Grazie alla collaborazione tra Zut! e La Mama Umbria, uno spazio tra creazione contemporanea e spettatori in dialogo sui festival performativi
Nel fine settimana del 15 e 16 ottobre siamo stati a Foligno ospiti dell’Umbria Factory Festival, “contenitore multidisciplinare dedicato ai linguaggi artistici e ai processi di creazione contemporanea”, ideato da Zut! di Foligno, in collaborazione con La Mama Umbria International di Spoleto.
Abbiamo assistito nella giornata di sabato alla performance urbana (esito laboratoriale) di Marco Chenevier, “Un solo respiro”, attraverso le vie e le piazze della cittadina umbra in un bel pomeriggio di sole, al talento di Stefano Vercelli, assoluto protagonista di “Étoile” e, nella mattinata di domenica, all’interessante “Upside Down_ il talk imperfetto”, dove i cittadini di Foligno e di Spoleto si sono confrontati sui temi dello spettacolo dal vivo e dei festival performativi, in diretta radiofonica all’interno del palinsesto di Radio If/Uff. Per una volta gli addetti ai lavori intervenuti sono stati messi nel ruolo di spettatori e ascoltatori.
Abbiamo colto l’occasione per fare una chiacchierata con due degli organizzatori, Emiliano Pergolari e Michele Bandini.
Siamo arrivati alla seconda edizione, articolata in tre fine settimana. Grande attenzione di critica e pubblico. Com’è stato possibile dopo sole due edizioni?
Emiliano – Ci sembra che in effetti questa edizione sia andata bene da questo punto di vista. Credo sia stato possibile perché abbiamo raccolto i frutti del lavoro costante e duraturo di questi anni, sia per ciò che riguarda il territorio e le persone che lo compongono, sia per lo sforzo di raccontare in vari modi, anche fuori regione, il nostro progetto e costruire delle relazioni con tutta una serie di interlocutori a livello nazionale.
Crediamo che Umbria Factory, nonostante la giovane età, manifesti già di per sé un’identità forte e riconoscibile, caratterizzata da una proposta artistica di qualità, varia, multidisciplinare legata ai nuovi linguaggi e alle nuove tecnologie, da uno sguardo agli artisti emergenti, ai percorsi performativi e a una fruizione molto spesso non convenzionale e nello stesso tempo da una forte tensione al dialogo e all’incontro a vari livelli con il pubblico e la collettività, anche ribaltando le pratiche e le dinamiche ordinarie.
Tutto questo scaturisce da un processo progettuale che nel corso di questi ultimi 9-10 anni abbiamo costruito come ZUT! e La MaMa Umbria.
Come è nato e da quale esigenza Uff?
Michele – Il festival nasce dal desiderio di far confluire in un unico contenitore i diversi percorsi avviati negli anni da ZUT! attraverso l’attivazione di un progetto che potesse essere al tempo stesso progetto di programmazione ma anche luogo di invenzione e creazione, di incontro e formazione, nonché momento di condivisione, coinvolgimento della comunità, uno spazio/tempo in cui tutte le persone che compongono la relazione attivata dalle arti performative potessero incontrarsi in occasione di un festival che diventi festa, spazio di dialogo e scoperta reciproca.
Crediamo fortemente nella necessità di creare luoghi di prossimità e partecipazione, in cui la proposta culturale possa diventare possibilità di incontro e relazione, in cui possa innescarsi la curiosità di conoscere cose nuove e inaspettate, fare esperienze insieme come organizzatori, artisti e spettatori nell’arco di un tempo ricco di fermento e di stimoli diversi che rendono Umbria Factory una grande possibilità di esplorazione e conoscenza collettiva.
In questo tentativo la formula del festival ci sembrava la più adatta per restituire e mettere a sistema il lavoro di anni fatto da ZUT!, improntato sulla formazione teatrale non solo per la città; sul lavoro con gli spettatori e la comunità cittadina; sulla produzione artistica; sul sostegno ai giovani artisti emergenti; sulla programmazione di teatro, danza e musica con rassegne dedicate; sui percorsi ibridi tra nuove tecnologie e arti performative attivati insieme al centro di residenza CURA; sulle relazioni nazionali e internazionali consolidate negli anni e sulle reti e sulle collaborazioni. Tanti percorsi paralleli e cresciuti affiancati che ora hanno trovato compimento e sintesi dentro Umbria Factory Festival.
A differenza della passata edizione avete coinvolto la realtà di Spoleto. Come mai questa scelta?
Emiliano – Già dalle prime collaborazioni che risalgono a qualche anno fa, fra ZUT e La MaMa si è creata una forte empatia umana e professionale, un riconoscersi nei presupposti, nelle modalità e nelle finalità. Questa affinità si stava sviluppando all’interno del Centro di residenza Umbra CURA attraverso tutta una serie di progetti condivisi. Quest’anno sentivamo l’esigenza di lasciare ancora di più il segno fuori da Foligno e dallo ZUT – che è la nostra casa -, di sviluppare una factory estesa in tutta la regione. L’alleanza con la MaMa di Spoleto ci è sembrata quindi logica, anche in un’ottica di coinvolgimento di un territorio e di una comunità che non è lontano ma che risponde a dinamiche e logiche differenti.
Ci piacerebbe ancora di più nei prossimi anni, rafforzare questa identità regionale del Festival.
Ci affascina anche l’idea di invadere e attraversare in maniera inedita e speciale luoghi e spazi differenti di tutta la regione, soprattutto uscendo dagli spazi deputati in un processo di ricostruzione dell’immaginario legato agli spazi pubblici attraverso l’arte e la cultura.
Nelle vostre scelte c’è stata soprattutto una contaminazione di linguaggi e artisti. Puoi parlarcene?
Michele – Pensiamo che la pluralità dei linguaggi sia un elemento fondamentale quando si opera nel tentativo di restituire la complessità del contemporaneo. Tentativo che noi facciamo attraverso una programmazione che considera le arti come un elemento dialettico, critico, fluido, analitico e dinamico che si confronta con il mondo che ci circonda, ed è in questa sorta di specchio del reale che si articola la necessità di facilitare la nascita di percorsi di contaminazione tra le arti e gli artisti, promuovendo la possibilità di fare incontri tra poetiche ed estetiche, di stimolare percorsi di sperimentazione e momenti di ricerca che non necessariamente debbano risolversi in opere complete e confezionate ma che possano aprire ad ulteriori elementi di ricerca e studio.
Siamo dei grandi sostenitori anche di tutti quei processi creativi e di relazione che attivino lo sviluppo di un immaginario e di un orizzonte di ricerca, in cui far incontrare competenze, estetiche e poetiche differenti. Le nuove tecnologie aprono a delle possibilità di sperimentazione in cui tecnici, artisti e performer lavorano insieme su piani di ricerca differenti e con il medesimo obiettivo, come per esempio il progetto aperto Nebula proposto a Spoleto. Nella programmazione ci sono altri esempi di lavori, invece compiuti, come per esempio quello proposto da Kurokawa in cui nuove tecnologie, linguaggi visivi, elementi musicali e sonori diventano sintesi a sostegno della restituzione di un immaginario dall’estetica immersiva molto forte.
È in corso anche un extra Uff…
Emiliano – La seconda edizione di Umbria Factory Festival, dopo tre settimane davvero dense, intense, ricche di arte, umanità e incanto, non finisce qui. Anzi, tra fine ottobre e primi di novembre stiamo proponendo altri spettacoli ed eventi “Extra UFF”.
Fra gli artisti presenti la compagnia Fettarappa Sandri / Guerrieri con due lavori, La Sparanoia, che “nasce come occasione di esplorazione del grido soffocato di una generazione addomesticata, e Apocalisse Tascabile, spettacolo, vincitore di numerosi premi, tra cui In-Box 2021, che viene proposto in collaborazione con il Teatro Stabile dell’Umbria.
In anteprima anche Nives, il nuovo spettacolo di Accademia Mutamenti/Muta Imago che andrà in scena l’1 novembre allo Spazio ZUT, tratto dal romanzo di Sacha Naspini che narra la storia di una donna, rimasta sola nella sua tenuta dopo la morte improvvisa del marito. Unica compagnia una gallina zoppa.
Avete molti partner nazionali e internazionali. Come avete costruito questi rapporti e con quale idea di base?
Michele – Sin dall’inizio del progetto ZUT abbiamo sempre avuto una vocazione ad entrare in relazione sia con strutture, spazi e persone simili a noi ma, anche con contesti molto diversi da noi.
È molto importante che il nostro lavoro abbia una ricaduta sui destinatari delle nostre attività: sulla comunità, sulla società civile, siano essi giovani tramite le scuole, o meno giovani attivando collaborazione e partecipando attivamente anche agli eventi e ai progetti organizzati da altri soggetti e pensiamo che se si lavora in collaborazione si può essere più capillari e generativi.
Da sempre crediamo che se il nostro fine ultimo è quello di promuovere la cultura contemporanea attraverso l’attivazione di progetti diversi, suscitare interesse e curiosità intorno alle arti… tutti coloro che agiscono allo stesso modo sono per noi partner e non competitor, perché fare e promuovere cultura, significa contribuire alla crescita di una comunità in termini di soddisfazione di bisogni importanti come la socialità, la relazione e l’emancipazione.
Ricordo ancora quando lo spazio Zut! è stato inaugurato qui a Foligno. È passato del tempo. Avete fatto grandi passi avanti, grazie soprattutto alla vostra grande passione e qualità… Cos’è cambiato da allora?
Emiliano – I rischi e i problemi non mancavano allora e non mancano adesso… nonostante questo direi che siamo sulla buona strada… Come dici tu che sei stato testimone di quel momento così importante per noi, molto tempo è passato e sono successe tante cose. L’apertura di uno spazio culturale come lo ZUT è stato sicuramente un salto nel vuoto, accompagnato da tutta una serie di incognite, imprevisti e difficoltà di ogni genere. Solo a pensare alla giornata di apertura del 16 Maggio 2014 ci vengono i brividi!
Ora, fortunatamente, lo ZUT si sta trasformando in una realtà diversa, più solida e strutturata, multiforme, dinamica, sempre alla ricerca di nuovi stimoli e sempre proiettata su nuove sfide e nuove strade. Crediamo che questo percorso sia solo all’inizio, e che anche un Festival come Umbria Factory abbia ampio spazio di crescita e di sviluppo nei prossimi anni.