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YC4D: Plan B e quella strana danza contemporanea

Plan B della Cie 111|Plan B della Cie 111

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Plan B della Cie 111
Plan B, il teatro fisico della Cie 111 (photo: © Aglaé Bory)
Eccoci al secondo appuntamento con gli articoli scritti durante la stagione 13/14 dai ragazzi del Liceo Alfieri di Torino nell’ambito del progetto Yougest Critics for Dance.
Il pezzo che vi proponiamo oggi, scritto da Claudia Martina, è stato elaborato all’inizio del progetto, in occasione del primo spettacolo proposto e visto insieme ai ragazzi.

Ci trovavamo di fronte ad adolescenti che non avevano la più pallida idea di cosa fosse la danza contemporanea. E Torinodanza, tra i partner quest’anno del progetto, aveva scelto come spettacolo da proporre ai ragazzi “Plan B”, della compagnia francese 111, un lavoro che unisce alla danza sia una forte componente di circo contemporaneo che un’apertura alla sperimentazione cinematografica.
In ogni caso una sfida: perché se è vero che (come prima volta) i ragazzi non avrebbero trovato di fronte ai loro occhi un esempio di danza contemporanea dai linguaggi estremi, è vero anche che, in questo spettacolo, tanti elementi vengono tirati in ballo, rendendo più complesso trovarne un filo logico, e spiazzando comunque un’idea preconfezionata di “danza”.

E arriviamo così al motivo della scelta dell’articolo scritto da Claudia. Claudia Martina, oltre al liceo, studia da anni danza classica, e non è certo l’unica all’interno del gruppo di quest’anno di YC4D. Ha quindi un’idea della danza molto ben delineata, quella che si è costruita in modo naturale frequentando il mondo del balletto classico. Ecco allora come l’incontro con qualcosa di totalmente diverso può essere destabilizzante, ma allo stesso tempo utile per aprirsi al nuovo, al diverso, anche se di primo acchito tutto ciò non può sembrarci che… strano!
Claudia ha saputo trasmetterci questo suo disorientamento mentre era lì, seduta nella platea delle Fonderie Limone di Moncalieri, restituendoci anche l’elaborazione delle sensazioni vissute durante quest’incontro inaspettato con qualcosa che, seppur lontano dal conosciuto, col passare dei minuti ha trovato il modo di accogliere.
Vi lasciamo al racconto di questa sua ‘prima volta’.

(Daniela Arcudi – Direttore responsabile KLP)


I danzatori-acrobati di Plan B (photo: © Aglaé Bory)
Strano. Se mi venisse chiesto di descrivere, con un solo aggettivo, ciò che ho visto in “Plan B”, di Aurélien Bory e Phil Soltanoff della Compagnie 111, questo, per quanto banale, sarebbe il primo e forse l’unico a venirmi in mente.

Perché fin dall’inizio, nella serata di chiusura del festival Torinodanza, tutto è stato strano, come il procedere in un’atmosfera onirica totalmente slegata non solo dalla realtà, ma nelle sue stesse componenti.

A partire dall’inizio, da quel criptico scivolare su un piano inclinato, col sottofondo di fotocopiatrici in funzione, è stato come entrare in una nuova realtà, di cui però sfuggiva sempre qualcosa; come l’avanzare di un cieco, brancolando nel buio dei significati che non si sa cogliere, con quel disagio che sempre ci attanaglia quando ci accorgiamo di non riuscire a capire.

Strani lo siamo, sempre obbligati a comprendere, afferrare, catalogare e sviscerare, azioni senza cui non riusciamo proprio a sentirci al sicuro.
In un territorio estraneo, disorientati e messi in discussione, abbiamo bisogno di capire dove ci troviamo e il perché di ogni singola azione che ci sfiora. Eppure a volte non si può capire. A volte non serve proprio a niente capire: bisogna concedersi semplicemente di apprezzare, senza troppe pretese.

E’ stato strano anche realizzarlo, riuscire finalmente a rilassarsi e sentirsi scivolare giù da quel piano inclinato come i protagonisti di “Plan B”, giù verso il mondo di chi riesce a fuggire dalla monotonia quotidiana con l’immaginazione, con le proprie abilità, con quel piano B che rende vivi e vincenti.

Dopo è stato più semplice dimenticare i nessi mancanti fra una scena e l’altra, lasciarsi stupire dall’abilità acrobatica dei danzatori, forse più propria di un circense che di un ballerino in senso accademico, in un’alternanza di sorpresa, ilarità ed ermetismo.
E tutto ciò, per quel che mi riguarda, senza capire nulla, come se il vero senso dello spettacolo fosse di non avere senso alcuno.
E’ stato strano questo approccio con la danza contemporanea. Eppure l’ho apprezzato.
 

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