempo (Marco D’Agostin).
Poi, nuovi modi d’interazione tra danza e musica: esplorazioni della relazione tra il movimento e il suono (Siro Guglielmi e Sara Brunello); incontri con l’alterità continuamente da ridefinire (Gloria Dorliguzzo con Giulio Petrucci e Francesca Ugolini); ricerche d’assenze (Orlando Izzo). Infine, il contatto con la sordità nei suoi risvolti positivi, sondata nelle sfaccettature che si aprono a mille mondi inesplorati (Nikita Lymar con David Balsamo).
Il ruolo dei tutor (con il sottoscritto, Maria Luisa Buzzi, Marta Ciappina, Maria Paola Di Francesco, Eyk Kauly, Salvo Lombardo, Rita Mazza, Riccardo Olivier, Giulia Pastore, Sara Prandoni, Anna Sironi) è stato quello di “spettatori di professione” che vedevano un lavoro embrionale e ne parlavano con gli autori, in qualche modo aperti alla ricezione dei suggerimenti. Le discussioni sono rimaste sempre sul piano informale. Non sono mancati momenti di feedback uno a uno. Solo nella condivisione finale, abbiamo dichiarato e chiarito il nostro ruolo.
Con “theWorkRoom_PER CHI CREA” il performer è insieme oggetto d’arte e artista. Il corpo diventa opera proprio perché si mette in discussione e s’interroga per raggiungere un contatto autentico, immediato con sé stesso e lo spettatore. L’artista finisce per sdoppiarsi, si moltiplica e rientra in sé trasfigurato, per esplorare e approfondire nuove visioni di sé e della propria arte.