Perché uno speciale sugli Ubu?
E perché no?, mi verrebbe da rispondere, potendo essere l’ipotetica e più consolidata obiezione a questa nostra scelta quella, da alcuni avanzata, secondo cui il premio Ubu rappresenterebbe una visione parziale degli equilibri artistici esistenti nel panorama della cultura teatrale italiana.
Sicché, quale che sia la posizione personale di chi scrive, ci si troverebbe ad esprimere dissenso o accondiscendenza rispetto ad un istituto culturale, iniettando stucchevoli argomentazioni sulla rappresentatività o meno del medesimo: proprio come quelle che abbondano in tempi di Sanremo.
E proprio questo sacro confronto fa capire la differenza: perché, piaccia o non piaccia, sicuramente Sant’Ubu non sta al teatro come San Remo sta alla musica leggera.
Perchè Ubu è, a tutt’oggi, un osservatorio, certamente e ovviamente parziale (come ogni punto di vista umano, anche collettivo), ma anche un riconoscimento che può essere snobbato, maledetto, ma quando arriva…
La soddisfazione per gli anni di lavoro degli amici di Drodesera, o dei giovanissimi di Pathosformel, il senso del gruppo di chi ha vinto i premi come singolo, come la Musy o Pierobon, la libertà di scherzare di tutti e di ciascuno, sotto l’occhio burbero ma divertito del patron Quadri. Perchè molti avrebbero voluto essere spettatori di quanto successo quella sera e non hanno potuto, essendo da qualche altra parte.
Lo strumento che abbiamo a disposizione, il combo internet-video, nella nostra intenzione è un mezzo di democrazia geografica, che può dare, a chi non c’era, la possibilità di curiosare ed essere in qualche modo presente.
Questo vale per la cerimonia degli Ubu così come per altre importanti iniziative, dai convegni ai grandi festival nazionali ed esteri: perchè ogni luogo sa e può essere teatro. Ed è una delle operazioni che ci piace portare avanti.
Eravamo lì, con la nostra telecamera dalle poche pretese e con il nostro punto di vista. Parziale, senz’altro, ma con la volontà di cogliere l’atmosfera di una festa che, come le immagini chiariscono, può non essere un momento per pochi. E’ uno spazio libero, aperto a tutti, alle centinaia di persone che fanno del teatro la vita di tutti i giorni, l’impegno, la fatica: c’è chi riuscirà l’anno prossimo, chi non riuscirà mai maledicendo le donne, il tempo ed il governo.
Chi vorrà potrà gettare uno sguardo (curioso, irriverente, partecipe, arrabbiato…) alla ricerca di un’emozione o della fatica premiata, per sentire cosa aveva da dire chi ha vinto o chi, “sconfitto”, era comunque lì. Per la gente, il lavoro, la passione di una vita.
Domenica prossima proporremo un secondo round, a cui seguiranno altre interviste a singoli artisti. Perché tutto può essere teatro, prima, dopo e oltre la scena. Sarebbe stato meglio non esserci? E perché?