La comunità-compagnia-famiglia errante di Pippo Delbono approda al Piccolo Teatro Strehler di Milano con “Vangelo”.
La sala è quasi piena e si avverte la grande aspettativa collettiva. Si sa, Delbono ha creato la sua carriera proprio attraverso esperienze teatrali che non lasciavano indifferenti, un abbandonare la routine per una ricerca in bilico tra autobiografia e storia.
Anche stavolta “Vangelo” è un lavoro corale. E’ stato creato a Zagabria con l’orchestra, il coro, i danzatori e gli attori del Teatro Nazionale Croato insieme agli attori di Delbono.
Il lavoro prende vita dalla suggestione delle musiche composte da Enzo Avitabile e si nutre di alte suggestioni poetiche, ma anche della memoria viva e potente racchiusa nel corpo e nell’anima di attori che hanno attraversato una delle guerre più feroci della nostra storia contemporanea.
Questo punto di partenza è stato poi sconvolto, durante le prove, da un altro dramma contemporaneo: l’arrivo di diecimila persone alla ricerca disperata di una terra promessa.
La precarietà dell’esistenza quotidiana, che il regista ligure porta avanti da anni, si è fusa quindi con l’instabilità per eccellenza, percorrendo quel nodo inestricabile tra arte e vita.
“Vangelo” è così un concentrato di tutto il mondo teatrale di Delbono. La parola convive con la danza, che a sua volta coabita con la musica e le immagini. “Un atto di resistenza alla morte” guidato da un direttore d’orchestra che gioca con gli elementi primari della vita, sezionandoli in più parti per trovarne la bellezza.
Il punto di partenza è ancora una volta la madre che, poco prima di morire, chiede al figlio di realizzare uno spettacolo sul Vangelo come messaggio d’amore necessario. Da lì la messa in moto che ha portato Delbono a filmare, fotografare e conservare nella mente tutto ciò che vedeva in relazione con Dio nei suoi viaggi continui tra Italia, Francia, Romania, Russia e America. Uno scandagliare il mondo alla ricerca di un Creatore, o della sua assenza, anche partendo dalla propria storia personale, dalle recite religiose in parrocchia al suo ruolo di Demonio in un film di Greenaway, fino all’esperienza in ospedale che lo ha portato per dieci giorni a guardare un crocifisso appeso ad un muro bianco.
Poi l’arrivo dei profughi dall’Africa e l’incontro profondo che il regista ha avuto con loro in un centro di accoglienza.
C’è molto disordine nella scena di Delbono, una ricchezza di immagini confuse che pone sempre al centro l’attore sordomuto Bobò, diavolo straordinario nella sua assente presenza.
La scena prevede un muro enorme, mobile, che viene trascinato avanti e indietro riducendo e aumentando, quasi impercettibilmente, lo spazio. All’interno di questa cornice si alternano senza sosta i vari interpreti, dando vita a quadri imponenti di sberleffo o visione quasi sempre estrema rispetto alle Scritture e alla religione.
E’ in particolare la figura di Gesù a esser presa di mira più spesso, ridicolizzata, “esorcizzata” dal peso della Storia.
Ma in tutto questo viene da chiedersi che fine faccia il Vangelo. Sembra perdersi per strada tra scene sconnesse e provocatorie, collegate solo dalla presenza (costante e scontata) del Delbono attore che, sempre interprete di sé stesso, impugna il microfono come lo scettro di un controdio, percorrendo in lungo e in largo la platea del teatro e leggendo il testo conduttore di uno spettacolo che non ha filo conduttore, e in cui il “già visto” diventa elemento davvero troppo ricorrente.
In scena i sacerdoti del teatro sono sempre loro, quei performer che, come Bobò, provengono da spazi emarginati della società e sono da anni le star indiscusse della compagnia: Nelson che era un clochard o Gianluca affetto dalla sindrome di Down, venerato in un quadro come una sorta di Buddha.
Anche il messaggio pare essere sempre lo stesso. Il Vangelo dice “dovreste essere come bambini se desiderate entrare nel regno dei cieli”. Delbono risponde: “Dobbiamo essere come Bobò o Gianluca se desideriamo essere attori”.
Vangelo
uno spettacolo di Pippo Delbono
con Gianluca Ballarè, Bobò, Margherita Clemente, Pippo Delbono, Ilaria Distante, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Alma Prica, Pepe Robledo, Grazia Spinella, Nina Violić, Safi Zakria, Mirta Zečević
con la partecipazione nel film dei rifugiati del centro di accoglienza PIAM di Asti
immagini e film Pippo Delbono
musiche originali digitali per orchestra e coro polifonico Enzo Avitabile
scene Claude Santerre, costumi Antonella Cannarozzi, disegno luci Fabio Sajiz
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Hrvatsko Narodno Kazalište- Zagabria
coproduzione Théâtre Vidy- Lausanne, Maison de la Culture d’Amiens – Centre de Création et de Production, Théâtre de Liège
durata: 1h 40′
applausi del pubblico: 4′ 21”
Visto a Milano, Piccolo Teatro Strehler, l’8 novembre 2016