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X4 Vənəxia: la festa site-specific che sperimenta nuovi formati

Photo: CIRCA | Laura Accardo

Photo: CIRCA | Laura Accardo

Musica, suono, danza, poesia, video arte hanno dialogato per un’intera notte con lo spazio sconsacrato dell’ex Abbazia della Misericordia di Venezia, nel cuore di Cannaregio, per la prima edizione di X4 Vənəxia, evento site-specific che ha coinvolto più di 150 persone, tra artisti e pubblico di giovane età (in media sotto i 30 anni), in un succedersi di stimoli sensoriali, di gesti, suoni e immagini.
Un progetto a cura di X4, associazione fondata da Elena Rivoltini, attrice diplomata alla scuola del Piccolo di Milano, e Pietro Bonomi, laureato in filosofia che oggi, oltre a dedicarsi a propri progetti musicali, si occupa anche della curatela di eventi. Entrambi milanesi, da poco più di anno sono approdati sull’isola, e grazie al supporto di Edoardo Lazzari e Cosimo Ferrigolo del collettivo veneziano Extragarbo, e di Art Events hanno programmato una line up emergente nel campo della sperimentazione e della creazione di nuovi formati performativi.

Il mondo sonoro ha fatto sicuramente da padrone in questa prima edizione, gli stessi ideatori dell’evento si sono messi in gioco con i propri progetti: Elena Rivoltini con “Barocco Elettronico”, performance vocale che unisce l’esuberanza barocca e il minimalismo elettronico, e Pietro Bonomi con “Rito”, una performance per computer, chitarra, voce e trapano.
Accanto a loro Aniello, musicista campano che sperimenta i territori della musica ambient e drone, i Compulsive Pene Madonna, duo di produttori con base a Torino che mescola trap, hardcore ed elettronica sperimentale, e ancora Gaia Ginevra Giorgi e Riccardo Santalucia con un progetto di sound poetry e vocal soundscapes.

Le nude pareti, le nicchie degli altari e l’edicola della chiesetta della Misericordia hanno fatto invece da supporto alle quattro installazioni video di MiamiSafari (duo artistico formato da Alessia Prati e Matias Julian Nativo) e Daniele Costa, del duo VEGA composto da Tommaso Arnaldi e Francesca Pionati, di Michele Zanotti e Francesco Tosini (in arte Cielofuturo), tutte accompagnate dal live set di Furtherset, il progetto musicale di Tommaso Pandolfi.

Anche il corpo performativo ha trovato spazio nella programmazione della serata: quattro giovani performer alle prime armi, Chiara Cecconello, Andrea D’Arsiè, Giulia Mattiocco e Federico Morini, hanno condiviso il risultato di tre giorni di pratiche con la coreografa e danzatrice Danila Gambettola, che per la prima volta si è messa a margine dello spazio scenico, lasciando ai performer il compito di indagare, attraverso il gesto e il movimento, il labile confine che separa l’erotismo e la sensualità dall’atto pornografico, cercando di decostruire alcuni degli stereotipi più ingenui e utilizzati anche dai giovanissimi nei loro profili social, lasciando emergere quello che il più delle volte è semplice espressione dei sensi: voglia di sentire, di toccare, di assaggiare, voglia di di contatto, di avvicinarsi, di guardarsi, di stare pelle sopra pelle.

“Questa è stata la prima edizione di un nuovo format, che abbiamo chiamato “festa performativa”, e che vuole unire la dimensione della performance a quella della festa andando ad attingere alla radice un tempo inscindibile tra rito, festa, religione e teatralità” racconta Elena Rivoltini.
“L’idea è di portare il format anche in altre città, Milano, Torino e Roma – interviene Pietro Bonomi – Fermo restando che, se tutto va bene, potremmo pensare a delle ulteriori edizioni, o ad accorciare i tempi tra un’edizione e l’altra. A Venezia è andata così bene, che stiamo valutando se proporre direttamente una seconda edizione in città”.
“Il progetto – continua Elena – prevede un’ultima edizione, la quarta, dove riuniremo tutti gli artisti delle precedenti edizioni per una nuova programmazione. E’ un modo per dare vita anche a una rete di collaborazioni che vanno al di là della singola serata”.

L’atmosfera di X4 Vənəxia è stata in effetti quella di una festa alternativa e speciale, con un richiamo anche alla club culture, per una città come Venezia che, nelle ore serali, come offerta di eventi culturali e luoghi di ritrovo e divertimento – a parte le osterie e i ristoranti – si trasforma nel deserto dei tartari.
All’apertura delle porte dell’ex Abbazia, il campo antistante la chiesetta si era già riempito di giovani in attesa e curiosi. Ingresso gratuito per tutti, nessun biglietto ma solo il controllo del green pass che ha permesso l’accesso alla navata centrale dove le performance si sono susseguite tutta la notte, quasi senza sosta. Una volta entrati tutti i prenotati, l’accesso non è più stato possibile proprio come avviene nei teatri, e ognuno è stato libero di dedicare alla performance il tempo che ha preferito. Nessun posto a sedere, tutti in piedi o al massimo seduti per terra o sui gradini dei piccoli altari disposti ai lati, volendo con bicchiere di vino in mano. Nello spazio adiacente a quello performativo era stato allestito un piccolo bar che, grazie allo sponsor Vino Vero, ha provveduto a offrire a tutti vino e cicchetti, diventando uno spazio neutro dove chiacchierare, e fare nuove conoscenze. Lo spettatore è stato quindi il protagonista attivo dell’evento, libero di relazionarsi a proprio modo e a proprio piacimento con il collage di azioni performative, con il luogo ospitante e gli altri partecipanti.
“L’arte non deve essere differente dalla vita, ma un’azione entro la vita” diceva John Cage, e lo spirito di questa festa performativa è stato un po’ quello di dare vita, anche solo per una notte, a uno spazio collettivo, creativo, e partecipativo inserito nella dimensione liquida della vita veneziana.

CIRCA | Laura Accardo, Eleonora Mattozzi, Maria Giovanna Sodero

“Da un anno mi sono spostata a Venezia – prosegue Elena – e mi sono resa conto di quanti luoghi possiede la città che vengono tenuti chiusi per l’egemonia della biennale, o di produzioni che offrono di più rispetto a realtà piccole che possono permettersi budget inferiori. Il tema di una certa continuità artistica nella città, al di là della settimana delle varie biennali, è molto caro ai veneziani, tutti hanno voglia di vedere la città meno contenitore e con più contenuti propri”.

Il progetto è stata una piccola e grande scommessa, fatta in alleanza con “le forze locali della città”. Nel suo piccolo X4 ha cercato di rispondere all’esigenza dei veneziani di vedere restituire a Venezia un’anima culturale e artistica, lontano da logiche puramente commerciali e turistiche.

“Uno dei principi fondativi del nostro programma è quello di attingere di volta in volta dalle forze locali della città in cui operiamo – aggiunge Elena – e quindi dare una vetrina alle forze artistiche che di solito rimangono fuori dai circuiti più main stream o che sono più sperimentali. Nel caso specifico di Venezia ci interessava il fatto che è la sede dello IUAV, l’istituto di arti performative più importante d’Italia, e che ospita molti giovani artisti senza offrire loro un corrispettivo di palcoscenici e di occasioni di messa in scena. Una città che per lo più viene usata come vetrina da forze esterne, dal turismo ecc… Abbiamo messo insieme, grazie anche al supporto di Stefano Tommasini (studioso, critico e docente), alcune delle migliori forze espresse dallo IUAV, studenti o ex studenti, e anche il pubblico arrivava da questa comunità locale. In più ci siamo appoggiati a Extragarbo, collettivo attivo a Venezia sia a livello performativo che di curatela, che ci ha messo in contatto con gli artisti locali che hanno creato una drammaturgia della serata”.
“C’è stata una compenetrazione tra professionisti del teatro, del design e della moda, e dell’ambito musica – chiosa Pietro – per esempio le luci sono state curate da Andrea Sanson, light designer che lavora con la Societas Raffaello Sanzio”.

Alla fine però, come sempre, la domanda più spinosa rimane: come si sostiene tutto questo? Con che finanze? Questa prima edizione si è retta esclusivamente su avanzi di cassa legati a precedenti attività, su spazi dati a prezzi di costo, sulla solidarietà, sul lavoro di amici, sulla buona volontà di chi ha creduto nel progetto, e sulla determinazione di chi decide di arrangiarsi, pagando di tasca propria pur di avere uno spazio e un’occasione per sperimentare e condividere le proprie idee artistiche. Una forma di r-esistenza, oggi ancora più emblematica, dopo che la Giunta regionale nelle scorse settimane si era detta pronta a tagliare ancora i fondi alla cultura, nonostante il Veneto sia la penultima regione per fondi destinati al settore.

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