Tramedautore 14: dai Piigs verso Oriente con curiosità

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I Piigs di Tramedautore 2014|Daniele Pitari in La mia massa muscolare magra|I protagonisti di Fiorirà la mandragola (photo: Paolo Dalprato)
I Piigs di Tramedautore 2014
I Piigs di Tramedautore 2014

Il miglioramento c’è stato. Un filo logico fissato in partenza, e non cercato a posteriori tra le opere a disposizione portate sul palcoscenico, com’era sembrato l’anno scorso.
Decolla al Piccolo Teatro Tramedautore – Festival internazionale della nuova drammaturgia, giunto nel 2014 alla XIV edizione, prologo teatrale settembrino di una Milano lanciata verso Expo.
Quindici spettacoli, autori italiani e internazionali, un concerto (di Jovica Jovic, di cui vi proporremo prossimamente una videointervista), tavole rotonde e conferenze.

Quest’anno il festival diretto da Angela Calicchio e Tatiana Olear ha viaggiato tra Europa e Asia. Prima di sconfinare verso le “tigri asiatiche”, Corea del Sud e Singapore, ha coinvolto i Paesi europei più in crisi, i cosiddetti Piigs, acronimo coniato, manco a dirlo, Oltremanica, e che identifica Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna.

Dovere d’ospitalità, è toccato all’Italia rompere il ghiaccio. “Confessione di un ex presidente che ha portato il suo Paese sull’orlo della crisi”, di Davide Carnevali, con un sempre bravissimo Michele Di Mauro in scena, è un testo esilarante e spietato sulla demagogia insita nel potere, sull’importanza dell’immagine nella comunicazione, sui difetti della democrazia.
La forza di questa messinscena sta nella drammaturgia leggera, intelligente, giocata sui paradossi. Il sardonico testo smaschera la simbiosi collusiva tra elettori e potenti. A pagarne il prezzo è la nostra consapevolezza.
La regia asciutta, senza sussulti, valorizza la prova dell’attore, le sue molteplici variazioni timbriche. La asseconda un sonoro che alterna acclamazioni registrate stile sit-com e musiche di volta in volta solenni, leggere, inquietanti, incalzanti.

Da rifinire “Roof (Il tetto)”, testo della greca Maria Tranou, che la compagnia Pacta dei Teatri ha abborracciato con la regia di Annig Raimondi. In disagio economico, praticamente in mutande, un padre, una madre, un figlio e una figlia psicolabili (interpretati da Riccardo Magherini, la stessa Raimondi, Carlo Decio e Lorena Nocera) non fanno che punzecchiarsi in uno spazio claustrofobico. Ossessionati da un fornitore, per barcamenarsi finiscono per prostituirsi dietro un paravento, metafora dei nostri lati oscuri e sordidi, che voci fuori campo amplificano.
Un lavoro in fieri, grottesco, nebuloso, ripetitivo fino all’ossessione, che la presenza estemporanea di Giasone, buffo gatto fantoccio, non basta a rendere graffiante.

Sospeso tra Kafka e Joyce è “Dayshift” dell’irlandese Darren Donohue, con Giacomo Ferraù, Carolina Cametti, Sara Dho, Simone Formicola e Gabriele Genovese. Racconta la giornata in fabbrica di un anonimo Mr Day alle prese con impiegati arroganti e segretarie ammiccanti. Ipocrisie e situazioni fantozziane, alienanti fino al mobbing, fanno da cornice a un ambiente lavorativo surreale.
La regia di Elisabetta Carosio esalta la sottile ironia noir del testo. Coreografie di corpi e di voci, di luci e di volti, rendono lieve e corale la messinscena, dove realtà e inconscio si confondono.

Daniele Pitari in La mia massa muscolare magra
Daniele Pitari in La mia massa muscolare magra

In seconda serata, nel chiostro Nina Vinchi di via Rovello, va in scena “La crida (L’appello)”, dello spagnolo Ferran Joanquemil Pla.
Diretto da Carolina De La Calle Casanova, Loris Fabiani incarna alla perfezione lo stereotipo del giovane attivista xenofobo e omofobo. Lo show è l’apoteosi dei luoghi comuni destrorsi. L’attore occupa l’intero spazio del porticato. Fervente reazionario, tenta di sostenere con l’argomentazione il proprio cinismo. Dissemina croci celtiche a dritta e a manca. Cerca invano un interlocutore che ne sposi la causa.
Uno spettacolo semplice, che dimostra quanto il razzismo sia trasversale all’intera Europa, senza variazioni rilevanti sul tema.

Stress e alienazione sono i caratteri dominanti delle due drammaturgie legate all’Asia.
“Confessions of Mr. Kim, Lee and Park”, di Kim Kwang-Lim, adattato da Marion Schoavaert e curato da Fulvio Vanacore, è il ritratto senza pietà di una Corea del Sud la cui identità si frammenta nel passaggio da tradizione e confucianesimo a economia di mercato e stile americano.
I protagonisti (interpretati da Vincenzo Giordano, Fabio Paroni, Alice Spisa, Alberto Sansone) ripercorrono la propria esistenza parlando di scuola, amore, sesso e lavoro. Una lettura scenica (per adesso) incalzante, accompagnata da chitarra elettrica. Suoni stranianti, gag dall’umorismo noir, fermi fotografici, parole e canzoni demenziali, esorcizzano depressione e disgregazione. Rendono sopportabili contenuti che, diversamente, arriverebbero come un pugno nello stomaco.

Non lascia tracce memorabili “Best Of” di Haresh Sharma (Singapore), con Arianna Scommegna non appieno valorizzata dalla regia di Tatiana Olear, evanescente tra i costumi sgargianti di Nicole Leonardi e il sottofondo video metropolitano realizzato da Manuel Renga.
“Best of” tratteggia le contraddizioni di un Oriente dallo sviluppo forsennato. Abbozza la solitudine di una giovane moglie realizzata professionalmente ma frustrata dentro una società solo esteriormente moderna e multicolore.

A scuotere le coscienze, l’omaggio a Dario Fo con “Studio per Storia di Qu” (diretto da Massimo Navone, con un cast di venticinque attori e musicisti scelti tra i giovani attori della Paolo Grassi); e l’omaggio a Franca Rame con “Il partigiano Franca” (messo in scena da Marina De Juli). Due belle regie. Anche se la scelta per “Qu” degli spazi ridotti del Piccolo Teatro Melato ha lasciato senza biglietto troppi spettatori.

I protagonisti di Fiorirà la mandragola (photo: Paolo Dalprato)
I protagonisti di Fiorirà la mandragola (photo: Paolo Dalprato)

Agitatori di coscienze sono anche Tobia Rossi e Massimo Sgorbani. Rossi, è autore del monologo in quadri “La mia massa muscolare magra”, con la regia di Manuel Renga e Daniele Pitari sul palco. Testo verboso e nevrotico su una (omo) sessualità usa e getta. Affiora la topografia di una Milano capitale della prostituzione, decadente, vuota, disperata. Il protagonista svela varie facce, che tutte si assomigliano. Prigioniero di una gabbia di sedie di plastica, si sdoppia in più personaggi in seduta di auto aiuto. Dietro di lui sfilano immagini di una metropoli labirinto frenetico. Accettabile la prova d’attore in una pièce dalle buone potenzialità, che ha bisogno di rifinitura.

“Fiorirà la mandragola”, testo e regia di Massimo Sgorbani, è una sit-com dove ogni valore umano è rovesciato. Una parodia. Una commedia buffa, che denuncia l’impossibilità del dramma e anche del comico. Una farsa familiare borghese: moglie repressa, figlia che colleziona insuccessi scolastici e macchie stile Monica Lewinsky, marito malato terminale, e nonno nazi; tutti insieme, incestuosamente. Un gioco al massacro, senza uscita e senza morale. Che consolida il talento drammaturgico di Sgorbani. E rivela le abilità recitative di Camilla Alisetta, Giorgia Cipolla, Christian La Rosa e Claudio Migliavacca.

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