Un Principe come noi, l’Amleto di Occhisulmondo

Un principe di Occhisulmondo
Un principe di Occhisulmondo

A volte il teatro ci regala bellissime sorprese, veri e propri miracoli in un momento così difficile per quello italiano. Vai a Perugia per seguire, come tuo solito, una rassegna di teatro ragazzi e ti trovi davanti ad un Amleto davvero speciale, dovuto a una compagnia umbra formata da ragazzi giovanissimi, Occhisulmondo (di cui avevamo già apprezzato due precedenti lavori “Quando c’era Pippo” e “Greta la matta”) con un regista, Massimiliano Burini, pure lui giovane, che sfida tutte le leggi del mercato, rispetto a una piccola compagnia, mettendo in scena niente meno che Amleto, un classico con cui si sono misurati tutti i più grandi registi e attori, con ben sette interpreti.

E il miracolo pienamente riesce. Abbiamo assistito davvero, con “Un Principe”, a una delle versioni più emozionanti viste in questi ultimi anni del capolavoro di Shakespeare.
Un’edizione dedicata ad un pubblico totale, e che vive e matura nel nostro tormentatissimo tempo, ma che più classica non si potrebbe, condensando in un’ora e dieci tutta la vicenda scespiriana ma lasciandone intatti tutti i passaggi fondamentali, anzi approfondendoli, e restituendoceli nella loro più intima essenza che, ancor oggi, pone dubbi e domande.

Amleto, Geltrude, Claudio, Orazio, Laerte, Rosencratz e Guilderstern, vestiti di rosso e nero, simili a pedine di una scacchiera (solo Ofelia è una farfalla leggera che viene inghiottita dalla ragnatela di un destino crudele) si muovono a scatti, in modo cupo, senza orpelli che li definiscano (le scene e i costumi sono di Francesco Marchetti ‘Skizzo’).

E’ solo la scena vuota, oscura, ad essere abitata da fantasmi fortemente espressivi. Amleto vi si muove dentro come vittima sacrificale. E’ ben conscio che tutte le persone che lo circondano, persino la madre che lo ha generato, si muovono solo promuovendo i propri vizi, i rispettivi interessi, in un mondo dove tutto marcisce.
Grida la sua verità ma non viene ascoltato. E’ un grido sommesso, non urlato, che ci invita a non soccombere ma a resistere, ad “essere” appunto, rompendo l’assordante silenzio del “non essere” che ci circonda, ed è solo, forse, il teatro ad ascoltare il suo grido, a provare a riverberarlo sul resto del mondo. Tanto che non ci sono gli attori che arrivano a corte per la rappresentazione come nel testo originale, ma è lui, solo, Amleto, sopra un piccolo scranno, a narrare lo scempio operato dallo zio Claudio contro l’amato padre.

La nuova generazione si scaglia contro la vecchia che non ha saputo offrirle un mondo in cui avere certezze, appigli a cui aggrapparsi. E’ una nuova generazione che può, senza fatica e con efficacia, identificarsi in lui, nella sua dolorosa solitudine, nella sua inevitabile sconfitta, che il teatro riesce però a testimoniare, affinché ciò non possa più accadere.

Molti gli intensi momenti che attraversano lo spettacolo: tra tutti, la morte di Ofelia che danza quasi inerme, mentre la voce di Milva l’accompagna con le stesse memorabili parole del Bardo; e il duello finale, presentato in modo parossistico sulle note di “In the shirt” degli Irrepressibles.

Tutti impeccabili gli attori, e non è poco; ci piace ricordare soprattutto l’Amleto di Daniele Aureli, l’Ofelia di Greta Oldoni e il Polonio di Amedeo Carlo Capitanelli.

Un ottimo risultato che ha avuto una lunga gestazione, come si dovrebbe fare per la creazione di ogni spettacolo. Partendo da una riscrittura di scena, tratta dal testo originale in inglese, vi è stato un primo seminario di incontro e selezione svoltosi nell’agosto del 2011.
La prima fase del progetto ha avuto per tutto il 2012 un fondamentale momento di avvicinamento graduale all’opera, attraverso una serie di residenze artistiche in spazi e luoghi dell’Umbria con l’aiuto anche del Teatro Stabile. La seconda fase si è poi caratterizzata da un periodo di composizione. Grazie alle ultime due residenze il lavoro si è infine concentrato sulla messa in scena, sullo spazio e la scenografia: il lavoro ha preso forma per poi debuttare nella scorsa stagione a Perugia da Fontemaggiore, che ha sostenuto il progetto, proponendolo agli operatori e non solo.
Uno spettacolo che è maturato pian piano, con l’aiuto in piccolo di diverse entità che
hanno creduto nel progetto, a cui auguriamo un grande futuro.

UN PRINCIPE
regia: Massimiliano Burini
scena e costumi: Francesco Marchetti ‘Skizzo’
realizzazione costumi: Elsa Carlani Cashmere
con Daniele Aureli (Amleto)
Amedeo Carlo Capitanelli (Polonio)
Caterina Fiocchetti (Gertrude)
Andriy Maslonkin (Re Claudio)
Greta Oldoni (Ofelia)
Raffaele Ottolenghi (Laerte / Guildenstern)
Matteo Svolacchia (Orazio / Rosencrantz)
in co-produzione con Centrodanza, Associazione Demetra Centro di Palmetta, Teatro Cucinelli
con il sostegno di Teatro Stabile dell’Umbria

Visto a Perugia, Teatro Brecht, il 29 giugno 2016

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