Nell’occhio, nell’orecchio, nei muscoli tesi. La contemplazione come esercizio necessario a qualunque conoscenza vera, a qualunque innamoramento, a qualunque arte.
Valdoca è uno dei grandi marchi, se ci si passa la licenza poco poetica, del teatro italiano. Un nome riconosciuto, che dal suo esordio nel 1983 a Cesena, ad opera di Cesare Ronconi e Mariangela Gualtieri, ha segnato un modo di fare teatro originale e distinguibile.
I primi due spettacoli “Lo spazio della quiete” (1983) e “Le radici dell’amore” (1984) entrano da subito sulla scena europea. Ben presto l’impegno della Gualtieri come poetessa favorisce l’avvio di una ricerca che trova in “Ruvido umano” (1986) un primo esito e successiva matura espressione nella trilogia “Antenata” (1991/93). Di pari passo prende avvio la scuola di poesia, che coinvolge i maggiori poeti italiani, fra cui Luzi, Fortini, Bigongiari, Conte: un importante lavoro pedagogico con i numerosi giovani allievi attori e una vera e propria scuola nomade che porta a due grandi messe in scena. Da “Ossicine” (1994) e “Fuoco Centrale” (1995) fino a “Nei leoni e nei lupi” (1997), in cui musica dal vivo, canto e danza si intrecciano in un unico indivisibile e tenace.
Poi “Parsifal Piccolo” (1998) e “Parsifal” (1999), prodotti con il festival di Santarcangelo, “Chioma” (2000), studio sulla figura femminile, e tanti altri spettacoli negli anni seguenti, cui si aggiunge il riconoscimento editoriale, nel gennaio 2003, del lavoro della Gualtieri, di cui Einaudi pubblica “Fuoco centrale” e altre poesie per il teatro.
Altra fatica importante è “Paesaggio con fratello rotto”, iniziato nel 2004 e terminato l’anno successivo: una trilogia di cui vengono ripresi frequentemente singoli atti, come di recente a Bergamo in occasione del festival Il centro e la circonferenza. “Misterioso concerto”, del 2006, rinforza alcune scelte di “Paesaggio”, in cui i versi di Mariangela Gualtieri si intrecciano alla musica dal vivo.
L’ultimo biennio 07-09 ha visto Teatro Valdoca impegnato in diversi progetti speciali e laboratori, e in “Notte trasfigurata”, interpretato da uno straordinario Danio Manfredini, debuttato l’anno scorso in occasione del festival Vie a Carpi.
E siamo ad oggi: un oggi che proietta il passato di Valdoca nel futuro, tempo ciclico che torna su se stesso, alla riscrittura de “Lo spazio della quiete”. Una prima parte che richiama la versione originale cui si aggiunge una seconda, creaturale, ed una terza, di poesia. Prossimamente lo si vedrà anche a Volterra, per il festival.
Quando è nato, “Lo Spazio della Quiete” era quasi in completo silenzio, con una scena povera ed essenziale. “Qualcuno dice che nel silenzio si accumula potenza. Noi, senza saperlo, abbiamo scritto lì il nostro alfabeto: abbiamo imparato come abitare la scena, come scriverla. Abbiamo fondato il nostro teatro, la nostra lingua. Lo riprendiamo ora con molta emozione, congiungendo fra passato e presente ciò che siamo. Ciò che amiamo”.
L’amore per questo instancabile sentire ha trovato recente riflesso nel laboratorio teatrale tenuto nei nuovi spazi del Pim Off a Milano, culminato in un piccolo spettacolo per pochi. Una ricerca sulle sensibilità della memoria e sull’essere dell’uomo nelle sue età e nelle sue finzioni.
Abbiamo intervistato Cesare Ronconi. Per un confronto, uno scambio ideale sul limpido senso dell’arte.