Variazioni sul modello di Kraepelin. Carnevali insegue la memoria tra affetti e fantasia

Variazioni sul modello di Kraepelin
Variazioni sul modello di Kraepelin
Walter Leonardi, Fabrizio Parenti e Alberto Astorri (photo: Angelo Maggio)

Un tavolo e due sedie, un boschetto di piante da appartamento, una panchina di fronte ad uno schermo bianco. Una scena al limite tra realtà e luogo mentale, un paesaggio psichico fatto di frammenti di ricordo, mischiati tra loro secondo un processo di selezione che non segue la logica, ma l’oblio.

“Variazioni sul modello di Kraepelin” si apre con una musica che si interrompe di botto, come il pensiero di chi non ricorda ciò che stava per dire. Un uomo si sveglia nel cuore della notte, spaventato. “Papà, ho sognato il diavolo”. Un vecchio/bambino si rivolge ad un figlio/padre, in un doloroso ed inarrestabile scambio di ruoli la cui regia la detta una malattia che non viene nominata: l’Alzheimer.

“Ma quanto durerà Sergente?”. “Durerà poco o ancora per molto, non si può sapere” è la diagnosi di Kraepelin, lo specialista.

Un uomo e i suoi fantasmi: un coniglio in umido, il castrato di manzo, l’appendicite, la classe contadina a cui non appartiene, una guerra che non è stata vissuta, una donna che scappa con un soldato, una moglie dedita che non è esistita. La paura della guerra. Che la morte lo venga a prendere. Il figlio ed il medico gli ultimi appigli alla realtà.

In scena c’è il campo semantico di ciò che di una vita si vuole ricordare a tutti i costi, quando la memoria si sta frantumando, quando i ricordi non coincidono più con quello che nella vita è successo veramente.

La vecchiaia, come l’infanzia, diventa veicolo della fantasia. Alle conversazioni tra padre e figlio si alternano quelle con il medico, nella ricerca di affrontare la malattia che incalza. E allora che fare? Registrare un video e mostrarlo al malato perché si riveda, fargli una carezza ogni volta che risponde bene. La malattia si confonde, si nasconde, dietro alle incomprensioni di un padre ed un figlio che forse non si sono mai ascoltati, dietro all’immaginazione di una vita che non si è vissuta realmente.

Il testo, scritto dal giovane drammaturgo Davide Carnevali e vincitore del Premio Riccione “Marisa Fabbri” e del Deutschlandradio Kultur, affronta il dramma di una malattia che oggi colpisce 600 mila casi solo in Italia, investigando nei rapporti tra la famiglia, il malato ed il medico e raccontandone gli aspetti più intimi.

Alberto Astorri, in scena con Walter Leonardi e Fabrizio Parenti, restituisce il delirio progressivo di un vecchio con lo strazio e la tenerezza di un bambino, fino al suo disfacimento, sulle note di “A manner of speaking” nella versione di Nouvelle Vogue.

VARIAZIONI SUL MODELLO DI KRAEPELIN (o IL CAMPO SEMANTICO DEL CONIGLIO IN UMIDO)
di Davide Carnevali
regia: Fabrizio Parenti
con: Walter Leonardi, Alberto Astorri, Fabrizio Parenti
aiuto regia: Katiuscia Magliarisi
scene e costumi: Paola Tintinelli
disegno luci: Germano Comina
durata: 60’
applausi del pubblico: 3’

Visto a Milano, al Teatro Out Off, il 6 ottobre 2010

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