Tornare a fine giugno al Castello Pasquini di Castiglioncello per la prima parte di Inequilibrio, festival della nuova scena tra teatro e danza (fino al 5 luglio), organizzato da Armunia e quest’anno diventato maggiorenne, è da più di un decennio per noi un appuntamento imperdibile per sondare da vicino alcune delle direzioni che il teatro di parola e la danza stanno prendendo nel nostro Paese.
“Diciotto anni sono veramente tanti e ne siamo molto fieri” esordisce orgogliosa Elisabetta Cosci, da quindici regina indiscussa dell’ufficio stampa del festival, che ha visto passare tutte le direzioni, da Massimo Paganelli (ora impegnato con Filippo Timi in televisione) ad Andrea Nanni sino a Fabio Masi e Angela Fumarola, che oggi tengono le redini della manifestazione.
Il Castello Pasquini da diversi anni è diventato il rifugio privilegiato di molti artisti che, attraverso delle residenze perpetuate nei diversi spazi del parco e del castello, preparano i loro lavori, sondandoli poi con il pubblico che frequenta il festival.
Tra l’ombra delle sue piante ci capita di fare incontri sempre interessanti: come quello con Massimiliano Civica (di cui abbiamo raccolto le preziose considerazioni in una lunga intervista che vedrete prossimamente su Klp), reduce dalle fatiche della sua particolarissima “Alcesti”, che ci ha parlato della sua volontà di un ritorno a un teatro francescano, con al centro l’artista.
O l’incontro con Valeria Orani che, ritornata per l’estate dagli Stati Uniti dove si è trasferita, ci ha raccontato della sua nuova avventura professionale, che tende alla diffusione e alla promozione della drammaturgia italiana negli States in collaborazione con l’Università di New York.
Insomma, il festival è occasione importante di incontro e condivisione per capire cosa possiamo fare per rendere più fervida la scena del nostro Paese.
L’edizione di quest’anno conta 13 prime nazionali, con gli spazi esterni alle mura del castello che ospitano “lavori in corso”, veri e propri site specific che sfruttano solo la luce naturale, quella dell’alba o del tramonto. Questi lavori, nella forma definitiva, debutteranno poi nella stagione invernale di Armunia.
Nei giorni passati a Castiglioncello il festival è stata anche occasione per l’assegnazione del Premio “Lo Straniero”, il riconoscimento conferito dai collaboratori dell’omonima rivista di arte, cultura, scienza e società – fondata e diretta da Goffredo Fofi – ad artisti singoli o gruppi che maggiormente si sono distinti, anche e soprattutto in prospettiva, per la qualità delle loro opere e dei loro interventi.
Un’ulteriore occasione per incontrare e ascoltare da vicino personalità assai diverse tra loro, da Saverio La Ruina a Paolo Mereghetti, la nostra Bibbia cinematografica, da Vinicio Capossela sino ad alcuni rappresentanti No Tav, di cui abbiamo ascoltato le ragioni in un appassionato dibattito al Caffè della Limonaia. Già, l’esterno del Caffè della Limonaia, al limitare del parco del Castello, è uno dei centri del festival dove discutere degli spettacoli, assistere a presentazioni di libri e mostre e a quel centinaio di metri dal mitico “Maialaio”, dove a mezzanotte puoi mangiare porchetta e torta al rosmarino. E a proposito di mostre citiamo “Una storia di segni”, che raccoglie un vasto gruppo di opere di Tullio Pericoli, pittore e disegnatore, una delle voci significative nel panorama artistico contemporaneo. Ci colpiscono soprattutto i ritratti di uomini illustri come Beckett e Rossini, Stevenson e Scott Fitzgerald.
Ne siamo così presi che ci stiamo persino dimenticando di essere qui per vivere da vicino il teatro, che al festival, come detto, si può ancora sperimentare. Eccoci allora a vedere due studi.
Del regista romano Vincenzo Manna, che apprezzavamo già per alcune buone riuscite nel teatro ragazzi, abbiamo assistito a tre promettenti frammenti di “Roberto Zucco”, estremo capolavoro di Bernard-Marie Koltès.
Interessante ci è parso anche l’altro frammento presentato a Inequilibrio “Silenzi–frammenti di un discorso di coppia” della Compagnia Angelini/Serrani – Teatro Patalò, reduci dalle precedenti esperienze con César Brie.
Ecco poi Alfonso Postiglione che mette in scena “La Réunification des deux Corées” di Joël Pommerat (di cui vi parleremo più approfonditamente nei prossimi giorni), che in 18 quadri per 51 personaggi e nove attori mette in scena “l’amore come fenomeno difettoso”.
Ma è soprattutto la danza a proporci le creazioni più significative.
Di grande interesse è “Morte Araba: la genesi” di Maurizio Saiu che ritorna, ampliandola, a una sua storica performance del 1998 per la danzatrice Cornelia Wildisen. Sono brevi scene, oggi, dati i tempi in cui viviamo, forse ancora più urgenti, in cui l’artista sardo, qui con la davvero brava Elisabetta Di Terlizzi, fonde tradizione e sperimentazione per parlare di morte, alterità e differenza, tra citazioni pittoriche e cinematografiche con un omaggio esplicito alla grande attrice del muto Theda Bara.
Il contrasto tra Occidente e Oriente, troppo spesso visto come esotismo di maniera, viene esplicitato in modo immaginifico, mai mimetico, di grande e raffinata forza espressiva, riverberando molteplici suggestioni.
Anche Alessandro Serra di Teatropersona utilizza il gesto e il movimento per parlare dello scultore svizzero Alberto Giacometti, della sua vita e della sua poetica. La drammaturgia, come nelle migliori riuscite di Serra, non parte dalle parole ma da una partitura di visioni ed immagini che rimandano all’universo del celebre scultore.
Il racconto, costruito attraverso un utilizzo preciso e creativo di musiche, luci e oggetti, che creano atmosfere e sviluppano suggestioni ed immagini, si dipana attraverso un punto di vista femminile, ispirato alle tre donne della sua vita: la madre Annetta, la moglie Annette e la prostituta Caroline.
In questo modo le sculture, cosi espressivamente riconoscibili, sembrano davvero prender vita, pur non essendo presenti con la loro “evidente” materia, attraverso la forte presenza di Chiara Michelini, che si presta in modo ammirevole all’estro del regista.
Una danza coniugata tutta al femminile e di ottima fattura, quella scelta da Angela Fumarola per il primo week-end del festival, espressa anche nelle coreografie di Simona Bertozzi attraverso i suoi Animali senza favola, e di Irene Russolillo, qui al debutto nazionale del nuovo lavoro “A loan”, un discorso su amore e solitudine con gli spiriti che ci circondano, prendendo in prestito versi dai Sonetti di Shakespeare.
Vi lasciamo infine alla videointervista realizzata con i direttori artistici del festival, non prima di consigliarvi gli appuntamenti più interessanti del prossimo week-end.
Il festival ospiterà tra gli altri Macelleria Ettore con “Senza trama e senza finale dai racconti di Cecov” (2 e 3 luglio), Luca Scarlini (4 e 5 luglio) con “Prima le parole e poi la musica-cronache del match Mascagni – Dannunzio”, mentre i Gogmagog proseguiranno la collaborazione con Virginio Liberti presentando il nuovo lavoro “Sposati per sempre”.
Oggi e domani Atto due / Murmuris proporranno il primo studio di “Il migliore dei mondi possibili”, radiodramma teatrale ispirato al Candido di Voltaire su testo di Magdalena Barile, con primo spettatore Massimiliano Civica. Mentre la compagnia OSM (Occhisulmondo) porterà al festival un visionario spettacolo sul mondo delle drag queen: “Alice Dragstore”, per la regia di Massimiliano Burini.
Da segnalare, all’interno del programma, due trilogie, quella dedicata a Quotidiana.com (in tre sere i tre capitoli di “Tutto è bene quel che finisce”) e quella della danzatrice Claudia Catarzi con “Qui, ora”, “Sul punto” e “Intorno al fatto di cadere”.
A completare il programma due progetti: la terza parte di “Tre studi sulla vacuità” del collettivo Fosca e “diffraction #1 in paradise artists can fly”, pièce multimediale ideata e musicata dal compositore Gabriele Marangoni con testo dello scrittore kosovaro Jeton Neziraj.