Quando il riscatto lo si cerca in un cesso. Giù, il nuovo debutto di Scimone Sframeli

Giù (photo: Andrea Macchia - flickr.com/photos/festivaldellecolline)|Giù (photo: Andrea Coclite - festivaldellecolline.it)
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Giù (photo: Andrea Coclite - festivaldellecolline.it)
Giù (photo: Andrea Coclite – festivaldellecolline.it)

– E chi se lo sarebbe immaginato di finire così? –
Chi avrebbe potuto immaginare di dover ripartire, ricostruirsi un’esistenza, una presenza, una dignità, decidendo di andare a stabilirsi proprio dentro un cesso?

Due mondi paralleli: quello di su, presidiato da un Padre (Gianluca Cesale) assorto in un’interminabile rasatura, pare osservare la vita solo attraverso i riflessi di uno specchio; e quello di giù, non luogo di esclusione ed autoesclusione, ribellione e rifiuto, rifugio rassicurante nella sua infima e brutale intimità.
Due mondi solo apparentemente in antitesi, bensì in costante rapporto dialettico, connessi fra loro da terminali scatologici, cavità dentro cui nascondersi, budelli fognari a tracciare reti di comunicazione del malessere.
 
– E tutto questo grazie a che cosa? –
Anche grazie a concetti come lavoro, sacrificio e impegno, al contrario di quanto potrebbe sembrare. Valori forse mal interpretati da una certa generazione e che hanno contribuito a relegare in un buco di cesso tutta una generazione successiva e a dividere le esistenze in due categorie: quelli che tirano lo sciacquone e quelli che devono stare bene accorti a schiacciarsi di lato per non essere intercettati dai “prodotti” che il mondo di su offre loro.Fra i malcapitati, oltre al Figlio interpretato da Spiro Scimone, incontriamo Don Carlo (Francesco Sframeli), prete la cui missione è quella di essere “scomodo”, e il suo Sacrestano (Salvatore Arena), reietto e vittima assoluta, in cerca della forza, di un barlume di ribellione al non esistere, fosse anche solo per accendere le candele o suonare le campane. Tutti giù, ognuno per motivi diversi. In comune la consapevolezza che “solo passando da un cesso all’altro sia ormai possibile farsi strada nella vita”. E Ugo, quel “povero Cristo” di Ugo, che si accontenta di intonar canzoni da sotto un ponte, offrendosi agli applausi dell’unico pubblico rimastogli: i suoi due figli.
Il mondo di su distoglie lo sguardo dal suo specchio solo quando sollecitato da particolari scabrosi, come le storie “sporche” del Sacrestano, quelle in cui confessa gli abusi subiti, proprio fra le mure della sacrestia, da parte di un certo Padre Sergio; e si viene a sapere che anche il prete “scomodo” sapeva. Sapeva ma taceva.
Giù (photo: Andrea Macchia - flickr.com/photos/festivaldellecolline)
Giù (photo: Andrea Macchia – flickr.com/photos/festivaldellecolline)

Non sono opere che tendano a lasciare porte aperte alla speranza, le creazioni del duo messinese. In questo caso, che si tratti del mondo di sopra o di quello di sotto, un filo comune disegna un identico universo di autocommiserazione da cui sembrano interdette quasi tutte le vie d’uscita.

Tuttavia si emerge da questa esperienza, è il caso di dirlo, provando un pizzico di delusione, come di occasione mancata.
Rispetto ad altri felicissimi episodi della carriera di Spiro Scimone e Francesco Sframeli, questo debutto assoluto al Festival delle Colline Torinesi, pur essendo di sicuro interesse per le tematiche su cui intende rivolgere la propria ricerca, non ci sembra godere di un pieno equilibrio dei valori espressi.

La vena grottesca e tragicomica d’impianto beckettiano qui sembra dover fare più volte i conti con la necessità di rodare alcuni ritmi (si tratta comunque del debutto) ma, in particolare, qualche dubbio si solleva verso alcuni frangenti dello spettacolo in cui sembra ricorrere qualche retorica di troppo. Ad esempio, nella scelta di rievocare le violenze subite dal sacrestano emerge la sensazione di essere passati attraverso soluzioni forse “di comodo” (per citare Don Carlo), nel tentativo di accelerare temperature emotive che, se cercate più “Giù”, più nel profondo delle condutture fognarie dell’esistenza, avrebbero potuto rivelare esiti maggiormente efficaci. 

Non resta che tuffarci anche noi giù, ammesso che non lo siamo già. Osservato da un’altra prospettiva, il mondo potrebbe offrirci nuove possibilità.

GIÙ
di Spiro Scimone
regia: Francesco Sframeli
con: Francesco Sframeli, Spiro Scimone, Salvatore Arena, Gianluca Cesale
scena: Lino Fiorito
disegno luci: Beatrice Ficalbi
regista assistente: Roberto Bonaventura
direttore tecnico: Santo Pinizzotto
organizzazione: Cadmo – Roma

produzione: Compagnia Scimone Sframeli, Festival delle Colline Torinesi, Théâtre Garonne Toulouse

Visto a Torino, Teatro Astra (Festival delle Colline Torinesi), il 5 giugno 2012

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