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Winterreise: lo sguardo di Kornél Mundruczó sull’immigrazione

Ph: Lorenza Daverio

Ph: Lorenza Daverio

Riprese video in un campo profughi e musica di Schubert: così la compagnia ungherese Proton Theatre dà forma al proprio teatro civile

Che l’Ungheria di Viktor Orbán non brilli per rispetto dei diritti umani è cosa nota nell’Unione Europea, e temuta anche dalle nostre parti, data la familiarità tra i nostri leader di governo e il primo ministro magiaro.
Amnesty International denuncia in Ungheria leggi misogine, omofobiche e transfobiche; decreti che limitano la libertà di associazione pacifica; norme che riducono il diritto d’asilo per i profughi, collocati in zone di transito che sembrano delle carceri.
C’è poi, dal luglio 2015, quel muro in filo spinato: a erigere una barriera con Serbia e Croazia; a respingere gli stranieri che cercano di transitare verso altri Paesi; a riproporre scenari da Guerra Fredda che speravamo archiviati, e invece ritornano con il vulnus del razzismo, che in Ungheria prende di mira soprattutto i cittadini Rom.

Fatte queste premesse, ci sembra doppiamente meritevole che ad occuparsi di migranti e a farne l’oggetto di uno spettacolo, sia proprio una compagnia magiara.
Kornél Mundruczó di Proton Theatre, regista e sceneggiatore cinematografico e teatrale di fama internazionale, nello spettacolo “Winterreise” cerca una risposta a che cosa significhi essere profughi ai nostri giorni.

“Winterreise” è di scena nel retro di Triennale Teatro a Milano. Vi accediamo attraverso enormi porte che sembrano quelle di un maestoso garage. Questa sala di fortuna è come un calzino rivoltato, un tessuto logoro da cui escono alla rinfusa nodi e filamenti. Saliamo i gradoni della platea con una sorta di spaesamento. I rumori dei passi si amplificano sul tavolaccio sotto i nostri piedi.

Si materializza davanti a noi una scena di lettini e letti a castello, e sopra persone come anime in pena. Il pavimento è congerie di stracci e indumenti. Taniche d’acqua, bacinelle e un water in bella vista. Un senso di provvisorietà e trascuratezza. Vicino a un carrello della spesa adibito a trolley, campeggia un pianoforte. Il graffio dell’arte esorcizza quel senso di pena, e avvia la catarsi.
Un cammino notturno nell’inverno gelido.

“Winterreise” è un ciclo di 24 lieder di Franz Schubert, qui eseguiti splendidamente dal vivo dal pianista Károly Mocsári. L’attore János Szemenyei li interpreta con accento (volutamente) incerto. La pronuncia distorta sporca l’armonia del canto, e dilata un senso d’estraneità.
“Winterreise” è fuga da un amore sfibrato. È la storia di un vagabondo nel cuore dell’inverno, gelo di strade innevate e oscurità randagia. È trama d’illusioni fuggiasche, e lacrime vitree come ghiaccio.
Un reticolo di sentimenti ibernati accompagna il canto di Szemenyei, che fa da controcanto alle videoinstallazioni, immagini girate nel campo profughi di Bicske. Il freddo è nelle pareti sverniciate, nei water neri di lerciume, nelle piastre incrostate di un piano cottura, nelle scritte in arabo su pareti laide.
Scarpe senza lacci, ad asciugare addosso a un muro. Panni lisi stesi. Drappi insufficienti alle finestre, per addomesticare la luce che filtra dai vetri.
Addormentarsi in attesa di un’alba che non porterà a un giorno nuovo. Gesti velleitari per custodire quel po’ di umanità: la barba appena svegli, gli addominali sul pavimento. Il nascondiglio di un gatto da scovare: nei giochi dei bimbi resiste quel po’ di spensieratezza come un filo d’erba nell’asfalto bituminoso.
“Winterreise” è Purgatorio che frana verso l’Inferno. È vigore che avvizzisce. È febbre e delirio. È necrosi dei sogni e desiderio d’oblio.
Il cuore è pesante. La pace si allontana quanto più la si insegue. La cornacchia perseguita il viandante, pregustando il tanfo della morte.
Mocsári suona celestialmente tra le macerie di un’umanità dannata, e sembra “Il pianista” del film di Polanski. Szemenyei canta con sorvegliato squilibrio mentre mastica qualche intruglio da un barattolo di latta.

Musica, canto popolare. Melodie in catalessi. Videoinstallazioni realistiche, per un lavoro dalla forte valenza politica. E c’è dentro un set umanizzato (di Dóra Büki) che già da solo catapulta lo spettatore dentro il dramma dell’emigrazione, nel tumulto di un’anima errabonda tra mille anime solitarie.

Winterreise
cantante: János Szemenyei / pianista: Károly Mocsári / musica: Franz Schubert / set: Dóra Büki / costumi: Márton Ágh / luci: András Éltető / video: Marcell Rév, Kristóf Becsey / drammaturgia: Kata Wéber / assistente alla regia: Zsófia Tüű / regia: Kornél Mundruczó / direzione tecnica: András Éltető / tecnico delle luci: Zoltán Rigó / stage master: Tamás Zsigri / prop master: Gergely Nagy / produzione: Proton Theatre / coproduzione: Café Budapest Contemporary Arts Festival, Danubia Orchestra Óbuda / con il sostegno di: Opera Ballet Vlaanderen
Kornél Mundruczó / Proton Theatre
con il patrocinio dell’Accademia d’Ungheria in Roma

durata: 55’
applausi del pubblico: 3’

Visto a Milano, Triennale Teatro, il 26 novembre 2022

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