L’ultimo numero di Art’o. E poi?

Art'o

Art'oUna festa nel giorno del solstizio d’inverno non può che indicare un passaggio, un cambiamento, e spostare malinconicamente l’attenzione su ciò che ci si lascia alle spalle. È festa triste, come tradisce l’etimologia della parola “solstizio” (“sole” + p. pass. di sistere “fermarsi”).
Il 21 dicembre 2011, allo spazio Raum di via Ca’ selvatica, a Bologna, si è festeggiato proprio questo evento: “Un viaggio al fondo della notte più lunga dell’anno, da cui ripartire verso il crescere della luce”.

E a fermarsi, dopo oltre dieci anni di attività e trenta numeri all’attivo, è la rivista Art’o_ cultura e politica delle arti sceniche diretta dal critico teatrale Gianni Manzella.
Fondata dallo stesso Manzella insieme a Silvia Fanti, Massimo Marino ed Elfi Reiter, nel 2004 cambiò quasi completamente i componenti della sua redazione. Arrivarono Annalisa Sacchi, caporedattrice, Enrico Pitozzi, Fabio Acca e altri collaboratori provenienti dal Dams della città di Bologna. E questo è rimasto sostanzialmente il nucleo fino ad ora.

“Art’o” ha rappresentato fino ad oggi una delle più importanti pubblicazioni italiane dedicate alle “performing arts”, avvalendosi di rilevanti collaborazioni e mescolando vecchie e nuove generazioni di artisti, critici e intellettuali.
Obiettivo fondamentale è stato quello di intrecciare lo sguardo sulla storia dell’arte e del pensiero con le esperienze che appartengono alla più stretta contemporaneità, evitando qualsiasi “congelamento” storiografico e ogni feticismo nei confronti del “nuovo”, così raccontano loro stessi. Insomma, da sempre uno sguardo interdisciplinare intorno ai temi della cultura contemporanea, con una particolare attenzione alle tendenze generazionali legate all’utilizzo di nuovi linguaggi.

Il taglio internazionale della rivista è stato poi testimoniato dall’adesione al Team Network –Transdisciplinary European Art Magazines, una rete critica che coinvolge le testate di altri paesi europei, nello sforzo di operare una mappatura delle diverse realtà creative che appartengono al contesto culturale in cui si svolge la sua riflessione.

Nata a Bologna alla fine degli anni ‘90, insieme allo sforzo coproduttivo del Link Project, Art’o aveva inaugurato un progetto editoriale orgogliosamente indipendente. Una nascita che affondava le sue radici nel fermento che, benché consegnato al passato, seppur prossimo, aveva contagiato una generazione di giovani bolognesi e una larga fetta della popolazione universitaria che, è noto, rappresenta una delle più vaste compagini all’interno del tessuto sociale del capoluogo emiliano.  
Sospendendo il giudizio, è innegabile che il Link Project sia stato un importante centro autogestito di produzione culturale, multimediale ed artistica. Attorno a questo movimento, nel vecchio stabilimento industriale di via Fioravanti, sono nati alcuni gruppi storici della neoavanguardia teatrale italiana, da Fanny & Alexander a Teatrino Clandestino, e gravitati artisti e musicisti di fama internazionale.

Ma torniamo ad Art’o. Il trentesimo numero della rivista sarà anche l’ultimo. La rivista si ferma infatti per mancanza di risorse e fondi. “Una pausa” per elaborare nuove forme, così da mantenere aperte nuove vie per l’avvenire, e proseguire il progetto di divulgazione culturale iniziato nel 1998. “Escludendo l’idea di abbandonare il cartaceo” per ora la rivista si sposterà sul web, dove era già presente in una veste promozionale.
Un fenomeno tutt’altro che insignificante. Pensiamo che la scomparsa, seppur provvisoria (?), di una rivista cartacea e storica come Art’o, nonostante un formato di soli diciannove centimetri di altezza per ventuno di larghezza, debba far fermare a riflettere almeno per un attimo tutto il mondo dell’editoria.

Per una sera, ospiti di Xing, hanno discusso di questo e del ruolo della critica teatrale tanti protagonisti dell’area bolognese: lo stesso Manzella, Fanny & Alexander, Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, Silvia Fanti, Bruna Gambarelli, Cristina Valenti, Mariangela Gualtieri, Giovanna Daddi e Dario Marconcini, Simona Bertozzi, Roberto Latini, Marinella Manicardi, Eva Geatti e Gianfranco Capitta.

Veniamo ora al trentesimo numero. Una bella uscita dedicata tutta alla scena italiana. E per la quale la redazione ha dato fondo “alle sue ultime risorse finanziarie”.
La rivista si riconosce per la curata veste grafica, a cura di Monica Nannini, caporedattore grafico, e una bella grammatura delle pagine. Le scelte redazionali evidenziano un sano gusto per la didascalia, per la citazione bibliografica, mentre verifica delle fonti e limpida esposizione del materiale documentario costituiscono la trama di questo tessuto.
La copertina del n° 30 è illustrata, con segno inconfondibile, da Stefano Ricci. All’interno anche un’intervista al disegnatore bolognese, opera della stessa Nannini. Nell’editoriale di Manzella, dedicato a Franco Quadri, si introduce un “principio di speranza” e un numero “tutto italiano” della rivista.
Segue, infatti, una riflessione in forma semi-poetica di Danio Manfredini imperniata sulla figura di Caino, al centro dell’ultimo lavoro del Teatro Valdoca e da lui interpretata. Allo spettacolo è dedicato ampio spazio all’interno del volume. Tra i contributi, un’intervista a Raffaella Giordano a cura di Fabio Acca.
Il numero prosegue con una riflessione di Manzella sul giovane teatro “un nuovo teatro per gli anni Dieci?”. Poi un saluto di Renata Molinari a Franco Quadri “L’altra faccia dell’Utopia”, una bella conversazione con Ermanna Montanari e Marco Martinelli “Il principio della forma” a cura di Enrico Pitozzi, si va “dentro la memoria del presente” insieme a Mario Martone nell’intervista Elfi Reiter, e ancora Manzella produce un’analisi dell’ultimo lavoro di Pippo Delbono. Altri contributi completano l’edizione.

In allegato un regalo ai lettori della rivista, la traccia audio di “Past Eve and Adam’s” di Leo de Berardinis. Non una “messa in musica”, come viene sottolineato, ma una “messa-in-scena” che costruisce con la musica e con il materiale letterario un preciso sistema di relazioni.
La pubblicazione di questo prezioso documento è impreziosita dalle foto di scena di Tommaso Le Pera.
La presentazione del cd ha aperto la serata, con le parole di Manzella e Carola de Berardinis, figlia ed erede del patrimonio culturale del maestro. A lei si deve l’edizione di questi materiali.
E proprio dai documenti e “dalla scena” vogliamo ripartire, con un occhio al passato, “verso il crescere della luce”.
A presto Art’o.

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  1. says: andy

    A parte lo sdegno per l’abbandono in cui versa tutta la vera cultura, per lo stop della rivista, ma che fine ha fatto Art’O?? Anche sul web non c’è traccia (ristrutturazione del sito?). Cerco di mettermi in contatto con loro da un pezzo ma è impossibile …. se qualcuno ha un suggerimento me lo dia, è importante ( e urgente).
    disalvatoreandrea@hotmail.it

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