(Leo De Berardinis)
Oggi vogliamo ospitare l’appello di una compagnia siciliana, Nave Argo che, nella propria città, Caltagirone, poco meno di 40mila abitanti in provincia di Catania, vede infrangersi il sogno di creare una Casa del Teatro aperta proprio alla città e ai suoi abitanti.
Una storia come tante, si potrebbe dire, eppure crediamo che non occorra con troppa semplicità liquidare ogni questione col ‘far finta di niente’ o ‘tanto non cambierà mai nulla’.
Per questo, nel nostro piccolo, oggi diamo spazio al loro appello, nella speranza che da qui si inneschi un motore che giunga infine a stimolare il Consiglio Comunale, insieme alle associazioni e alla cittadinanza di Caltagirone, ad aprire un dibattito per trovare un’alternativa, forse meno redditizia economicamente ma più proficua per il tessuto sociale del territorio.
Ovviamente Klp sarà disponibile ad ospitare voci discordi, repliche o commenti al racconto della compagnia che qui ospitiamo.
Come ormai succede per tante cose siciliane, piccole o grandi, la notizia relativa al bando pubblico con cui il Comune di Caltagirone intende dare in affitto il Teatro Semini è stata accolta senza particolare clamore: qualche commento distrattamente indignato sui social network, alcune dichiarazioni politiche di circostanza e altre completamente fuori strada (ma dove se ne stavano rintanati, in questi anni?), nessun approfondimento sugli organi di informazione locali.
Su questa vicenda, altri spunti di riflessione vogliamo invece continuare a proporli noi, insistendo sulla sua emblematicità, relativamente a quello che parrebbe un preciso intento delle Amministrazioni Pubbliche in questa fase storica: lo smantellamento di tutto ciò che attiene alla promozione di Cultura e Socialità a partire proprio dalla negazione dei luoghi in cui esse si praticano, mascherando il tutto dietro la necessità di “far quadrare i conti” dell’Ente.
Il teatro Semini prende questa denominazione perché è stato costruito nell’omonimo quartiere di Caltagirone e sorge sulle ceneri dell’ex mattatoio comunale, del cui complesso originario sono rimasti tre edifici (ristrutturati anche con fondi europei specificamente destinati a progetti di recupero sociale destinati ad aree urbane a rischio), mentre la sala teatrale è stata costruita completamente ex novo. Nel 2004, in occasione della chiusura del Teatro “V. Brancati” di Caltagirone, Nave Argo lanciò l’idea di realizzare a Caltagirone una “Casa del Teatro” con sala teatrale, sale prove, foresteria, biblioteca, caffetteria, proponendo quindi all’amministrazione comunale, guidata dall’allora sindaco Franco Pignataro, di recuperare l’area dell’ex mattatoio.
L’amministrazione comunale accolse l’idea e nel 2007 furono avviati i lavori di costruzione del teatro e di recupero degli altri edifici annessi.
Contestualmente però non si è affrontata in nessun modo la questione delicata del modello di gestione da adottare per il teatro. I lavori di costruzione del teatro sono stati conclusi nel febbraio 2012.
Il teatro ha un palco rialzato di circa 1 metro con area scenica di circa 6 metri di profondità e 7 di larghezza. La platea è composta da circa 180 posti disposti su file uniche con corridoi laterali.
Lo spazio così realizzato è tuttavia ben altra cosa sia rispetto a quella che era la nostra proposta di “Casa del Teatro”, sia a qualunque standard di efficienza e funzionalità di una moderna sala teatrale.
Come suggerimmo nel 2004 all’Amministrazione dell’epoca prima dell’inizio dei lavori di costruzione del teatro, l’idea di “Casa del Teatro” aveva un suo senso compiuto se si fossero utilizzati tutti gli spazi a disposizione: quindi non solo la sala per gli spettacoli di teatro, danza, musica, ma anche le sale prove, il laboratorio scenografico e di sartoria, la biblioteca, la caffetteria, il magazzino, gli uffici.
L’intento manifesto dell’Amministrazione Comunale – corroborato dall’infelice ed approssimativo progetto di recupero dell’area – è stato invece quello di fare tabula rasa di questa idea, mettendo a bando separatamente il teatro dagli altri locali che hanno una chiara destinazione d’uso commerciale.
La funzione principale di una Pubblica Amministrazione è quella di erogare servizi ai cittadini e creare le condizioni affinché questi ultimi, soprattutto bambini, giovani e anziani, possano non solo soddisfare i propri bisogni primari, ma anche avere la possibilità di cogliere opportunità di miglioramento della qualità della propria vita all’interno una Comunità. Ma se togliamo ai cittadini i luoghi in cui incontrarsi e sperimentarsi, che opportunità e servizi vengono a loro offerti?
Nel maggio 2012 l’amministrazione Pignataro inaugura il teatro con una cerimonia ufficiale organizzata con la parrocchia del quartiere Semini. Dalla data dell’inaugurazione il teatro non è stato mai più utilizzato.
Nel settembre 2013 la nuova amministrazione comunale, guidata dal sindaco Nicolò Bonanno, insediatasi nel giugno 2012, pubblica due bandi per l’affitto del teatro (canone annuale a base d’asta euro 24.336,00), per generica attività teatrale, e di uno dei tre altri immobili restaurati (canone annuale a base d’asta euro 32.832,00), per attività commerciali. Un secondo immobile dei tre è già in affitto ad un’azienda privata che si occupa della riscossione di tasse e tributi, mentre il terzo immobile, quello di minor pregio, è attualmente vuoto.
Chiedere un affitto per uno spazio teatrale potrebbe avere senso in una condizione normale in cui poi è la stessa Amministrazione Pubblica a “restituire” ai cittadini questo introito in termini di servizi (specialmente laboratori, incontri, progetti formativi rivolti all’infanzia e alla gioventù) erogati in quello stesso luogo da chi ne è gestore anche in partenariato con altre associazioni locali. Per far funzionare questo meccanismo è però necessaria la condivisione di un assioma di base: che la Cultura è necessaria ad una Comunità, e che chi lavora professionalmente in questo settore offre un servizio che serve a migliorare il vivere civile.
Il bando comunale in questione sembra proprio voler ignorare tutto ciò. Se l’intento fosse stato quello di far funzionare il teatro e gli spazi annessi con l’erogazione di servizi culturali e sociali al quartiere e a tutta la città lo stesso bando sarebbe stato predisposto in maniera diversa. Per esempio prevedendo, in fase di apertura delle buste con le proposte di affitto, un sistema di valutazione con punteggi e premialità diverse e crescenti per: A. tipologia del soggetto che si propone per la gestione (consorzio di associazioni no profit locali, associazione singola, impresa, persona fisica); B. qualità del progetto artistico e culturale e sua sostenibilità; C. offerta economica.
In merito all’eventuale interesse di Nave Argo alla gestione dello spazio possiamo affermare che non abbiamo le risorse per poterci assumere da soli questo onere e questa responsabilità, soprattutto nell’attuale fase storica. Ci interessa invece fortemente farci promotori, assieme a cittadini e associazioni culturali e sociali, di una riflessione collettiva più ampia con la quale ribadire ancora una volta la necessità di salvaguardare nella nostra città gli spazi di socialità, facendo che siano luoghi realmente partecipati e condivisi attraverso modelli innovativi di gestione che ne tutelino la loro funzione pubblica. Per questo stiamo lavorando a una proposta d’iniziativa pubblica più operativa, per iniziare un percorso comune di conoscenza e confronto con idee, critiche, suggerimenti.
Alla luce di ciò ci chiediamo: è ancora possibile confrontarsi pubblicamente tra cittadini, Amministrazione Comunale, associazioni culturali e sociali per capire in quale direzione vogliamo portare questa città?
Crediamo che un teatro (ma anche una biblioteca, un museo, una scuola, un parco) sia un luogo da adottare piuttosto che da affittare, da accudire e curare come chiunque di noi farebbe con la propria casa.
Un teatro pubblico.