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Trifirò, Misantropo sobrio nel Molière di Monica Conti

Trifirò e Medri nel Misantropo (photo: Sonia Santagostino)

Trifirò e Medri nel Misantropo (photo: Sonia Santagostino)

È uno spettacolo che ha qualcosa da insegnare alla nostra epoca sfavillante di selfie e like, di elogi sperticati o per converso di denigrazioni rancorose, il “Misantropo” che Monica Conti allestisce fino a domenica al Teatro Sala Fontana di Milano.
Con il suo attore-totem Roberto Trifirò e una cerchia di bravi comprimari (Stefano Braschi, Flaminia Cuzzoli, Mauro Malinverno, Stefania Medri, Giuditta Mingucci, Antonio Giuseppe Peligra, Nicola Stravalaci), la Conti mette ancora in scena Molière.
Se le “Intellettuali” rimarcavano la dicotomia tra individui rozzi e personaggi dalle velleità raffinate, nel “Misantropo” il protagonista è figura più complessa, in bilico tra bisogno relazionale e riflussi solipsistici.

Personaggio principale è Alceste (Trifirò) che detesta la menzogna, l’ipocrisia e ogni forma di compromesso. Alceste disapprova i convenevoli e le vuote cerimonie, così abituali nell’amico Philinte (Malinverno). In un’escalation di schiettezza, non esita a definire orribile un sonetto di Oronte (Stravalaci versione damerino), suscitandone l’ostilità.
Alceste ha in corso un procedimento giudiziario e non fa niente per difendersi. È innamorato di Célimène (Flaminia Cuzzoli), sorta di Don Giovanni in gonnella, ragazza civettuola, maliziosa e pettegola. Ogni volta che lei prova a negare l’evidenza dei propri tradimenti e ammiccamenti, entrano in scena nuovi corteggiatori. Alceste è sempre pronto a perdonarla e a riprenderla con sé: tempo sprecato. Alla fine si rassegna a una solitudine fiera e sprezzante.

Il “Misantropo” è lavoro atipico per Molière. Per la sfumata gravità della sua materia, rappresenta un limite estremo, con l’autore sul punto di uscire dall’orbita della commedia per entrare in quella del dramma. Certo è che siamo in un ambito alternativo alla consueta produzione leggera, brillante, meno «impegnata» del commediografo parigino.

Monica Conti qui ritaglia per sé un ruolo angusto: non attrice ma pianista ai margini della scena. Prova a interagire con gli altri personaggi attraverso qualche nota musicale. Ma i tasti pigiati sul pianoforte, sommersi dalle voci degli altri attori, quasi mai diventano partitura.

La Conti realizza la scena con impalcature grezze da teatro shakespeariano, e due panche su un pavimento che sembra un puzzle bigio. Le luci scolpiscono i personaggi come flash e creano estemporanei bassorilievi chiaroscurali. In abiti borghesi, con suoni notturni, i protagonisti escono allo scoperto. Scambiano battute rapide. Indossano maschere, a evidenziare le proprie ipocrisie.

Gli avvenimenti puntiformi sono collegati da segmenti rettilinei. Testo e movimenti sono forbiti ma laconici. In questa regia la rapidità del pensiero si traduce in agilità, movimento, disinvoltura. Ecco perché è possibile saltare da una situazione all’altra senza mai perdere il filo.
La concisione dello stile presenta un insieme d’idee simultanee e immagini che si affollano in un tutto indefinito, così da far risaltare Alceste, unico personaggio a tutto tondo, cui Trifirò dà consistenza grazie a una recitazione d’alta scuola. Alceste libera sentimento e pensiero, preservando nitidezza e incisività; ora interagisce con gli altri personaggi, ora se ne distacca con sussiego mettendosi in disparte.
Diversamente dal prototipo di Molière, eludendo forse lo stesso disegno registico della Conti, Trifirò, intriso di pirandellismo, non dà al proprio personaggio una connotazione d’eccessivo coinvolgimento. Alceste dovrebbe essere tormentato, e qui non perde mai un equilibrio di fondo. Dovrebbe essere sprezzante, e invece pare assolvere i suoi sodali nell’atto stesso in cui li accusa. La gelosia dovrebbe divorarlo, e invece lui mantiene sulla donna amata uno sguardo disincantato.

Questo “Misantropo” non si allontana mai da un’impronta composta e armonica, neanche quando prova ad abbandonarsi ai sentimenti, e la regia lo dota di sfumati e coreografie delicate (personaggi che volteggiano come foglie secche, nugoli di coriandoli, balli obliqui). Ne risulta uno spettacolo d’elegante precisione e serenità, con una compostezza di base esente da dismisure e da espressioni di pura passionalità.

IL MISANTROPO
di Molière
regia e adattamento di Monica Conti
con (in ordine alfabetico): Stefano Braschi, Monica Conti, Flaminia Cuzzoli, Mauro Malinverno, Stefania Medri, Giuditta Mingucci, Antonio Giuseppe Peligra, Nicola Stravalaci, Roberto Trifirò
scene Andrea Anselmini
disegno luci Cesare Agoni
costumi Roberta Vacchetta
aiuto regia Carlotta Viscovo, Jacopo Angelini
Produzione Elsinor Centro di Produzione Teatrale

durata: 1h 30’
applausi del pubblico: 2’ 20”

Visto a Milano, Teatro Sala Fontana, il 17 novembre 2016

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