La luna quasi piena increspa di luce crescente l’acqua scura e le onde delicate chiacchierano a lambire la spiaggetta di Santa Caterina. Le piccole tamerici al centro di una quinta, per nulla artificiale, nei toni del blu e del bianco, creano la location ideale per “Una storia che non sta né in cielo né in terra”. L’attrice e autrice è Daria Paoletta che, insieme al regista Raffaele Scarimboli, compone la Compagnia Burambò.
Il duo foggiano, in sedici anni di carriera, ha raccolto numerosi consensi, fino al conseguimento (per una delle ultime produzioni: “Secondo Pinocchio”) dell’Eolo Awards per il Teatro di Figura 2012, attribuito dalla rivista Eolo alle migliori creazioni di teatro ragazzi in Italia.
Essenziale e complementare all’attività performativa è da sempre quella laboratoriale, in particolare nelle scuole dove nascono e maturano le istanze della loro “invenzione creativa”: elaborando secondo un punto di vista personale i copioni, le musiche e le circostanze sceniche (burattini in baracca, marionette da tavolo e pupazzi in gommapiuma) Burambò non dimentica la presenza attorale e l’evocativo potere del teatro di narrazione.
È il caso dell’evento in questione, presentato nella rassegna estiva Onde di Luna del Comune di Nardò in collaborazione con Terrammare Teatro.
L’abito azzurro introduce il colore di una fiaba che, appunto, non è dell’aria e non è della terra, ma dimora fra i due mondi affacciata sul mare.
L’acqua è quella del golfo di Taranto dove nasce la leggenda de “La sposa sirena”, raccolta da Italo Calvino a metà degli anni Cinquanta e pubblicata nel celebre volume che riprese all’epoca un’ampia collezione di narrazioni popolari italiane.
La rielaborazione di Daria Paoletta restituisce voci e fisionomie a quel racconto. Inizia con l’invito ad una festa, quella che celebra le nozze di Marionna, un nome che è quasi il presagio di un destino, nella composizione di Maria e Onda, e Cataldo, come il santo patrono delle acque tarantine.
I due bellissimi ma giovani sposi accettano con la loro unione un avvenire di lunghe separazioni, che le comari del paese immediatamente anticipano. Lui infatti è un pescatore, “che si sape quando parte e non si sape quando torna”, e lei ancora non conosce i modi antichi dell’incerta attesa, quelli che generazioni di donne hanno elaborato per riempire i vuoti della distanza.
L’attrice entra ed esce dai registri linguistici e dialettali dando parola a tutti i personaggi. La fanciullesca dignità della protagonista ma anche il suo progressivo appropriarsi dell’idea di tempo, non appreso alla scuola della matematica ma nella esperienza del cuore e dei suoi battiti. Le velenose battute delle signorine del cucito, esilaranti quanto cattive, che la vita del marinaio appartiene per metà al mare e per metà alla terra, mentre la vita della donna appartiene per metà al Signore e per metà al marito. E il re che, arrivando al galoppo, convincerà la ragazza ad interrompere l’attesa.
Sdraiati su un parterre di stuoie allestito per loro sulla sabbia, i ragazzi presenti allo spettacolo ascoltano rapiti la narrazione, anche quando l’attrice dovrà raccontare del ritorno di Cataldo e della sua ira, e del momento in cui Marionna, imperdonabile e non ancora perdonata, verrà gettata dalla barca e affonderà nella sua veste come una campana.
Il momento dura pochi istanti ed è quasi come condividere l’apnea e, con essa, il timore che i ragazzi non comprendano questa morte improvvisa. Ma l’attenzione e la fiducia vengono immediatamente ricatturate insieme al leggendario salvataggio.
Il finale non lo anticipiamo, in particolare per chi potrà assistere alla replica dello spettacolo, il 1° settembre, al Festival Internazionale di Narrazione di Arzo.
Una storia che non sta né in cielo né in terra
adattamento teatrale di “La sposa sirena” di Italo Calvino
di e con Daria Paoletta
durata: 50′
Visto a Santa Caterina, Nardò, il 26 luglio 2012