All’insegna delle contraddizioni della nostra epoca: si è aperta così la nuova edizione di Torinodanza, festival che coglie i suoi protagonisti, anche quest’anno, nella rosa dei più acclamati coreografi internazionali per proporre un programma che ci porta a toccare, per l’appunto, “le contraddizioni della nostra epoca, senza sfuggirle né angosciarci”, per un festival “inquieto e vitale” come lo descrive il suo direttore artistico Gigi Cristoforetti. Costruisce in questo modo il suo filo emozionale, partito il 6 settembre e che proseguirà fino al 3 novembre, con la chiusura dedicata al maestro giapponese Saburo Teshigawara.
A proposito di contrasti e incoerenza del nostro mondo, l’edizione 2016 si è aperta con “Tre” della Batsheva Dance Company diretta da “Mister Gaga”, citando il titolo del film presentato il giorno precedente al cinema Massimo. Ohad Naharin dal 1990 è direttore della compagnia israeliana, fondata nel ’64 da Martha Graham e Bethsabée de Rothschild, e creatore, negli anni Ottanta, del linguaggio coreutico gaga, una “anti-tecnica” che, proprio perché fa leva sull’origine e la destrutturazione del movimento, riporta la danza a quelli che vengono definiti istinti animali e primordiali. La parola stessa, “gaga”, rimanda ai primi suoni emessi dal neonato, ancor privi di condizionamenti e filtri.
Per capirne l’origine occorre andare alla vita personale di Naharin che, cresciuto in un kibbutz a fianco del suo gemello affetto da autismo, si inventò un vero e proprio linguaggio del corpo che fosse una via di fuga, una modalità per ‘liberare’ il corpo.
In un cinema gremito, la proiezione del film è stata preceduta dalla presentazione del suo regista, un appassionato Tomer Heymann. “Mr. Gaga” è infatti, ancor prima di un film sul grande coreografo (la cui lavorazione è durata ben otto anni), un gesto d’amore. Si ripercorre la vita di Naharin dall’inizio della carriera, con tanto di filmini di famiglia, sino alla storia attuale.
A fine proiezione appare anche Ohad a dialogare con il pubblico torinese, rispondendo alle polemiche accese ogni qual volta una compagnia israeliana varca i confini del proprio Paese. Del resto l’arrivo di “Tre” a Torino era stato anche preceduto dalla lettera (e relativa risposta) di Brian Eno, che chiedeva alla compagnia di togliere un suo brano scelto per lo spettacolo, visto che «l’ambasciata israeliana (e quindi il governo israeliano) è sponsor».
Brian Eno da diversi anni sostiene la campagna palestinese per il «Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni» nei confronti di Israele, oltre ad essere firmatario, insieme ad altri 1700 artisti inglesi, della dichiarazione «Artisti per la Palestina», che li impegna a non intrattenere rapporti con il governo israeliano.
“Ci saranno ancora davanti al teatro – come nel 2012 – le urla e la rabbia di chi pensa che l’arte non possa insegnarci la convivenza, ma che debba essere al servizio di un’ideologia?”, si chiedeva Cristoforetti prima dell’inizio del festival. In realtà fuori dal Regio, la sera del debutto di Torinodanza, si è vista solo qualche bandiera e la polizia a perquisire chi entrava in teatro; poi, nel buio della sala, il grido “Viva la Palestina”. Dopo il silenzio; tutti seduti ad assistere allo spettacolo. Una forma di protesta (?) che pone davvero degli interrogativi. Se questa deve essere la denuncia degli italiani occorrerebbe più fermezza e serietà. Oppure valicare il confine e pensare che l’arte, insieme allo sport, potrebbe essere un’àncora per superare i conflitti.
“Tre”, composto in successione da “Bellus”, sulle Variazioni Goldberg di Bach, “Secus” e “Humus”, non è forse il lavoro più d’impatto della Batsheva Dance Company. E’ però evidente la bravura dei danzatori, che si rincorrono sulla scena spostando sempre oltre il limite fisico, che pare divenire via via più estremo. Il metodo gaga è qui estremamente riconoscibile: i corpi sono in connessione con ogni gesto, rivelando una sensibilità acuta e pulsante. Indubbio il loro fascino, che svela sintonie alla ricerca della perfezione estetica. E il pubblico del Teatro Regio dedica infatti alla compagnia un tripudio di applausi.
Questa edizione di Torinodanza proseguirà lungo un filo teso tra sensibilità e sogno, realtà ed emozione.
Molto atteso il ritorno del collettivo Kiss & Cry, che aveva incantato il pubblico nella scorsa edizione, stavolta a Torino con “Cold Blood” (dal 22 al 26 ottobre): ancora dita “danzanti” che giocheranno sul tema della morte mescolando delicatezza e magia.
Tra i grandi della scena internazionale, nel fine settimana l’arrivo di Oliver Dubois con “Auguri” (30 sett. – 1° ott.) e a fine ottobre Angelin Prljocaj con “Annonciation”. Mentre un altro coreografo israeliano, Itzik Galili, presenterà in prima nazionale “L’ombra della luce”.
Torinodanza darà anche spazio a talenti italiani come Fattoria Vittadini e Piergiorgio Milano. Senza dimenticare la prosecuzione dell’esperienza del “Défilé” tra Torino e Lione, curata quest’anno da Roberto Zappalà che ha invaso il centro di Torino lo scorso week-end e che verrà replicata a Casale il 1° ottobre.