L’insegna luminosa da bar di provincia accoglie, si fa per dire, il pubblico dietro un cancello, scalpitanti come cavalli da Palio sotto al canapone. “Benvenuti all’Ade” s’illumina sulla salita sterrata che porta alla Torre Luciana, l’osservatorio astronomico immerso nei boschi di Mercatale.
Un cielo di stelle copre a tetto la calotta nera e nebulosa. Pile, buio, piccoli fasci giallognoli a imbuto, silenzio, passi struscianti. Nero, ciottoli, pathos, respiri contratti. Ulivi, una striscia d’aereo in alto a torcere la testa in su. Migliaia di lumini incrostati nel blu scuro. Una via crucis che dalla pece tira fuori neon colorati, rossi, gialli e blu, e abbaglianti visioni, flash di un concerto rock itinerante. Apparizioni caustiche e catastrofiche parole accompagnano le scene, i quadri splendenti che tagliano la campagna di fruscii e un vento sottile che entra ed esce dai rami, strusciando le foglie: siamo nella Storia, immersi, affogati.
La trama è nota e viene riassunta in un refrain ripetuto da baccanti disperate urlanti: “Edipo, generato da chi non doveva, accoppiato con chi non dovevi, uccidesti chi non dovevi”. Tebe è afflitta dalla peste fin quando non si scoprirà il nome dell’assassino del re Laio.
Le atmosfere cupe si assommano e si intercalano a coloratissime epifanie di corpi lucenti come le due guide contemporanee (Rossana Gay sempre precisa con tocchi leggeri e pennellate di charme sciantoso), un po’ Caronte, un po’ Cicerone, che guidano la truppa riassumendo le scene in una sinossi dall’aria meridionale, dall’incedere tanto ridicolo quanto psichedelico e trasognante. Così come i capelli sparati di fosforescente di un Edipo, il maestro Alfonso Santagata, che arringa da un palco di potere a stampo fascista: “Cittadini!” è l’attacco di ogni frase, a doppio piano con tanto di lampioni accecanti da interrogatorio indagante con microfono. Un concerto che porta in dote canzoni anni ’60 sdolcinate e d’amorosi sensi, così come chitarre elettriche grattugiate, voci suggestive e suggestionanti che vagano proiettate da casse sparse nell’aia di pietre; il tango a sottolineare danze di morte; lirica e tamburi ad accompagnare stralci battaglieri e scontri fisici sudati e corposi e pieni e rotondi nel loro squarciante senso d’impotenza. Che in definitiva è il risultato che dona la guerra: la sconfitta per ogni parte.
Toccante l’ultimo abbraccio mortifero e mortale tra Edipo e l’auguro-oracolo-indovino non vedente Tiresia (allucinato e coinvolgente) avvolto in bianchi veli svolazzanti e arto d’acciaio da Edward mani di forbice. Anche il coro è rockeggiante, gli avvoltoi nelle casse strazianti. Emozionante il duello con lancio di microfono tra i fratelli, Teocle e Polinice, che si contendono il potere, come fosse una bomba a mano innescata, una patata bollente, il fardello di responsabilità da lasciar cadere al di là del proprio sguardo, nel fossato del nemico che porta lo stesso sangue.
E’ il potere, averlo o anche solo agognarlo, a logorare le umane gesta. Da sottolineare un Creonte vampiresco e dittatoriale (Francesco Pennacchia dallo sguardo bruciante e il volto scavato da Grand Canyon) e la nera e luttuosa Antigone che, disobbedendo al divieto di seppellire il fratello Polinice, paga l’affronto con la condanna a morte, incamminandosi con Edipo verso l’Ade: chiudendo il cerchio, con l’orizzonte visivo bloccato dalla gigantesca scultura come un unicorno rossastro ruggine che ruggisce alla luna e la punta come dito indice accusatorio. Che tragedia, la vita.
TRAGEDIA A TORRE LUCIANA
ideazione e regia: Alfonso Santagata
con: Alfonso Santagata, Antonio Alveario, Rossana Gay, Sergio Licatalosi, Johnny Lodi, Daria Panettieri, Francesco Pennacchia, Massimiliano Poli e gli allievi selezionati dal laboratorio
produzione: compagnia Katzenmacher
Visto a Mercatale (FI), Osservatorio Astronomico di Torre Luciana, il 18 luglio 2009