A Fabbrica Europa la performance firmata da Brandon Lagaert
È iniziata l’8 settembre la XXX edizione del festival Fabbrica Europa e proseguirà fino al 12 ottobre a Firenze, con numerosi appuntamenti tra danza, musica e arti performative.
Con la partecipazione di artisti consolidati e nuovi talenti, questa edizione mette in evidenza figure femminili visionarie e offre una panoramica della condizione attuale delle arti performative. Si cerca di catturare l’essenza del presente e della terra in questo difficile presente, andando oltre il tempo, la storia, gli stereotipi e i pregiudizi. Il programma comprende progetti multidisciplinari che esplorano le sfide e le identità contemporanee, con eventi in vari luoghi di Firenze. In totale il festival offre 26 giorni di programmazione con 56 rappresentazioni, coinvolgendo 35 compagnie e otto spazi diversi.
Ed è proprio dall’esplorazione del presente che parte il gruppo di Equilibrio Dinamico, indagando in particolare sulla nostra interazione con la tecnologia e gli impatti che ne conseguono sulle nostre vite.
Per questo nuovo progetto, “Welcome to my funeral”, il collettivo pugliese si è avvalso di una nuova collaborazione di respiro internazionale, Brandon Lagaert, dopo aver collaborato con artisti del calibro di Jiří Pokorný, Igor Kirov, Matthias Kass, Clément Bugnon, Marco Blázquez, Riccardo Buscarini, Aida Vanieri, grazie anche agli scambi internazionali sostenuti dal Teatro Pubblico Pugliese.
Artista pluridisciplinare, dopo aver collaborato per dieci anni con i Peeping Tom, Lagaert si è dedicato ad una propria ricerca creando un suo stile – forse meno spettacolare e più introspettivo, rispetto ai canoni estetici dei Peeping Tom – che spesso trova le basi nel gioco, per stimolare la creatività dei danzatori, mischiando stili di danza che vanno dal contemporaneo all’urban, stile che ritroviamo particolarmente in questa performance.
Nel processo creativo Lagaert parte dal singolo interprete, che non cerca di plasmare per uniformare ad una sua idea – come ci spiega nel talk successivo alla performance – perché ogni danzatore ha già dentro di sé un mondo e un immaginario che non può che arricchire il lavoro collettivo.
All’entrata in sala troviamo quattro performer in scena, distesi a terra in tute bianche (il bianco è il colore dominante nei costumi di Equilibrio Dinamico, in questo caso disegnati da Franco Colamorea). I visori VR che indossano e altri elementi sul palco, come le luci e una sorta di alimentatore gigante posto nel mezzo della scena, ci trasportano subito in un futuro che non è più tanto distopico perché è già presente.
Lentamente i danzatori si muovono, come risvegliati da un mondo che si anima nelle loro teste, la loro realtà. Procedono a scatti con gesti robotici, si agitano e lottano contro forze esterne che prendono il sopravvento, o interagiscono tra loro in molteplici situazioni che vanno da odio e prevaricazione all’amore, in un’atmosfera che ci è ormai nettamente familiare dagli innumerevoli film realizzati su questo soggetto.
Ma in realtà, il VR è qui usato come pretesto per riflettere sui nuovi modi in cui le persone interagiscono e sulle dinamiche di potere. La scelta della compagnia non è quella di tratteggiare l’ennesima versione di un futuro che è sulla soglia della porta, ma mostrare piuttosto i nuovi meccanismi che si generano negli individui.
C’è anzitutto l’isolamento, come il mondo degli hikikomori, che scelgono di allontanarsi dalla società per trascorrere la maggior parte del tempo chiusi in casa, fenomeno partito dal Giappone ma che oggi coinvolge sempre più persone anche in Europa. Ci sono la prevaricazione e la violenza, riportata in diverse scene – esemplare quella in cui una delle interpreti cerca di ribellarsi togliendosi il visore, mentre gli altri vogliono costringerla a indossarlo –. E c’è la paura, perché nonostante questo mondo ci sia ormai familiare, non sappiamo ancora quali ne siano i veri effetti, soprattutto a livello interpersonale. C’è poi anche la massificazione, il fenomeno di uniformazione della società che lentamente cancella l’individuo.
L’esperienza è resa ancora più immersiva dal soundscaping di Felix Machtelinckx, che diventa un ulteriore elemento narrativo contribuendo ad aumentare l’immaginario del pubblico nella visione della realtà simulata. Interessante è il modo in cui il suono viene utilizzato per creare veri e propri paesaggi pluridimensionali, come ad esempio limitandolo ad un lato del palcoscenico o aumentando e diminuendo la potenza a seconda del momento.
I performer sottolineano in molti modi la dipendenza dalla tecnologia, divenuta ormai patologica. Ci si risveglia solo con i mezzi tecnologici, come succede ad una interprete, che si anima quando le attraversano la testa con un cerchietto fluorescente.
La drammaturgia è curata in ogni dettaglio: tutto è di nuova creazione, dalle musiche al disegno luci, ma potrebbe essere ulteriormente sviluppata (la performance dura in tutto mezz’ora), anche se riesce nel proprio intento. Come suggerisce il titolo, benvenuti al nostro funerale.
Welcome to my funeral
coreografia: Brandon Lagaert
assistente artistica: Sara Angelucci
musica: Felix Machtelinckx
danzatori: Alessandro Ottaviani, Anabel Barotte Moreno, Olivia Grassot, Tonia Laterza
light designer: Alessandro Caso
costumi: Franco Colamorea
organizzazione e produzione esecutiva: Vincenzo Losito
assistente alla produzione: Alessia Cofone
produzione: Equilibrio Dinamico Dance Company
coproduzione: Fondazione Fabbrica Europa, ResExtensa/Centro di produzione della danza Porta d’Oriente SPA
supporto alla produzione: Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto e Ministero della Cultura
Durata 30’
Visto a Firenze, Teatro Cantiere Florida, il 24 settembre 2023