Non ci sono stati pranzi e cene insieme, preziosi momenti comunitari di condivisione e confronto o le restituzioni, di fronte ad un pubblico ogni sera attento e curioso, del lavoro di scrittura e messa in scena dei testi. Ma l’edizione 2020 di Write – Residenza internazionale di drammaturgia, svoltasi dal 14 al 19 dicembre, online e in forma sperimentale attorno al binomio “Words and Arts”, grazie alla collaborazione del DAMS, della sede del Dipartimento COSPECS dell’Università degli studi di Messina e col patrocinio dell’Assessore regionale al Turismo, Sport e Spettacolo e dell’ERSU di Messina, ha permesso alla parola scritta di confrontarsi e contaminarsi con le arti visive.
Un progetto ideato e coordinato dal drammaturgo attore e regista Tino Caspanello, con l’organizzazione curata da Gigi Spedale per Latitudini – Rete siciliana di drammaturgia contemporanea, la collaborazione in presenza degli stagisti del DAMS, coordinati da Dario Tomasello e Katià Trifirò, i Diari di drammaturgia sono sati curati da Vincenza di Vita, il progetto grafico di Cinzia Muscolino.
Questa sesta edizione «nonostante la distanza, gli schermi, il tempo ridotto – osserva Tino Caspanello – è riuscita a puntare l’obiettivo sui segni del teatro, della scrittura e, per questa edizione, anche su quelli dell’arte, raccogliendo domande, riflessioni, dubbi».
Vi hanno partecipato nove autori di diverse nazionalità – Senem Chever (Turchia), Lina Prosa, Luana Rondinelli, Aurélie Vauthrin-Ledent (Belgio), Silvia Zoffoli, Andreas Flourakis (Grecia), Manlio Marinelli, Rino Marino, Fabio Pisano – che ogni giorno hanno scritto testi a partire da un tema sviluppato secondo stimoli e necessità proprie, che sono stati poi “interpretati” dagli artisti Lorenzo Cassarà, Giovanni Castro, Rosario Catrimi, Michela De Domenico, Tania Giordano, Giacomo Miracola, Cinzia Muscolino e Carmine Prestipino, che ne hanno reso una personalissima e mai didascalica interpretazione, sperimentando tecniche e stili.
Ogni lavoro è stato poi analizzato e “raccontato” da critici e addetti ai lavori: una novità di questa sesta edizione «per far dialogare la parola con altre forme d’arte e per percorrere altre strade», spiega Caspanello, con cui abbiamo percorso un viaggio nella storia, nelle tematiche e nelle caratteristiche di questo progetto.
Come è nato Write, ormai giunto alle 6^ edizione?
Write nasce dopo alcune mie permanenze in Francia e in Polonia, durante le quali, a stretto contatto con drammaturghi provenienti da diverse parti del mondo, ho cominciato a pensare alla possibilità di istituire in Sicilia una residenza che coinvolgesse ad ogni edizione un gruppo sempre differente di autori teatrali.
Cosa raccoglie della tua esperienza artistica e cosa, in questi anni, è venuto fuori durante le edizioni della residenza?
Quello che rilevo ogni volta è la vitalità della drammaturgia e la voglia, da parte di chi la compone, di avere più spesso occasioni per confrontarsi con i colleghi.
Quest’anno una edizione “a distanza”, poiché le condizioni attuali non permettono la realizzazione della residenza in presenza. Com’è stato ripensata Write?
È stata Cinzia Muscolino a inventare la nuova formula per questa edizione online, suggerendo un percorso che dal teatro ci ha condotti alle arti figurative, questo per indagare ancora, percorrere altre strade, dare al testo possibilità di essere interpretato anche fuori dallo spazio scenico e con altri linguaggi.
Non è mancato, neppure quest’anno, il sostegno della Rete Latitudini, dell’Università di Messina e del Dams: segno che è necessario fare rete…
Write nasce in connessione con Latitudini – un ringraziamento va al presidente della rete, Gigi Spedale – poi, ovviamente, ha cercato il sostegno di chi poteva permetterci di realizzare il progetto: l’Assessorato Regionale allo sport, turismo e spettacolo, l’Ersu, il Dipartimento COSPECS e il DAMS dell’Università di Messina, gli enti che hanno accolto di volta in volta Write. Le connessioni sono necessarie, ma è necessario credere soprattutto nella qualità dei progetti, difenderne e garantirne la continuità.
I drammaturghi, anche quest’anno italiani ma non solo, e gli artisti visivi. Come mai?
Mischiare le carte, ibridare linguaggi, sperimentare connessioni differenti. Queste cose ci hanno condotti verso una scelta che da subito è stata accolta con entusiasmo da parte di tutti gli invitati.
Gli autori, italiani e stranieri, e gli artisti hanno creato un dialogo intorno al tema, un modo di intrecciare opinioni, scambiare poetiche, modi differenti di lavorare e di avvicinarsi a un soggetto che diventa il pretesto per raccontare il nostro tempo.
Quali i temi emersi durante la realizzazione dei testi e quale il rapporto tra i vari soggetti protagonisti di questa edizione “sperimentale”?
Come di regola, ogni mattina, all’inizio della riunione, tre drammaturghi hanno individuato tre temi per ogni giornata: il contatto, l’attesa, l’illusione. Sono macro argomenti all’interno dei quali ognuno degli autori, e poi gli artisti in relazione al testo, si sono mossi cercando di comporre una narrazione.
È interessante notare l’autonomia di ogni opera rispetto al testo; ogni artista è partito sì dalla parola scritta, ma non per illustrarne il senso bensì per trasfigurarla in altro segno. Nella conversazione che ne è seguita ogni autore ha illustrato i propri modi di percepire temi, testi e come, attraverso questi, è giunto in un tempo breve alla soluzione definitiva.
Quale quindi il bilancio di questa edizione, che arriva in un momento in cui i teatri sono chiusi da tempo…
La prima cosa che mi viene in mente è che, nonostante la distanza, Write è riuscito a ritrovare l’energia e l’entusiasmo che solitamente ci accompagnano durante gli incontri dal vivo. Poi credo sia importante sottolineare che negli anni il progetto, dall’identità immediatamente chiara, ha rafforzato la sua vocazione alla sperimentazione, che se da una parte guarda alla scrittura come il documento che storicizza e dà autorevolezza e dignità letteraria alla parola teatrale, dall’altra cerca un rapporto nuovo con l’oralità, che trova nell’attore il compimento della parola scritta, e si propone di individuare in questa un segno che illumini la metafisica che la compone.