Uno, nessuno e centomila. I fratelli Cauteruccio a braccetto fra Beckett e Pirandello

Fulvio Cauteruccio
Fulvio Cauteruccio
photo: Stefano Ridolfi

Ogni regista ha il suo autore prediletto. Giancarlo Cauteruccio ha dimostrato negli anni di avere in Samuel Beckett un punto di riferimento, sia per quanto riguarda i testi messi in scena (“Finale di partita”, “L’ultimo nastro di Krapp” e non solo), sia per l’approccio alla messinscena talvolta introspettivo e minimalista. Così anche il primo Pirandello di Cauteruccio profuma di Beckett. Il suo “Uno, nessuno e centomila”, adattato per la scena dal drammaturgo Giuseppe Manfridi (già collaboratore di Cauteruccio), è un chiaro omaggio all’autore di “Aspettando Godot”. Lo è nell’architettura di questo trittico disperato, di questo ‘ménage à trois’ piccolo borghese fatto di legami angoscianti, di equilibri instabili, di precarietà latente. Lo è nel personaggio di Anna Rosa, alter ego del protagonista ma interrata come la Winnie di “Giorni felici”. Lo è nel continuo dialogo fra il giovane banchiere siciliano Vitangelo Moscarda e le voci registrate: un rapporto ossessivo con la memoria che rimanda a Krapp e al suo nastro.

Cauteruccio va a braccetto con i due grandi drammaturghi, mettendoli in gioco uno di fronte all’altro. Il risultato è riuscito, complice la perfetta riscrittura di Manfridi, visionaria e poetica nei dettagli, anche se in certi momenti difficile da seguire se non si ha ben presente l’ultimo romanzo di Pirandello.

Una scrittura che, a tratti isterica, risalta l’interpretazione dell’istrionico Fulvio Cauteruccio. L’attore, in un ritrovato connubio col fratello Giancarlo, dà vita a un Moscarda stralunato, sudando e sputando in continuazione, utilizzando un misto di accenti siculo-calabresi, e grazie a questa interessante interpretazione sottolinea la natura comico-tragica del testo pirandelliano.
Nella riscrittura vengono enfatizzate le tematiche care sia all’autore irlandese che a quello siciliano: l’alienazione dell’uomo contemporaneo, la sua crisi d’identità e la solitudine. Moscarda/Cauteruccio rappresenta il simbolo dell’uomo disagiato e stravolto, dilaniato e succube della figura paterna (usuraia), che compie la sua via crucis fino alla visione finale (del Papa) e all’incontro col suo tragico destino.

Il pubblico guarda tutto questo anche nel riflesso del grande specchio in scena: un simbolo in più dell’interrogarsi, mostrarsi, nascondersi, dello scavare dentro si sé del personaggio pirandelliano.
Manfridi sottrae fino all’osso ed arriva ad un dramma con un solo protagonista, un monologo che vede le due figure femminili di moglie e amante come contorno. Anna Rosa, interpretata da una brava e sbarazzina Alessia Innocenti, sbuca dal terreno e lì rimane facendo continue piroette, mentre la moglie Dida, una glaciale e sopra le righe Anna Bandelloni, fa su e giù da una pedana in movimento che diventa anche simbolo sessuale.
C’è spazio pure per un omaggio al Futurismo, di cui quest’anno si celebra il centenario: un simpatico cane fa il suo ingresso in scena durante il secondo atto. Interagisce col padrone Cauteruccio, mangia i biscotti che lui gli lancia, e se ne va tra le risate divertite del pubblico.

Applausi per una messa in scena provocatoria, molto lontana dai recenti Pirandello di Cecchi e Castri. Il programma di sala ci dice che è un primo studio: lo spettacolo, quindi, potrà ancora crescere, trovando i tempi giusti, limando le pause e sintonizzando i toni degli attori. Ma l’impronta è fin d’ora quella buona.

UNO, NESSUNO E CENTOMILA – primo studio
di: Luigi Pirandello
adattamento teatrale: Giuseppe Manfridi
con: Fulvio Cauteruccio, Alessia Innocenti, Laura Bandelloni
Luci: Trui Malten
scene e video: Giancarlo Cauteruccio e Loris Giancola
costumi: Massimo Bevilacqua
regia: Giancarlo Cauteruccio
produzione: Compagnia Teatrale Krypton
durata: 1 h 40’
applausi del pubblico: 3’

Visto a Scandicci (FI), Teatro Studio, il 18 marzo 2009
prima nazionale

 

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