Arcuri e il fallimento dell’Occidente. Tutta colpa di Tim Crouch!

Cinna|Matteo Angius è Fiordipisello
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Matteo Angius è Fiordipisello
Matteo Angius è Fiordipisello (photo: Michele Tomaiuoli)
Già. Tutta colpa di Tim Crouch se quei personaggi che il buon Shakespeare aveva relegato a semplici servi di scena, belle comparse, innocui figuranti nelle sue opere, affidando loro poche, pochissime, a volte nessuna battuta, hanno trovato il modo di dir la loro.

Tutta colpa di Tim Crouch se un folletto di nome Peaseblossom (Fiordipisello), di cui non è difficile immaginare le vesti, può ora salire sul palco e, anziché dire solo “Sono pronto”, ha la possibilità di raccontare la sua versione del “Sogno di una notte di mezza estate”, che poi, a dirla tutta, mica ci racconta qualcosa di nuovo. O se Banquo, che il buon Bardo fa fuori dopo un paio di pagine del “Macbeth”, ritorna come fantasma e ci propina le sue ossessioni: «Sarebbe potuto capitare a me, se le streghe avessero detto questo a te e non a me»… Oppure se Cinna, poeta nel “Giulio Cesare”, continua imperterrito a volerci coinvolgere nella scrittura dei suoi versi, non avendo ancora capito che poco importa se è stato vittima di un errore: «Cinna e suoi versi meritano di morire», chiusa parentesi. E poi c’è Calibano, quel povero mostriciattolo che nessuno vuole e tutti dimenticano ne “La Tempesta”: lo dobbiamo proprio lasciare in balìa del pubblico?

Tutta colpa di Tim Crouch! Sì, tutta colpa sua se Fabrizio Arcuri e l’Accademia degli Artefatti hanno portato al 42° Festival Internazionale del Teatro di Venezia quattro dei cinque monologhi del progetto “I, Shakespeare”, che può vantare come produttori la Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse, il CSS del Friuli Venezia Giulia e L’Uovo Teatro Stabile di Innovazione.

Il progetto mira, attraverso cinque testi (cinque piccole lezioni), a raccontare la fine dell’idea di Occidente: Banquo il fallimento del potere; Fiordipisello il fallimento delle relazioni; Caliban il fallimento della cultura; Cinna il fallimento degli intellettuali. Mentre per il debutto dell’ultima parte, “I, Malvolio” (il maggiordomo innamorato della “Dodicesima notte”), occorrerà aspettare il 2014.

Ma se la pentalogia dell’autore/attore britannico ha avuto in patria un buon successo, ed è stata riconosciuta come un divertente e intrigante “must” per gli insegnanti che vogliono iniziare i propri studenti alla lettura shakespeariana, il progetto degli Artefatti naufraga tra la noia e una struttura registica troppo fragile, nonostante il progetto ambisca a destabilizzare la convenzione teatrale, e a indagare il confine tra realtà e finzione.

Cinna
Cinna
Se “I, Banquo” e “I, Cinna” mantengono ancora un registro accettabile e lasciano intravedere quel voler andare oltre il racconto per farsi manifesto teatrale e politico, come annunciato nella presentazione, il precipizio arriva lentamente con le simpatiche ma forzate gag di Matteo Angius nella veste di Fiordipisello (“I, PeaseBlossom” sarà in scena sabato a Roma per Short Theatre), accompagnato dalla sciatta presenza scenica dello stesso Arcuri; e a nulla servono i tentativi di coinvolgere il pubblico dell’imbarazzato e imbarazzante “I, Caliban” (Fabrizio Croci) per evitare lo schianto al suolo.

Certo, si potrà dire, “I, Caliban” è stato presentato al pubblico della Biennale di Venezia ancora sottoforma di primo studio. Un atto coraggioso? Ingenuo? Abusato? Tollerabile in una Biennale internazionale e da una compagnia che ha vent’anni di teatro alle spalle?

Risultato (e qui ci faremo odiare per la cronaca della realtà?): più di mezza sala ha abbandonato lo spettacolo prima della fine, tra cui uno degli organizzatori della stessa Biennale. Lo scrittore Tiziano Scarpa, seduto in prima fila, ha dovuto deviare una canna d’acqua che l’attore aveva direzionato sugli spettatori e poi dimenticato; qualcuno dal fondo della sala si è permesso di urlare all’attore di alzare la voce; Arcuri non se l’è sentita di salire sul palco e raccogliere gli applausi fatti e mancati, sostenendo il povero Croci, evidentemente amareggiato e in imbarazzo.

Tutta colpa di Tim Crouch?

Progetto “I, Shakespeare” 4 monologhi di Tim Crouch
I, Banquo
da Machbeth
di Tim Crouch
traduzione Pieraldo Girotto
regia Fabrizio Arcuri
con Enrico Campanati e Matteo Selis

I, Cinna
da Giulio Cesare
di Tim Crouch
traduzione Pieraldo Girotto
regia Fabrizio Arcuri
con Gabriele Benedetti

I, PeaseBlossom
da Sogno di una notte di mezza estate
di Tim Crouch
traduzione Pieraldo Girotto
regia Fabrizio Arcuri
con Matteo Angius e Fabrizio Arcuri

I, Caliban
da La Tempesta
di Tim Crouch
traduzione Pieraldo Girotto
regia Fabrizio Arcuri
con Fabrizio Croci

Visti a Venezia, Biennale Teatro, il 5-6-7-8 agosto 2013


 

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