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Vie 2019: Claudio Longhi firma la XIV edizione del festival

El bramido de Düsseldorf (photo: ERT)|Menelao di Teatrino Giullare

El bramido de Düsseldorf (photo: ERT)|Menelao di Teatrino Giullare

Il Vie Festival, organizzato da quattordici anni da Emilia Romagna Teatro, è sempre stata una ghiotta occasione per assistere, oltre che a prelibate anteprime italiane, anche e soprattutto al meglio della nuova drammaturgia internazionale, non solo europea. Così avviene anche quest’anno con la nuova direzione di Claudio Longhi.
Ne abbiamo avuto ottima prova durante il primo week end della manifestazione, a inizio marzo, in cui abbiamo assistito, facendo spola tra Bologna e Modena, a quattro spettacoli assai rimarchevoli.

Iniziamo da quello che ci ha più entusiasmato, “El bramido de Düsseldorf”, del giovane regista e drammaturgo franco-uruguaiano Sergio Blanco.
In scena Gustavo Saffores, Walter Rey e Soledad Frugone, come se dovessero affrontare un vero e proprio – gioioso – concerto rock, affrontano invece, in modo apparentemente ondivago e sempre sfuggente, il tema della morte, mettendo in scena a più voci la dipartita del padre di un autore teatrale, forse lo stesso Blanco, in una clinica di Düsseldorf, città nota soprattutto ai cinefili perché Fritz Lang vi ambientò il suo capolavoro “M – Il mostro di Düsseldorf”, ispirato alle orrende vicende di Peter Kürten, il serial killer tedesco dell’inizio del XX secolo, autore di centinaia di omicidi.

Perché il nostro protagonista si trova qua? Le opzioni sono molteplici: per partecipare forse all’inaugurazione di una mostra su Kürten per la quale ha scritto un catalogo? O per firmare un contratto come sceneggiatore di film porno? O forse ancora per convertirsi al giudaismo nella famosa sinagoga di quella città?
In ogni momento dello spettacolo, attraverso un gioco teatrale semplicissimo ma raffinato, in cui nulla è certo se non la morte, le tre ipotesi si elidono una con l’altra in una sequela di bugie che intortano ogni volta lo spettatore, sino al confronto dello stesso regista con la madre di un ragazzo che si è ucciso per aver letto un suo copione. La donna gli chiede, per riguardo al suo dolore, di non mettere in scena quel testo; l’uomo acconsentirà, ma ancora una volta ingannando chi gli sta davanti.

Lo spettacolo è un continuo gioco di finzione nella finzione, che pian piano conduce lo spettatore nei meandri del tema principale, apparentemente sempre lontano eppure presente, che si intreccia indelebilmente con i limiti e la potenza dell’arte e del teatro, armi che potrebbero sembrare fragili nella loro evanescenza ma che non hanno bisogno di spiegazioni per entrare di petto nel cuore della realtà, così da restituircene i più sottili segreti e suggestioni.

“Imitation of Life”, dell’ungherese Kornél Mundruczó, risulta invece essere uno sguardo impietoso sulla società del Paese dell’autore, intrisa di razzismo e discriminazione.
Si apre con una straziante confessione in video di una donna Rom, la bravissima Lili Monori, davanti a un ufficiale giudiziario, arrivato per sfrattarla dal suo appartamento a Budapest. Ma l’uomo sarà costretto poco per volta a cambiare atteggiamento, porgendole pietoso aiuto.
Verremo poi a sapere che il marito della donna è morto e che il figlio, cresciuto in una famiglia di cui disprezzava le origini, non vuole in alcun modo assomigliare a nessuno dei suoi genitori, decidendo di cambiare la propria fisionomia e i suoi capelli in dispregio di sé stesso.
La donna morirà, ma una nuova affittuaria sarà già pronta ad occupare quel misero appartamento che, in una scena mozzafiato, comincerà a girare su sé stesso, distruggendo apparentemente tutto quello che apparteneva alla defunta.
Il finale tragicamente aperto dello spettacolo, in cui il figlio ritorna nella nuova casa, ora occupata da un’estranea, a cercare la madre, rimanda ad un fatto realmente accaduto, un violento crimine avvenuto a Budapest nel 2015.

Passiamo poi in Francia con la compagnia “The Wild Donkeys” di Serge Nicolaï e Olivia Corsini, interpreti storici del Théâtre du Soleil di Ariane Mnouchkine, che mettono in scena “A Bergman Affair” tratto da “Conversazioni private”, un romanzo dell’amatissimo regista cinematografico svedese.
Protagonista è una donna, Anna, con tre figli e un marito che non ama più. In scena esprime tutti i suoi più intimi desideri, le sue frustrazioni e i suoi stati d’animo al marito, all’amante e al suo padre spirituale, tutti pastori di anime. Motiva così al marito il suo amore ormai stanco, all’amante il suo amore carnale, i dubbi e i desideri al suo padre spirituale.
I quattro personaggi, nel momento in cui esprimono apertamente le loro passioni, come avviene nel Bunraku, il nobile teatro di figura giapponese, sono mossi da una specie di “manipolatore”, una figura altra che in una sorta di balletto li spinge a confessarsi uno con l’altro.
Ogni pensiero delle quattro anime viene quindi esposto come in una specie di radiografia al pubblico.
Forse, nello spettacolo, non riusciamo completamente a ravvisare i temi tanto cari a Bergman, sappiamo comunque che i modi della rappresentazione rimandano al suo cinema e lo spettacolo si fa amare soprattutto per l’eccezionale resa di tutti gli interpreti, e nella scarnificazione del linguaggio teatrale in cui le parole, sussurrate, gridate e sviscerate escono dai corpi per raccontarci i più intimi pensieri dell’essere umano.

Menelao di Teatrino Giullare, in prima assoluta

A chiudere questo nostro percorso nel primo week end di Vie è una compagnia italiana, Teatrino Giullare, che da anni prosegue un suo teatro delle figure che ha fatto del “rapporto tra umano ed artificio” il proprio terreno di ricerca, visitando testi di autori come Beckett, Pinter, Koltes, Bernhard, Jelinek, Scabia
Qui affrontano un bel testo del giovane drammaturgo Davide Carnevali, che rielabora in chiave contemporanea il mito degli Atridi, mettendo al centro la figura di Menelao, facendolo eroe del sentire contemporaneo. Una specie di Amleto insoddisfatto del suo essere, che dovrebbe essere felice per aver vinto una guerra durata dieci anni, per aver sposato la donna più bella del mondo, eppure viene visto sempre dagli altri in secondo piano: i veri eroi sono sempre altri.
E’ per questo che chiede a un novello Rapsodo di scrivergli una nuova storia, ricevendone un netto rifiuto.
Davanti agli dei che circondano la scena, capitanati da Zeus che dialoga con la figlia Atena uscita dalla sua testa, dove le tre Moire non riescono in alcun modo a tagliare il filo della vita che Menelao vorrebbe reciso, si consuma il dramma del povero marito di Elena, fratello di Agamennone, anch’egli in scena uscito inaspettatamente da un libro.
Tra tragedia e opportuni slanci ironici, Giulia Dall’Ongaro ed Enrico Deotti si misurano in carne e ossa con le loro creature di varie fatture e grandezza, che animano in un continuo scambio di ruoli, su un palcoscenico diviso su più piani. Non sappiamo se Menelao alla fine riuscirà ad uccidersi, ma forse si renderà conto che oggi non si può più essere nello stesso tempo uomo ed eroe.

Vie prosegue con la sua programmazione fino al 10 marzo presentando performance di artisti stranieri ma anche italiani come Kepler-452, Fanny & Alexander e la Compagnia Scimone Sframeli conSei

El bramido de Düsseldorf
testo e regia Sergio Blanco
perfomers Gustavo Saffores, Walter Rey e Soledad Frugone
video art Miguel Grompone
allestimento, costumi e luci Laura Leifert e Sebastián Marrero
design del suono Fernando Tato Castro
preparazione vocale Sara Sabah
preparazione al basso Nicolás Román
comunicazione e stampa Valeria Piana
immagine di copertina Rubén Lartigue
graphic design Augusto Giovanetti
fotografia Narí Aharonián
assistente alla regia Juan Martín Scabino
assistente alla produzione Danila Mazzarelli
produzione e distribuzione Matilde López Espasandín

durata 1 ora e 40 minuti
prima nazionale

 

 

Imitation of Life
regia Kornél Mundruczó / Proton Theatre
interpreti Lili Monori, Roland Rába, Annamária Láng, Zsombor Jéger, Dáriusz Kozma
scena Márton Ágh
costumi Márton Ágh, Melinda Domán
luci András Éltető
scritto da Kata Wéber
drammaturgia Soma Boronkay
musica Asher Goldschmidt
assistente alla regia Anna Fehér
producer Dóra Büki
production manager Zsófia Csató
produzione Wiener Festwochen, Vienna, Austria; Theater Oberhausen, Germania; La Rose Des Vents, Lille, Francia; Maillon, Théâtre De Strasbourg / Scène Européenne, Francia; Trafó House Of Contemporary Arts, Budapest, Ungheria; Hau Hebbel Am Ufer, Berlin, Germania; Hellerau – European Center For The Arts, Dresden, Germania; Wiesbaden Biennale, Germania

durata 1 ora e 40 minuti
prima nazionale

 

 

A Bergman Affair
da “Conversazioni Private”, un romanzo di Ingmar Bergman
un progetto di Olivia Corsini e Serge Nicolai
regia Serge Nicolaï
collaborazione artistica Gaia Saitta
con Olivia Corsini, Gérard Hardy, Andrea Romano, Stephen Szekely e Serge Nicolaï
drammaturgia Serge Nicolaï, Clément Camar-Mercier e Sandrine Raynal Paillet
scenografia Serge Nicolaï
creazione luci Marco Giusti, Elsa Revol
creazione suono Emanuele Pontecorvo
direzione tecnica Giuliana Rienzi
amministrazione Eric Favre
distribuzione Valentina Bertolino
produzione Cie The Wild Donkeys, FZ Produçoes
con la collaborazione di Porto Alegre em Cena Festival, Brasile
e Les Subsistances – Lyon France, La Corte Ospitale – Italia, Il Funaro Centro Culturale – Italia, L’Aria Corsica. Nell’ambito di “Bergman100 – Ingmar Bergman Foundation”

durata 1 ora e 30 minuti
prima nazionale

 

 

Menelao
testo di Davide Carnevali
uno spettacolo costruito, interpretato e diretto da Teatrino Giullare
luci Francesca Ida Zarpellon
si ringrazia Gianluca Vigone
una coproduzione Emilia Romagna Teatro Fondazione e Teatrino Giullare
con il sostegno di Regione Emilia-Romagna

durata 1 ora e 15 minuti
prima assoluta

 

 

Visti a Bologna e Modena, Vie Festival, tra l’1 e il 3 marzo 2019

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