E’ raro, nel nostro Paese, trovare una correlazione assoluta fra autore teatrale e attore, tra chi scrive appositamente per lui e chi lo interpreta. Ci sono stati, è vero, esempi illustri: Pirandello per Marta Abba, o in tempi più recenti Testori visitato da Franco Branciaroli, per cui scrisse diversi lavori.
In questa direzione la nostra passione per il teatro contemporaneo ci ha rimandato subito ai brevi testi del drammaturgo siciliano Franco Scaldati (su cui Titivillus ha da poco pubblicato un volume), messi in scena nel corso degli anni da Enzo Vetrano e Stefano Randisi, a cui addirittura in corso d’opera inviava nuovi “pizzini” di testo da inserire nelle recite.
Il Teatro Elfo Puccini di Milano ha voluto meritoriamente rendere omaggio a questo rapporto, dedicandogli una piccola personale composta da “Totò e Vicè” del 1993 e “Ombre Folli” scritto nel 2000.
Di Scaldati, scomparso nel 2011, il duo siciliano, confermando l’assoluta simbiosi con lui, aveva già messo in scena anche “Assassina” una delle sue prime opere, del 1984.
Sia in “Assassina” che in “Totò e Vicè” protagonisti sono personaggi assai bizzarri: nel primo un omino e una vecchietta, nel secondo due angeli-barboni su cui aleggia lo spirito di Samuel Beckett, ma tutti e due imbevuti dello spirito siciliano dell’autore, della sua magnifica lingua che ritroviamo intatta, semmai ancor più forte ed espressiva, in “Ombre folli”.
Nello spettacolo vengono racchiusi tre piccoli pezzi: “Creatore d’ombre”, “Creature e Travestimenti” e “Sabella”; i protagonisti sono molteplici, tutti intervistati sul campo da Scaldati per riportarne le viscere.
Entrando in sala vediamo sul palcoscenico Stefano Randisi battere sulla sua macchina da scrivere. E’ lo stesso drammaturgo per interposta persona ad essere in scena, e il rumore – che viene amplificato – è prodotto da una Lettera 22 appartenuta proprio al drammaturgo siciliano.
Ecco poi che, come nei “Sei personaggi in cerca d’autore” di Pirandello, altro autore amatissimo dai due attori, il testo si materializza. E’ una specie di Casa degli Spiriti quella che abbiamo davanti, in cui scrittura, immaginazione, realtà e sogno si intersecano tra loro in una specie di cimitero, che piccole faci illuminano, rompendo il buio che domina la scena.
Appare Sabella, la prostituta che si vende in mezzo alla strada, personaggio che Scaldati svilupperà poi in un testo autonomo, personaggio che probabilmente l’autore conobbe all’Albergheria, zona difficile di Palermo in cui Scaldati teneva negli ultimi tempi laboratori, coinvolgendo gente del luogo.
E poi un’altra ombra, lui che la notte si traveste per regalare con la sua bocca una fugace felicità ad altri maschi. Una ebbrezza peccaminosa che non può essere tollerata, per questo è necessario uccidere i suoi avventori, per non essere svergognato davanti a tutti. E’ un’uccisione preparata come un sacrificio umano, quasi un rito, dove il corpo viene seppellito con tutti gli onori. Ma poi c’è l’altro, che, scoperta quella doppia vita, lo forza alla redenzione e ne accompagna il cammino verso la vecchiaia.
Sono storie struggenti espresse nella bellissima lingua ancestrale di Scaldati che, di volta in volta, i due attori traducono a vicenda per il pubblico, in un alternarsi di visioni, di ombre che si fanno carne, di spiragli di luce che illuminano le tenebre di ogni giorno. Ombre che ci restituiscono immagini sempre vivide e contrastanti: amore e desiderio, vergogna e redenzione, inferno e paradiso, che Vetrano e Randisi ci rimandano con pura delicatezza abbagliante.
Ombre folli
di Franco Scaldati
regia e interpretazione Enzo Vetrano e Stefano Randisi
video e luci Antonio Rinaldi
produzione Cooperativa Le Tre Corde – Compagnia Vetrano/Randisi
Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 13 aprile 2019