Ospitate all’interno del Festival Ammutinamenti a Ravenna, le tre giornate di danza e scambi del network Anticorpi XL
Siamo tornati, come ogni anno, a raccontarvi la Vetrina della Giovane Danza d’Autore, uno degli eventi più rappresentativi del Festival Ammutinamenti, che si è svolta dal 15 al 17 settembre a Ravenna. Assai importante e ricca di nuovi stimoli, la Vetrina accoglie giovani autori e autrici provenienti da tutta Italia, selezionati tramite un bando nazionale dai 38 partner del network Anticorpi XL, rete italiana dedicata alla promozione della giovane danza d’autore, dislocati in 15 regioni del nostro Paese.
Ventiquattro i giovani artisti selezionati per questa edizione, che si sono esibiti in 14 performance e che sono stati anche coinvolti, da maggio a settembre, in un percorso di accompagnamento sviluppato attraverso un ciclo di incontri online durante i quali professionisti e professioniste del settore hanno condiviso con loro strumenti e nozioni utili a orientarsi e districarsi tra gli aspetti amministrativi, organizzativo-gestionali e tecnici, della produzione e della circuitazione: un tempo e uno spazio a loro dedicato per affrontare al meglio il percorso autoriale futuro.
Ad accompagnare queste giornate di spettacolo anche gli “Attraversamenti” curati da Maurizio Lupinelli ed Elisa Pol, che hanno visto come protagonisti in scena alcuni degli autori e autrici della Vetrina e di Nuove Traiettorie (l’azione formativa del Network Anticorpi XL caratterizzata da lezioni, incontri, confronti, scambio pratiche e visione di spettacoli che quest’anno porta a Ravenna nove giovani autori e autrici provenienti da tutta Italia), accanto ai partecipanti del Laboratorio permanente.
Vi è stata anche la significativa presentazione del volume “Anticorpi per la danza – Quattro anni di azioni per la promozione della giovane danza d’autore | 2018-2021”, che racchiude i dati e l’analisi del monitoraggio sottoposto agli artisti e alle artiste che, attraverso le progettualità del network, hanno attraversato l’ultimo quadriennio di attività, mettendo in risalto valori e bisogni della giovane danza d’autore.
A completare il programma di Ammutinamenti, i “Training Days”, percorso formativo rivolto a ragazzi e ragazze tra i 17 e i 23 anni che desiderano vivere un’esperienza nell’ambito dello spettacolo dal vivo e scoprire il dietro le quinte di un festival dall’esperienza pluriennale.
Ed eccoci agli esiti delle otto performance che più ci hanno coinvolto e interessato.
Già dalla prima giornata il nostro sguardo è stato particolarmente attratto da tre creazioni assai diverse fra loro, tutte di buona qualità interpretativa e feconde di belle suggestioni.
Il personaggio scespiriano di Ofelia, per esempio, è indagato da Giada Vailati, facendosi accompagnare dalle ossessive e confacenti musiche di Francesco Sacco, in “Questo è il mio corpo… un’altra Ofelia”.
La giovane, artista attraverso la sua corporeità, che in scena rimanda a quella sacrificata e sacrificale della figlia di Polonio, si getta a capofitto in un movimento risolto in passi semplici, ripetuti con dinamica crescente che, nel medesimo tempo, risultano essere costrizione e liberazione, desiderio di vita e di morte.
Solo alla fine l’acqua pare avere la sua completa vittoria ed il corpo di Ofelia si acquieta lasciandosi andare nel sonno della morte. Saremo molto curiosi di vedere il proseguimento della performance.
Di particolare risalto anche il successivo “Ordinary people” di Marco di Nardo e Juan Tirado, dove i due corpi dei performer si intrecciano e si disintrecciano in un gioco opposto di azioni che seguiamo senza mai distogliere lo sguardo attraverso una danza di livello, pur con qualche eccessivo compiacimento che ne stempera l’intensità.
In scena vediamo due corpi che si attraggono e che si oppongono continuamente, ricreando tutti i riverberi emotivi che tale condizione suggerisce.
Assolutamente coinvolgente e pieno di possibilità per ricreare un teatro di assoluta pregnanza, pur nella mancanza oggettiva di corrispondenze attorali, ci è parso il terzo progetto della prima giornata, “Oscilla” di Simone Arganini, che in scena si muove immergendosi nei suoni dei sensori che marchiano il suo corpo, azionati in tempo reale.
Il corpo risuonante di Arganini così dialoga sia con la musica live di Daniele Fabris sia con le luci e vjing di Amerigo Piana. L’incontro dei tre artisti riesce a formare in questo modo uno spazio scenico di grande suggestione creativa, dove i tre linguaggi si incontrano e si scontrano, creando effetti veramente corroboranti per il “sentire” dello spettatore. L’utilizzo – di per sé anaffettivo – della tecnologia riesce così a diventare in modo perfetto la metafora del rapporto che ognuno di noi ha con sé stesso, con gli altri e con il mondo che ci circonda.
Nella seconda giornata della vetrina ci sono particolarmente piaciuti “All you need is” e “Tracce looking for a place to die”.
“All you need is” di Emanuele Rosa e Maria Focaraccio, in scena con Armando Rossi, esplora gioiosamente tutte le possibilità dei rapporti umani. Sulle note di una famosa composizione di John Surman assistiamo a una danza a tre, fatta di continui incastri, equilibri e interconnessione fisica, in cui tutte le relazioni possibili tra due esseri maschili e uno femminile possono essere declinati.
La performance rappresenta il secondo capitolo della ricerca intrapresa dai due autori con “How to _ just another Boléro”, che già avevamo molto apprezzato in una precedente edizione della Vetrina sul tema della condivisione degli affetti e delle relazioni umane.
Il secondo trio, “Tracce looking for a place to die” di e con Sara Capanna, Barbara Carulli e Michele Scappa, forse il progetto più fervido di riverberi emotivi a cui abbiamo assistito a Ravenna, è un intenso omaggio al palcoscenico come luogo dell’incanto, concepito sulle musiche originali di Joaquín Nahuel Cornejo.
Il palcoscenico diventa infatti il momento magico del respiro, in cui la danza si intromette in un gioco coreografico di luce e buio, e dove corpo e ombra si rincorrono continuamente. I tre performer ci giocano instancabilmente, entrando e uscendo dagli spazi così creati, per mezzo di una danza coinvolgente e ricca di rimandi proficui per lo spettatore.
Eccoci poi nel bellissimo spazio della Fondazione Sabe per “Fitting” di Nicholas Baffoni, in scena con Camilla Perugini.
“Fitting”, pur attraverso la metafora abusatissima delle scarpe, racconta una storia di relazioni che piano piano si fanno presenti sulla scena e che la danza porge in modo confacente nella sua estrema semplicità.
Un po’ amara di fervido interesse invece l’ultima serata al Teatro Rasi, illuminata in qualche modo solo da “Wannabe”, la prima collaborazione tra la coreografa Fabritia D’Intino e il musicista Federico Scettri.
Per mezzo della musica sul palco si proietta l’immaginario della televisione, delle discoteche e dei videoclip. Fabritia D’Intino vi si immerge con movimenti ossessivi, sempre di schiena e con la schiena, indossando un costume dalle fattezze animalesche.
Il corpo femminile si spoglia così deliberatamente, “in un viaggio fisico di riconoscimento e liberazione da alcuni dei codici che ci appartengono e lo identificano”.
All’aria aperta sulla darsena, Camilla Neri, Martina Piazzi, Francesca Pizzagalli e Bianca Berger ci proiettano invece in un progetto coreografico e musicale ispirato al curioso fenomeno della Para Para e dell’Eurobeat, diffusosi negli anni ‘90 nei club di Tokyo, coinvolgendoci in modo frenetico e vitalissimo. La Para Para è infatti uno stile di danza molto frenetico, caratterizzato da un’estetica coloratissima e gesti iper-dinamici.
Il metodo sviluppato dal collettivo si manifesta nella costruzione di un database di coreografie ricavate da video-tutorial, studiate dalle danzatrici individualmente seguendo una scaletta comune. Il progetto prende forma adattando le sequenze coreografiche dell’epoca alla musica originale scritta da Alberto Ricca/Bienoise. Testimone dell’evento, non certo silenziosa, è poi un’automobile da tuning che suona dell’Eurobeat a volume altissimo.
A concludere la Vetrina è Natalia Casorati, direttrice artistica di Mosaico Danza e del festival Interplay di Torino, che ha annunciato il vincitore di CollaborAction XL, progetto che seleziona e sostiene l’idea coreografica di un/a coreografo/a emergente che si distingua nel panorama nazionale degli ultimi anni per la qualità artistica del proprio percorso autoriale. Il vincitore di quest’anno è risultato Jacopo Jenna.
Oltre a un importante sostegno economico da investire nella creazione, CollaborAction offre diversi strumenti di supporto allo sviluppo del progetto, dalle residenze creative che prevedono non solo la messa a disposizione di spazi prove, ma anche momenti di feedback con operatori, un accompagnamento durante le diverse fasi di ricerca e allestimento, fino alla realizzazione di una tournée nazionale dello spettacolo presso rassegne, festival e stagioni dei partner aderenti all’azione.