SemiVolanti tra uomo, serpente e un’Africa che non c’è

Valerio Gatto Bonanni - L'uomo e il serpente
Valerio Gatto Bonanni - L'uomo e il serpente
Valerio Gatto Bonanni (photo: Marzia Lami)

Difficile raccontare l’Africa, altrettanto difficile rievocare storie e fiabe nate dal calore di un continente, seppur vicino al nostro, tanto lontano culturalmente. Lo si percepisce ogni volta che si tenta di ricrearne le atmosfere riassumendole in una maschera nera di ebano, con passi di danza afro al ritmo dei tamburi.

“L’uomo e il serpente e altre fiabe africane” è il titolo presentato dal narratore, cantastorie, regista e drammaturgo Valerio Gatto Bonanni della compagnia SemiVolanti.
La scena imita ciò che di africano c’è nella nostra cultura ma, come si legge nella presentazione dello spettacolo, “sono storie che non ci appartengono, che vivono in un’altra cultura”.
Spesso ci si avvicina alla mitologia e alle immagini suggestive della tradizione africana, come ponte per condurre valori e punti di vista verso un mondo che abbiamo rimosso, sotterrato in montagne di false informazioni.

È coraggioso scegliere di narrare favole come quelle africane, così affascinanti eppure dure, spaventose, terrificanti. Non si tratta solamente di studiare una fiaba o una cultura, ma di farle proprie, intimamente, profondamente, per restituirle con forza a chi ascolta. Una scelta ambiziosa e difficile.

L’idea dello spettacolo nasce durante un laboratorio in una scuola elementare. Vedere la reazione dei bambini alle storie di un mondo lontano dal proprio, le immagini create nella fantasia dei piccoli ascoltatori e l’immediatezza dei significati induce il gruppo a realizzare qualcosa che contenga le parole scritte. Il contenitore diventa una scena ricca di suoni, ritmi e atmosfere, che completa ciò che precedentemente era solo narrato ai cuori dei piccoli spettatori.

Due mondi, due continenti. In quello africano i cantastorie impersonano voci di uomini, divinità e animali, mentre il ritmo è uno scatenarsi di vibrazioni che, dalla terra, piano piano spiccano il volo verso toni alti, verso il cielo. Un ritmo che accompagna l’ascolto e non si ferma, non ha il fiatone, non esita.
E la nostra cultura europea, quella del ben fatto, del pulito, del “perbene” cattolico, che mal si accosta alle divinità crudeli e beffarde di cui sono popolate le antiche storie del Continente Nero e su cui lo spettacolo si basa.

Tre le storie presentato da SemiVolanti: la prima racconta il rapporto tra l’uomo e una natura “spirituale”, dove gli animali compiono prodigi e portano messaggi da decifrare; la seconda assomiglia a “Pollicino nero”: undici bambini rifiutati dalla madre affrontano con sfacciataggine i tranelli di spiriti ostili: l’albero della seta, la Signora Morte e il Dio del Cielo vengono ridicolizzati dalla loro magica intelligenza. L’ultima storia narra della sfida che avviene tra un uomo e un leone, e di come l’animale sfidi un intero villaggio pur di catturare proprio quell’uomo.

La scena crea un’atmosfera suggestiva pur essendo semplice, essenziale ed ospitando pochi oggetti: lumini di alluminio, una pila di piccoli barili di plastica, la maschera nera, uno sgabello. Tutto ricorda l’Africa. Si percepisce dietro ogni ombra. L’interpretazione dell’attore, che tiene l’attenzione della platea per un’ora circa, con ironia va a toccare tematiche anche complesse, attraverso tecnica e preparazione sia vocale che fisica. Uno spettacolo nato per il teatro ragazzi dedicato inizialmente all’infanzia, ma che permette una lettura trasversale, a livelli, “come i lungometraggi di animazione” ricorda Valerio Gatto Bonanni. Costruito su tanti piani diversi, “a strati”, anche lo spettatore adulto può trovare una propria traccia, scovando i significati profondi della narrazione. I bambini rimangono affascinati dall’accattivante impianto scenico, gli adulti captano la simbologia nascosta dietro a personaggi ed azioni.

Tuttavia qualcosa s’inceppa. E’ vero che non è necessario dare la traduzione ‘etnica’ delle fiabe narrate. Certo. Ma quando le fiabe trasportano un sentimento, quello verso la natura, grande sovrana di uomini e bestie alla pari, quando la narrazione si fa portavoce di un universo culturale, non si può mostrare solo il significante, si pretende il significato. A teatro il significato molto spesso è trascinato dall’emozione, non dalla sola parola. Soprattutto in uno spettacolo rivolto principalmente ai giovani e giovanissimi.

Il gruppo è solito utilizzare “diversi linguaggi artistici come ingredienti che danno ricchezza e colore: teatro d’attore, danza, performance, burattini, ombre, pantomima, video-arte”. Ma tutto ciò si percepisce – nello spettacolo – ancora come germe, in vista di una possibile crescita di ricerca e sperimentazione che la compagnia ha dimostrato, in precedenti produzioni, di voler intraprendere.
Le tematiche di ogni fiaba arrivano allo spettatore ma ancora non lo penetrano. Ci si aspetta quindi un’evoluzione futura; e nell’attesa si gusta uno spettacolo che nella sua semplicità può affascinare.

In scena anche oggi a Roma, alle 18, a Centrale Preneste (via Alberto da Giussano, 58).

L’UOMO E IL SERPENTE E ALTRE FIABE AFRICANE
progetto, regia e narrazione: Valerio Gatto Bonanni
musiche originali: Jacopo Mosca, Anatole Thane
aiuto regia: Marco Perfetto, Federica Fiorenza
scenografia: Federica Fiorenza
produzione: SemiVolanti in collaborazione con Teatro Valdoca, progetto Officina Valdoca
durata: 60′
applausi del pubblico: 1′

Visto a Roma, Teatro Furio Camillo, il 17 febbraio 2011

0 replies on “SemiVolanti tra uomo, serpente e un’Africa che non c’è”