Il garante di questa rigenerazione in atto si chiama Àlex Rigola, nuovo direttore della Biennale Teatro e del Laboratorio Internazionale che ha visto la presenza (dal 4 al 13 agosto) di cinque maestri come Declan Donnellan, Neil LaBute, Gabriela Carrizo di Peeping Tom, Luca Ronconi, Claudio Tolcachir in permanenza attiva con decine di allievi attori, registi e osservatori.
Incontriamo Rigola a palazzo Ca’ Giustinian, sede storica dell’istituzione pubblica, iniziando il nostro confronto da un’immagine chiara e contemporanea: l’azione umana dello sharing in fuga dal concetto mezzamanica degli ambienti virtuali.
Come potremmo sintetizzare la pratica esperienziale di questi giorni?
L’idea più interessante è quella del “condividere la conoscenza”: non c’è alcun posto al mondo con uno spazio simile dedicato alla riflessione dell’arte scenica insieme ad allievi e professionisti in relazione a riconosciuti maestri. Un tempo nel quale sia possibile lavorare con loro in uno spazio di laboratorio, di prove e non solo per allestire spettacoli o produzioni. Qui stiamo ampliando la conoscenza scenica grazie alla presenza di questi maestri internazionali. Per me è questo: non c’è differenza se uno arriva dalla danza o dal teatro, ciò che si fa sul palcoscenico diventa qualcosa che supera l’espressione artistica. È un riconoscimento, uno specchio della vita.
Direttore, la sua traccia biografica trova sviluppo e crescita a Barcellona in un Paese, la Spagna, apparentemente simile al nostro…
La Spagna e l’Italia sono certamente due paesi dalla vitalità mediterranea simile ma non sono la stessa cosa. Questa opportunità non l’ho mai trovata in Spagna ovvero la possibilità di inventare e creare un campus all’interno di una grande istituzione come la Biennale che si è dimostrata così aperta nel trasformare la sezione teatro in un vero e proprio college. Questo luogo è diventato così una Oxford o una Cambridge dell’arte scenica. Un campus che non è nato a Madrid o a Barcellona ma qui a Venezia, una piccola città di cinquantamila persone che racchiude allo stesso tempo due importanti Università (ndr, Ca’ Foscari e IUAV) e una storia incredibile.
Come mai?
Perché è la città perfetta per la creazione, il perfezionamento e la condivisione. Qui è tutto organico e naturale. Non c’è niente di troppo artificiale, almeno per ciò che mi riguarda. Questa città già esisteva prima di me, prima di noi. Una città di cultura dove per tutto l’anno si può andare, vedere e vivere il mondo dell’arte, del cinema, della scena e molto altro ancora. Incredibile.
Sembra un prezioso momento per la sua vita professionale…
Per me è veramente un regalo. In questo momento ricevo molto dal mondo dell’arte con la consapevolezza che in un secondo tempo sentirò il desiderio di donare io qualcosa agli altri. Tutti questi Maestri sono un regalo, condividono la propria esperienza con me oltreché con i partecipanti. Questo servirà molto ai ragazzi che sono qui. Lo potremo vedere a brevissimo con i frutti che presenteranno durante le prove aperte dei laboratori.
Tra i maestri invitati al Laboratorio Internazionale troviamo Claudio Tolcachir, giovane regista argentino aperto alle contaminazioni in ambienti differenti. Tolcachir porta avanti una linea di creazione artistica indipendente con il suo teatro/appartamento “Timbre4” di Buenos Aires e una linea di stampo più commerciale con allestimenti da duemila persone in Avenida Corrientes. La qualità compositiva di un regista trova sempre riscontri positivi in qualsiasi ambiente di lavoro?
A dirla tutta, lo spettacolo che ho visto a Buenos Aires, in Avenida Corrientes, non mi è assolutamente piaciuto. Claudio Tolcachir, Daniel Veronese e tutti gli altri argentini sono bravissimi a fare teatro indipendente e non quello commerciale. Credo sia meglio lavorare per donare uno spettacolo a duecento o massimo trecento spettatori a sera. Riuscire a fare un teatro di qualità per duemila persone è difficilissimo, una rarità. Per questo servono situazioni incredibilmente speciali. Quindi, preferisco il Tolcachir del Timbre4.
Un contributo PaneAcqua:Arte&Culture in collaborazione con Krapp’s Last Post