Abbiamo voluto condividere insieme agli operatori di Residenza Idra la gioia di essere al loro Wonderland Festival, che si è tenuto a Brescia sino a domenica 4 dicembre, non solo per seguire gli spettacoli, quanto soprattutto per vivere, insieme a loro, l’inebriante nuova possibilità di poter finalmente operare in una sede, polifunzionale e prestigiosa, nella quale svolgere le proprie attività: il nuovo spazio Teatro Idra si trova infatti nel prestigioso Palazzo Martinengo Colleoni, proprio in centro città.
Abbiamo subito chiesto al direttore di Idra, Davide D’Antonio, di raccontarci le particolarità di questa ultima avventura, di rilievo per incanalare al meglio le loro attività.
Il nostro teatro, che abbiamo inaugurato da pochi giorni, è situato in un edificio particolare di Brescia perché è il vecchio tribunale, e in particolare, la nostra sala è il luogo dove si sono tenute tutte le udienze della strage di piazza Loggia. Per i bresciani è quindi il luogo della memoria e… “quale miglior esercizio poteva entrare in questo luogo per rispettare la sua sacralità se non il teatro”: con queste parole lo ha consegnato a noi l’assessore alla Cultura, e di ciò noi siamo particolarmente fieri.
Qual è il progetto di gestione per il suo utilizzo?
IDRA sarà all’interno di progetto chiamato MO.CA, che tecnicamente è un “cluster” di quattro principali soggetti che si sono impegnati a far diventare lo spazio un centro di produzione e innovazione, nello spirito della collaborazione cross settoriale. Ci siamo noi, il museo di fotografia Macof, gli artigiani che stanno aprendo 15 studi di moda e design, e la fondazione ASM.
Il tutto viene coordinato da Brescia Infrastrutture, partecipata al 100% del comune di Brescia.
Il progetto si sposa perfettamente con la nostra attività: da una parte la residenza teatrale prosegue la sua mission principale, di incubatore delle compagnie emergenti, dall’altra proseguiamo la produzione, con l’intensa attività delle quattro compagnie residenti a IDRA: CeC, Image Collective, Rebelot e InBalia.
Come intendete procedere con la programmazione?
Il nostro intento è quello di mantenere il carattere di eccezionalità che il luogo ispira. Per cui non intendiamo fare una ennesima stagione, ma costruire una serie di festival, da febbraio a giugno, la terza settimana di ogni mese: un nuovo festival cross settoriale (ancora in definizione), il festival Metamorfosi (ospitalità e collaborazione con Teatro19) sulla sanità mentale, il Premio Lidia Anita Petroni per le Arti, il Festival OpenUp sull’identità sessuale e un festival di teatro ragazzi ancora in definizione. Completa il tutto Wonderland.
Come avete concepito la sala teatrale?
E’ uno spazio lineare e raccolto, da 92 posti, con una classica struttura a black box, nonostante si collochi in un villa barocca, perché, come è nello stile di IDRA, ci piace far identificare il pubblico non nel luogo (come avviene in certi teatri-carrozzoni) ma nelle sue attività, nel senso che vorremmo che il nostro teatro fosse un vero e proprio “attore sociale” concepito per la comunità.
E questo lo avete trasmesso anche nella programmazione di Wonderland?
Wonderland è un festival che vuole sollecitare nello spettatore un pensiero critico attraverso l’arte performativa contemporanea. Non ci interessa fare il solito festival da operatori per operatori. Il nostro target è il pubblico e vogliamo che il pubblico si senta parte integrante.
Questo si è tradotto attraverso numerose scelte, a partire da una veste grafica buffa, non certamente minimalista, da spettacoli che spesso richiedono una partecipazione attiva dello spettatore (Matteo Lanfranchi, Accademia degli Artefatti ecc…), o addirittura che li vedono protagonisti attraverso laboratori (Stefano Cenci), o ancora progetti che permettono lo spettatore di vedere le fasi di sviluppo e crescita dei vari lavori presentati (Scena Verticale), fino ad un intenso programma “social” iniettato sia nel dopofestival che nel pre. Grande importanza infine la diamo agli adolescenti, per cui esistono due progetti, Wcritic e Wonderland Critic, dedicati alle scuole superiori e agli universitari, che grazie a Maddalena Giovannelli, Leonardo Mello e Simone Pacini servono per allenare lo sguardo della nuova generazione verso nuovi linguaggi distanti da quella immediatezza comunicativa e spesso banale a cui sono abituati.
Sedotti│traditi│felici è la premessa di Wonderland: in che senso?
E’ in primis un classico paradosso teatrale: a teatro si è sedotti da un attore, traditi dal medesimo perché fa finta di essere qualcuno che non è, e il paradosso è che più lui finge, più noi siamo felici. Ovviamente il paradosso ha altre accezioni, non ultima quella sessuale. Ciò che più ci interessa, però, è che non si debba mai smettere di investire sul rapporto umano: l’esperienza è ciò che conta, non la riuscita del rapporto. E ancora siamo ricaduti in un altro paradosso del teatro contemporaneo, dove il progetto non-finito è quasi più interessante di quello concluso.
Nei primi giorni del festival si è tenuto l’incontro sul “Lessico contemporaneo” del progetto C.RE.S.CO. Cosa è emerso nella tappa bresciana?
L’obiettivo per noi era far sedere gli artisti di Brescia a ragionare sulla loro arte, su come sono, che qualità pensano debba avere la propria arte e a che pubblico pensano di rivolgersi. Crediamo fortemente che se gli artisti incominciassero a prendere più coscienza del loro lavoro, ne beneficerebbe il lavoro stesso. L’incontro ha avuto un ottimo riscontro di pubblico, e ci piacerebbe continuare durante l’anno a mantenere un incontro trimestrale.
Per quanto riguarda C.RE.S.CO è sempre una fucina ricchissima di idee. Quello che volevamo era discutere sulla prossima legge nazionale sull’arte dal vivo e pensiamo che, grazie all’incontro, attraverso gli interventi di tutti i numerosi attori presenti (politici, tecnici, rappresentanze sindacali e i medesimi artisti), un passo in avanti si sia stato fatto.