Uno nessuno e centomila: Loris e Gabrielli nelle fragilità dell’uomo contemporaneo

I tre protagonisti (photo: Stefano Sgarella)
I tre protagonisti (photo: Stefano Sgarella)

Teatro Out Off e Manifatture Teatrali Milanesi si misurano con il capolavoro di Pirandello

“Uno, nessuno e centomila”, ossia le molteplici identità dell’essere umano: siamo labili incarnazioni di un Io di facciata; assumiamo tante facce quante sono le persone, gli oggetti, i momenti con cui interagiamo. Siamo somma d’infinite contraddizioni.

Misurarsi con Pirandello equivale a sfidarsi nella rilettura di un colosso della letteratura europea contemporanea. Con questo romanzo, che lo stesso autore definì il «più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita», si sono cimentati, al Teatro Out Off di Milano, il drammaturgo e sceneggiatore Renato Gabrielli, curatore dell’adattamento, e Lorenzo Loris in cabina di regia. In scena, Gaetano Callegaro, Mario Sala e Stella Piccioni non sono propriamente tre personaggi differenti, ma piuttosto tre possibili scomposizioni della personalità del protagonista Vitangelo Moscarda.
Vitangelo. Gengè, come lo chiama la moglie Dida. Che va in crisi quando scopre che il naso gli pende a destra. Che perde ogni certezza quando considera che è portatore di mille altri difetti fisici di cui mai si era accorto prima. A volte tormentiamo noi stessi infierendo sui nostri limiti; altre volte sminuiamo le nostre défaillance, protetti da una cappa creata da noi stessi o dagli altri: tu chiamale, se vuoi, rimozioni.

In questa coproduzione Teatro Out Off – MTM Manifatture Teatrali Milanesi, troviamo Moscarda “uno e trino” nell’ultimo capitolo del romanzo, nella campagna aprica fuori dall’ospizio in cui si è rifugiato. Inizia così una serie di flashback che ricostruiscono le vicende cruciali del romanzo, con una serie di scompaginazioni che sottolineano le molteplici angolazioni del relativismo pirandelliano (pur con il rischio di spiazzare lo spettatore che non avesse letto il libro).

Nella sua inclinazione naturale, Moscarda uno è un tipo solitario e abulico, torpidamente ripiegato su se stesso, insofferente verso qualunque intrusione. Moscarda due è invece la coscienza, l’autoconsapevolezza critica e beffarda che giudica, contraddice, si oppone. Moscarda tre, infine, assume sembianze femminili e sabota l’ordine fragile di cui il protagonista è sempre alla ricerca, proiettato pigramente verso un campo gravitazionale che gli assicuri stabilità.

Lettura forse psicanalitica, quella di Renato Gabrielli. Freudianamente, Moscarda uno (Gaetano Callegaro) richiama l’Es o inconscio pulsionale, componente irrazionale della psiche insondabile per la coscienza e sede delle pulsioni, cioè degli aneliti più intimi e irresistibili. L’Es obbedisce al principio del piacere, pretendendo immediata soddisfazione dei bisogni e trascurando le regole morali e sociali.
Moscarda due (Mario Sala) rievoca l’Io freudiano che subisce le passioni che la società, per salvaguardare se stessa, chiede di contenere. Moscarda due è in perenne dialettica con i divieti sociali che svolgono una funzione di contenimento dei moti pulsionali. Moscarda due è teso anche a distruggere l’immagine del padre usuraio, con il quale viene identificato dalla società. Si scopre così prigioniero nella trappola dell’identità individuale, resa sulla scena da tre pannelli mobili, in alcuni momenti assemblati a formare una barriera, muro, prigione, su cui vengono proiettate immagini d’arte astratta o avanguardistica.
Infine Moscarda tre (Stella Piccioni) rievoca in qualche modo il Super-Io, che s’identifica con la moralità sociale o etica e si forma nella prima infanzia mediante l’introiezione delle regole imposte dai genitori (qui cristallizzate dalla moglie Dida).

La regia di Loris è dinamica. Asseconda il continuo muoversi, divenire, trasformarsi dei personaggi e delle situazioni. Tutto si muove su ruote: i pannelli, il letto, il tavolino bianco che fa spesso capolino al centro della scena, la carrozzella, il letto. A tratti le rotelle diventano ruote vere e proprie, nella forma di due biciclette che scorrazzano per il palcoscenico. Il conflitto tra Es, Io e Super-Io assume invece le sembianze di guantoni da box, con Moscarda due e tre che colpiscono Moscarda uno.
L’andirivieni tra palco e platea, con gli attori che si rivolgono al pubblico sottoponendogli problemi e interrogativi, asseconda invece l’inclinazione del testo al monologo, all’apostrofe rivolta direttamente ai lettori.

È una scena mediamente grigia quella allestita da Loris con Luigi Chiaromonte. Mediamente spenti sono anche i costumi di Nicoletta Ceccolini, che a momenti si accendono nei travestimenti di Stella Piccioni, che spazia tra Dida e la sua amica Anna Rosa. Sono effimeri i colori degli interventi visivi di Stefano Sgarella, che rimandano agli schizzi di libertà garantiti paradossalmente dalla follia. Follia che restituisce Moscarda a un’apparente autenticità, all’affrancamento dalle forme fasulle della vita sociale. Di qui la serie di atti clamorosi e sconcertanti che lo interdicono agli occhi di parenti e amici (dallo sfratto di uno squilibrato alla vendita della banca di sua proprietà che gli assicura l’agiatezza, al rapporto ambiguo che crea con Anna Rosa, che finirà addirittura per ferirlo sparandogli).

C’è un valore aggiunto in questa lettura targata Gabrielli-Loris: la capacità di sdoganare la poesia nascosta nel testo, e questo grazie al lavoro minuzioso sugli attori e alle musiche originali realizzate da Filippo Ferrari, Alessandro Papaianni, Pietro Rodeghiero, allievi della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado del corso di composizione.
Le maschere di Gianluca Sesia, invece, evidenziano – in modo a tratti didascalico – la frammentazione nel molteplice di una personalità sfuggente già in partenza.

Ardita la scelta di affidare i ruoli maschili di Moscarda a Callegaro e Sala: attori peraltro bravissimi (idem Stella Piccioni) ma che hanno il doppio degli anni del protagonista del romanzo, che Pirandello immagina trentenne. Si rischia di attribuirne la follia all’avanzare degli anni. Ma la follia in Pirandello è fisiologica, non patologica. L’autore siciliano assolutizza i concetti di alienazione e paranoia. Evidenzia quel senso angoscioso di solitudine e prigione delle forme che identifica la vita stessa, ed è pertanto pervasivo della società e degli esseri umani tutti, a prescindere dall’età.

UNO, NESSUNO E CENTOMILA
di Luigi Pirandello
adattamento Renato Gabrielli
con Gaetano Callegaro, Stella Piccioni, Mario Sala
regia di Lorenzo Loris
musiche originali realizzate da Filippo Ferrari, Alessandro Papaianni, Pietro Rodeghiero
allievi della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado del corso di composizione (IRMus)
scene Luigi Chiaromonte e Lorenzo Loris
costumi Nicoletta Ceccolini
interventi visivi Stefano Sgarella
luci Luigi Chiaromonte
maschere Gianluca Sesia
coproduzione Teatro Out Off – MTM Manifatture Teatrali Milanesi
spettacolo inserito nell’abbonamento Invito a Teatro

durata: 1 h 15’
applausi del pubblico: 2’

Visto a Milano, Teatro Out Off, il 3 febbraio 2022

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