“Immaginatevi dei binari che si perdono all’orizzonte, e un teatro/carro che arriva dinanzi ai vostri occhi da un altro luogo (e forse anche da un altro tempo) con sopra la ‘pazza dea dell’amore'”: descrive così Valter Malosti, nelle note di regia, il binario che, perdendosi all’infinito, ospiterà per tutto lo spettacolo i due protagonisti, ragazzi di vita nei pressi d’una ferrovia, sull’immaginario confine tra periferia pasoliniana ed eternità mitologica.
Anche Malosti si è perso, in una notte tormentata, nella lettura di “Venere e Adone”, tra i più lunghi poemi di Shakespeare, scritto nel 1593, in un periodo in cui i teatri londinesi rimasero chiusi per un’epidemia di peste. Da questa lettura notturna è poi scaturito, in Malosti, un sogno visionario ed ispiratore.
Eccolo quindi trasformarsi in una Venere omosessuale, femminiello dall’accento napoletano, le unghie rosso fuoco e gli occhi bramanti che, in preda alla follia – d’amore e passione – per il giovane Adone (Daniele Trastu), riesce con abilità a mischiare il verso poetico alla parlata popolare, il divino al terreno, un verso shakespeariano a echi di parlata alla De Berardinis, in un’altalena ininterrotta di eccitazione e risentimento: alla ricerca di una conferma d’amore che è senza tempo e sa colpire anche il mondo divino, seppure per tragica fatalità. E se Ovidio aveva descritto i due protagonisti in perfetta sintonia, l’Adone di Shakespeare si ritrae alle attenzioni erotico-affettuose della divinità, dando spazio alla pena d’amore.
Stretti sulla stessa pedana, Venere e Adone calpestano così il medesimo territorio, quello del mito, del sentimento, del dolore: “Dove vai tu ci sarò anch’io” dice la dea. E in quello spazio ristretto, i movimenti che un Adone tenta, riluttante, per sfuggire alle seduzioni di Venere, diventano acrobazie, coreografie che hanno l’inconfondibile impronta di Michela Lucenti, con cui Malosti lavora ormai da anni.
Dall’abile uso della voce del protagonista trasudano i sospiri divini e i ruggiti della lussuria, come quelli del cinghiale che ucciderà Adone nella suggestione di un bacio. E alla stregua, pure, delle attenzioni della ‘sterminatrice d’amore’, preda della propria voluttà, di un’incontrollabile possessione, ma anche della solitudine: Venere ingorda d’amore, mantide religiosa capace d’inghiottire il proprio amato, che tuttavia le preferirà la caccia, trovando la morte.
E proprio la perdita di Adone, la scomparsa della bellezza, partorirà l’anatema più terribile, la vendetta e dunque il mito: per sempre l’amore sarà accompagnato dal dolore.
Lo spettacolo, prodotto nel 2008 dallo Stabile di Torino, è tra i primi appuntamenti che inaugurano un nuovo e moderno spazio della cintura torinese: il Teatro di Rivoli. Gestito da Acti Teatri Indipendenti, compagnia diretta da Beppe Rosso, ospiterà in questa sua prima stagione dal “Synagosyty” di Vacis a narratori come Ascanio Celestini e Marco Baliani, fino al Teatro dell’Elfo con “Happy family”.
Con Malosti, invece, è un tornare alle atmosfere acide e ai colori forti che già aveva rivelato d’amare in “Disco Pigs” e nel suo “Macbeth“, riuscendo a far convivere fascino barocco e minimalismo contemporaneo.
Ma in quest’occasione l’artista dà ancora di più, rivelandosi anche un abilissimo narratore, in grado di destreggiare il lungo monologo non solo con la voce ma con il corpo intero, senza cadute di ritmo o d’attenzione nel pubblico, aiutato da scelte musicali efficaci (da Aphex Twin a Nino Rota fino alla strepitosa chiusura su Prince). È questa la differenza fra lo star seduti a teatro percependo la lentezza dei minuti che (non) passano e il sorprendersi ammaliati all’interno dell’affabulazione. La bravura d’attore, frutto di un accurato lavoro, qui si unisce al sentimento, e il risultato è innegabile, regalando uno spettacolo che non è solo da vedere ma anche da ‘sentire’.
SHAKESPEARE/VENERE E ADONE
di: Valter Malosti
con: Valter Malosti e Daniele Trastu
coreografie: Michela Lucenti
scene: Paolo Baroni
luci: Francesco Dell’Elba
costumi: Marzia Paparini
assistente alla regia: Francesco Visconti
traduzione e ricerca musicale: Valter Malosti
durata: 1 h 07’
applausi del pubblico: 3’ 24”
Visto a Rivoli (TO), Teatro di Rivoli, il 3 febbraio 2009