War di Jetse Batelaan e il meritato Leone a Venezia

War (photo: labiennale.org)
War (photo: labiennale.org)

Jetse Batelaan con il Theater Artemis porta alla Biennale di Venezia due lavori destinati ad un pubblico di ragazzi: “The story of the story” e “War”, con cui si aggiudica il Leone d’Argento (ne avevamo parlato ne “I Leoni per il Teatro 2019“).

“War”, per dirla con una battuta di un protagonista, è “uno spettacolo dal titolo corto con un grande tema”, la guerra, appunto.
Attraverso un elenco numerato di possibili battaglie, azioni o situazioni che si possono verificare al fronte, tre soldati cercano di raccontare al giovane pubblico il significato di questa parola, tutt’oggi frequentissima sulle labbra dei giornalisti.

Il confine tra raccontare la guerra e giocarla, divenendo essi stessi bambini che si relazionano direttamente col pubblico, è sottilissimo. Gli spettatori sono continuamente invitati a partecipare all’azione provocando il rumore della battaglia, diventandone i protagonisti, mentre i soldati, che dovrebbero rappresentare la forza, il coraggio e l’integrità, cercano di fuggire terrorizzati dalla scena. È un ribaltamento totale: sono gli adulti ad avere paura dei bambini, è il pubblico a guadagnare la ribalta.

La quarta parete è continuamente sfondata: non solo interazioni con la platea, ma anche richieste dirette alla regia, accensione delle luci di sala, sovvertono ogni legame col teatro classico. Di classico resta solo il palco del Teatro Goldoni di Venezia, a ricordarci che è uno spettacolo e non (solo) un gioco collettivo.

Mentre salta la numerazione progressiva delle battaglie, salta anche il mero riferimento al mondo bellico, e ad essere menzionate come lotte sono azioni comuni: ballare, pattinare, giocare. Esistono diversi tipi di guerra ed è saggio parlarne ai più piccoli, perché possano sentirsi meno soli nel loro percorso di crescita.
Nell’infanzia e nell’adolescenza – non di meno nell’età adulta – talvolta gesti semplicissimi possono rappresentare un’enorme e dolorosa sfida, come quando tutti si aspettano che tu sappia giocare a calcio solo perché sei maschio e sei terrorizzato dal deludere le aspettative, ma anche dalla derisione che seguirà al tuo fallimento, per esempio.

Nonostante una cifra macchiettistica, magistralmente sostenuta dagli attori, che riescono a non andare mai sopra le righe, lavorando con freschezza su una ingenuità tipicamente infantile, lo spettacolo è stratificato di senso. Un senso che offre interpretazioni più profonde, aprendosi al ventaglio anagrafico che tocca i più piccini, ma anche gli adulti. La risata che nasce dalle baruffe e dagli inciampi dei tre sgangherati soldati è solo il primo schermo di una visione sul tema che è profonda e lucidissima. Tanto che il titolo di una delle ultime battaglie è “Pace”. Rifacendosi alla logica genuina dei bimbi, viene da chiedersi: perché dobbiamo attraversare la guerra per fare la pace? Perché inneggiare alla pace, se poi siamo noi a produrre quelle armi che andranno nei paesi in guerra?

Nell’intelligentissima operazione di ribaltamento (dei ruoli, dei temi, del teatro stesso), Batelaan apre lo spettacolo con un lunghissimo momento di incanto, che costituirebbe la riflessione finale sul tema – ma giustamente renderebbe la pièce troppo malinconica se posto al suo termine.
Il palco, sommerso di oggetti di ogni sorta, abbandonati alla rinfusa come in una vecchia soffitta abitata da fantasmi, lentamente prende vita da sé. Piccoli movimenti innescati dalla regia azionano un effetto domino, per cui l’ammasso di cianfrusaglie si anima: non sono solo oggetti che cascano, ma l’artista, con un meticoloso lavoro di apparente disordine, cesella un dispositivo che inizia una sorta di danza. Ferraglie varie, aste, legni, wc, corde, ventilatori, mobili rotti, roll dei supermercati: un teatro degli oggetti, una drammaturgia di materiali che scrive una storia. Solo le cose resistono alla guerra e sopravvivono perfino a chi le ha possedute: nei cumuli di macerie che restano nelle città bombardate, gli oggetti conservano la memoria dei loro proprietari, benché non li rappresentino più.
Batelaan, invece, nel suo sottile lavoro di sovvertimento, infonde un’anima a tutti questi oggetti orfani: reagiscono, si muovono, si ribellano al loro abbandono, ricordandoci la tristezza del non esser(ci) più.

WAR
di Jetse Batelaan, Theater Artemis
regia Jetse Batelaan
con Martin Hofstra, Tjebbe Roelofs, Willemijn Zevenhuijzen
scenografia Wikke van Houwelingen, Marloes van der Hoek
costumi Liesbet Swings
effetti speciali Dik Beets
tecnica Marq Claessens, Marieke Smits
leadership di produzione Klaas Tops
con il sostegno di Dutch Performing Arts Fund NL
età consigliata: 6+

durata: 50’
applausi del pubblico: 3’ 10’’

Visto a Venezia, Teatro Goldoni, il 24 luglio 2019
Prima italiana

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