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In volo precario fra la gente di Monticchiello

Volo Precario
Volo Precario
Volo Precario (photo: teatropovero.it)

“C’è crisi! Dappertutto si dice così. E lo leggo sui visi” canta Bugo, e Monticchiello certo non smentisce il cantautore. Dico questo a ragion veduta, poiché l’autodramma popolare, absit iniuria verbis, vede l’intero paese confrontarsi in questa edizione col suddetto tema. E nell’affrontare la delicata questione tradisce piccoli limiti che restituiscono una messinscena di minor impatto rispetto alle ultime edizioni.
D’accordo, per parlare di Monticchiello si deve mettere in secondo piano tutto quello che abbiamo visto in altri contesti, festival, stagioni e affini; si devono tenere presenti le particolari caratteristiche del luogo e degli attori, e per questa ragione occorre cautela. Ma dal momento che un palco e degli attori ci sono – non professionisti, certo – si possono anche azzardare paragoni, annotare confronti e sottolineare certe scelte che diminuiscono quell’alone di magia, quell’alchimia popolare che da sempre caratterizza l’evento.

Monticchiello infatti, con il suo Teatro Povero, rappresenta un caso unico in Italia che resiste al passare degli anni.
Gli abitanti del piccolo centro, attraverso una particolare forma di rappresentazione scenica, hanno trovato il modo di caratterizzare un luogo che, se non fosse per l’evento, sarebbe conosciuto solo per la sua vicinanza a Pienza, la città di Pio II, Enea Silvio Piccolomini.

La tematica affrontata in questo 2010, che già aveva fatto capolino nella scorsa edizione, è dunque la crisi, ed è simboleggiata qui dal volo precario di una farfalla. Stavolta, però, la materia è affrontata in modo più diretto, e analizzata dal punto di vista dei giovani. Non manca, come tradizione vuole, il rimando – se pure forzato – ai tragici fatti che nel febbraio 1952 insanguinarono la campagna circostante. Tali vicende di lotta e resistenza vanno ad assumere un ruolo di raffronto rispetto alle attuali problematiche della perdita dei posti di lavoro, dell’assenza di politiche sociali e di un linguaggio mediatico che tutto distorce a favore del mantenimento dei privilegi di pochi, nell’emergere di una modernità invasiva, sottolineata in scena da telefonini, sms e portatili che navigano il mare magnum internettiano.

Un gruppo di giovani, uomini e donne, alle prese con colloqui di lavoro, concorsi a perdere e contratti a tempo determinato, cerca una via d’uscita al tremendo momento barcamenandosi fra idee risolutive, nella ricerca di un’analisi oggettiva e chiara dei “fatti”. Il Potere è rappresentato nella messinscena da cinque strani personaggi, i Corvi, che stanno seduti su scranni ai bordi del palco: il Cavalier Katerpillar, il Grande Inventore, il Clown Bianco, il Commendator Tascapane e Mister Spoletta, riuscite ed ironiche personificazioni caratterizzate dall’uso di un linguaggio mistificante che ben testimonia l’attuale situazione contemporanea, in un gioco di rimandi politici e massmediatici che sottolinea lo scollamento tra politica e realtà.
Simbolo di salvezza è un vecchietto, un apolide senza nome, che parla pochissimo preferendo invece ridacchiare: costruisce giocattoli di legno, uno dei quali, un piccolo elicottero fatto con le assi delle botti, diverrà l’arma per arginare la deriva.
Come da tradizione, tutti gli abitanti del luogo sono chiamati in scena, dai bambini di pochi anni fino agli anziani. Così vuole l’autodramma e così la tradizione resiste.
Monticchiello nell’insieme non perde ad ogni modo il suo fascino, in un’atmosfera sana e popolare così lontana dai luoghi di teatro che siamo soliti frequentare, e nonostante un testo meno efficace ed incisivo, che troppo vuole dire e dichiarare. I momenti più coinvolgenti e riusciti risultano così essere quelli ironici e parodistici, in cui risalta tutto lo spirito popolare toscano, irriverente e distaccato.

VOLO PRECARIO
Autodramma della gente di Monticchiello
regia: Andrea Cresti
durata: 1h 12’
applausi del pubblico: 3’ 5’’

Visto a Monticchiello (SI) il 4 agosto 2010

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