Giocando su inversioni e palindromi, il direttore artistico Sergio Ariotti titola così il proprio intervento d’apertura del Festival delle Colline Torinesi: “Annodadonna”. La nuova edizione si preannuncia infatti come un’importante vetrina per molte storie al femminile. Autrici, registe e attrici che si avvicenderanno sui palcoscenici della città – dall’Astra al Gobetti, dal teatro dei Marcido alle Fonderie, passando per la Casa del Teatro Ragazzi, Lavanderia a Vapore e il lussuoso Petit Hotel – tra il 4 e il 22 giugno prossimi.
Giunge in questo modo a coronamento il triennio di lavoro dedicato alla donna: «Il minimo comune denominatore di molti spettacoli è proprio il ruolo della donna nelle trasformazioni della società contemporanea, con significative testimonianze di battaglie per la libertà, per l’emancipazione, per l’etica». Rosa – per modo di dire – sarà anche il Segno d’artista 2017, donato da Marisa Merz, rappresentante dell’arte povera nostrana.
Come promesso durante la conferenza stampa – svolta nei teutonici locali del Goethe-Institut di Torino diretto da Jessica Kraatz Magri, tra abluzioni di vino e pretzel, alla presenza di un nutrito parterre – l’edizione numero ventidue offrirà al pubblico una ricchissima kermesse di spettacoli, ventisette, più tutta una serie di eventi collaterali.
Sotto il nume tutelare di Calliope, musa della poesia, stanno le sei pièce dedicate al rapporto tra teatro e letteratura. Innanzitutto “Lettere dalla notte”, con Chiara Guidi, che rielabora liberamente i versi di Nelly Sachs, autrice tedesca, premio Nobel 1966. Accanto a lei un coro di cittadini selezionati per l’occasione. Una voce, quella della poetessa (tornata in vita grazie alla Socìetas romagnola), che dà sfogo alla questione – attualissima – dell’allontanamento coatto e della migrazione: un riferimento dunque a quelle diaspore che saranno oggetto d’interesse delle future Colline.
Sulla medesima lunghezza d’onda anche la marcidiana “Amelia la strega che ammalia and friends”, con drammaturgia basata su testi di Amelia Rosselli, Sylvia Plath ed Emily Dickinson. Penetrando nella “caverna sentimentale” di queste autrici, Marco Isidori, Maria Luisa Abate & co. cercheranno di “imbastir coi versi un’opera di teatro”.
Ancora: l’esperienza mistica della “Emily” di (e con) Milena Costanzo, che accompagnata dagli interpreti Alessandra De Santis, Rossana Gay e Alessandro Mor prosegue la propria ricerca sulla triade Sexton-Dickinson-Weil, nonché la nomade “Corale numero uno” di Elena Bucci, dedicata alla figura della poetessa e cantante polacca di etnia romanì Bronislawa Wajs, la “bambola” Papusza. In scena anche il musicista Dimitri Sillato, al violino e pianoforte.
A chiudere la rosa poetica saranno “L’amica geniale” di Fanny & Alexander, spettacolo nato da un’idea di Luigi De Angelis, Chiara Lagani e Fiorenza Menni, atto primo di un’analisi metateatrale che – prendendo spunto dal caso Elena Ferrante – riflette sul significato dell’attorialità e della drammaturgia; e “Il cielo non è un fondale”, che segna il ritorno a Torino di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini (questa volta in compagnia di Monica Demuru e Francesco Alberici) con uno spettacolo ispirato dalla lettura di Annie Ernaux e già fragorosamente applaudito da Roma a Parigi e Losanna: come nei “Passages” di Benjamin, il mondo cittadino diviene punto di partenza per una ricerca più profonda, che mette in crisi l’urbanizzazione e il teatro stesso.
Mantiene l’ispirazione letteraria, ma volta al fiabesco, anche l’opera di chiusura “The Black’s Tales Tour” di Licia Lanera, premio Ubu 2014 come miglior attrice under 35. Lo spettacolo verrà messo in scena nella cornice neo-liberty dell’ex-Lutraio, ossia il suggestivo dancing Le Roi Music Hall progettato da Carlo Mollino, per un monologo musicato che esplora le più macabre storie di Hans Christian Andersen e dei fratelli Grimm, da Cenerentola alla Regina delle Nevi.
La musica, eseguita rispettivamente dal trio Barovero-Marchesano-Barbieri e dal quintetto Moova-Dj Ms-Lethal V-Rebus-Zethone, sarà il filo conduttore anche di “Abebech – Fiore che sboccia”, lavoro dell’artista italo-somala Saba Anglana, prodotto da Assemblea Teatro, incentrato sulla biografia dell’artista etiope Abebech, strappata da Mogadiscio durante gli anni della colonizzazione italiana, e di “Personale Politico Pentothal”, un progetto dei fratelli Dalla Via che coinvolge cinque rapper – cui si unirà un ulteriore ensemble reclutato sul territorio – che segna una nuova collaborazione con La Piccionaia vicentina.
Rimanendo su questo filone, non si può dimenticare “Acqua di colonia” di Frosini/Timpano, versione compiuta dell’omonimo primo studio già presentato la scorsa edizione, e alla cui stesura ha partecipato anche la scrittrice di origine somala Igiaba Scego.
Tangenziale ai diversi filoni fin qui descritti sarà invece “Zoo(m)out” di Th(on)gu, primo adattamento per voce, musica e video. Ispirandosi all’“Uomo che cadde sulla terra” di Walter Travis (già trasposto in carne e celluloide da Nicolas Roeg nel 1976 con un giovane David Bowie), Guendalina Tondo prova a immaginare come sia il nostro mondo osservato da un alieno.
Cinematografico è anche il taglio di “Elephant Woman”, scritto e diretto da Andrea Gattinoni sulla falsariga del film del 1980 di David Lynch, uno spettacolo interpretato da Silvia Lorenzo e prodotto in collaborazione con i Filodrammatici di Milano: le vicende di Topazio B, la trentacinquenne che abbandona l’ordine borghese per condurre una vita borderline, rappresentano il primo segmento di “34”, progetto votato all’analisi dei rapporti umani nell’ultimo mezzo secolo.
Insomma, un percorso di “Educazione sentimentale” che è anche titolo dell’opera di Fiammetta Carena, spettacolo “antropofago” diretto e intepretato da Maurizio Sgotti, insieme con Tommaso Bianco, Viola Lo Gioco e Lorenzo Romano: un giallo della porta accanto che riflette con toni noir sul cannibalismo fisico e morale e sulla questione della misoginia.
Da tre vicini di casa a un solo “Inquilino”, per la precisione il signor Trelkovsky, subentrato ad un’affittuaria suicida: ispirata al romanzo di Roland Topor, la pièce di Lab121– adattata e diretta da Claudio Autelli – vedrà in scena Alice Conti, Giacomo Ferraù, Michele di Giacomo e Marcello Mocchi.
E se la giornata è uggiosa, niente di meglio di un buon libro per vincere la noia (magari incompiuto come “Il re pallido” di David Foster Wallace). Stiamo parlando dell’atteso “Human animal” de La Ballata dei Lenna (Nicola Di Chio, Paola Di Mitri e Miriam Fieno), vincitore del bando Funder35 e del progetto Hangar Creatività, realizzato in collaborazione con la Scuola Holden e Acti Teatri Indipendenti.
Tra le proposte internazionali, il “Titans” del trasformista greco Euripides Laskaridis, “So Little Time” (“apologo satirico” sulla recente situazione politica libanese) di Lina Majdalanie e “Pixelated Revolution”, una conferenza che si preannuncia come “non accademica”, all’interno della quale Rabih Mroué si interrogherà sul ruolo di fotografie e video prodotti dai nostri smartphone nell’ambito della documentazione storica.
Menzione speciale merita il lavoro della giovane artista Ksenija Martinovic, che metterà in scena il suo “Diario di una casalinga serba” (tratto dall’omonimo testo di Mirjana Bobic Mojsilovic), già presentato in forma breve durante l’ultima edizione di MaldiPalco, la rassegna autunnale di Tangram Teatro.
Fra i ritorni al festival ci sarà quello di Cuocolo/Bosetti con la nuova avventura “Roberta va sulla luna”, che vedrà in scena anche il cagnolino Nuvola: lo spettacolo nasce dal “celeste” ritrovamento di un’edizione speciale della rivista OGGI, nella quale si celebrava l’allunaggio dell’Apollo11 nel Mare della Tranquillità.
Meno iperuranica appare invece la vicenda di “Ifigenia in Cardiff”, diretta da Valter Malosti, presente anche in conferenza stampa, e interpretata da Roberta Caronia. L’opera di Gary Owen segue le vicende di Effie, squattrinata e sboccata che vive ai margini del Galles. Tra una sbronza e l’altra, ecco sopraggiungere l’epiphany: l’incontro con un soldato di ritorno dall’Afghanistan.
Giunge a conclusione con l’edizione 2017 anche il percorso dei fratelli Gianluca e Massimiliano De Serio, con il loro “Stanze/Qolalka”: dei molti rifugiati ascoltati nel lontano 2010 nella caserma La Marmora di via Asti (ex-sede della Guardia nazionale fascista), resta oggi il solo Abdullahi Ahmed Abdullahi, in scena con la mediatrice culturale e attrice somala Suad Omar, per proporre un raffronto tra ieri e oggi, nel solco amaro della persecuzione.
Per concludere, sulla scia della passata edizione, quattro promettenti spettacoli che si interrogano sul tema dell’identità di genere. Dopo il successo di “Geppetto e Geppetto”, ecco la sua controparte al femminile: “Pedigree”, rappresentazione del testo inedito di Babilonia Teatri che narra, con vigore libellistico, le vicende di due mamme, Marta e Perla.
Per Scena Verticale l’eccellente Saverio La Ruina mette in scena il suo “Masculu e Fiammina”, stream of consciousness sepolcrale, rivelazione sulla tomba della madre di un segreto a lungo taciuto, in quello stile rituale tipico del nostro Mezzogiorno.
Silvia Calderoni e i Motus, ospiti immancabili, proporranno negli ambienti del Petit Hotel “Raffiche”, reinvenzione di “Splendid’s”, opera “minore” (il termine è sempre irritante) del sommo Jean Genet, spettacolo già rodato circa 15 anni fa durante una fortunata tournée internazionale, questa volta in una versione tutta al femminile con cui la compagnia celebra il suo primo quarto di secolo. In scena anche Federica Fracassi.
Ultimo ma non per importanza, “50 Grades of Shame” di She She Pop: contaminando Wedekind e E. L. James, il collettivo tedesco – attraverso un collage di immagini reali e digitali – si interroga sul problema della consapevolezza sessuale, cercando un’ironica (non) risposta alle domande che ci attanagliano da anni: che cosa definisce una donna? E un uomo?
Val la pena di ricordare anche il dramma “eletto” di Sasha Marianna Salzmann, personificazione dell’archetipo dello “straniero”: nata in Russia, è tedesca ma vive ad Istanbul. La sua commedia “Lingua Madre Mameloschn”, tradotta da Alessandra Griffoni e parte del progetto di cooperazione creativa Fabulamundi – Playwriting Europe di Pav, contrappone le donne di tre diverse generazioni di una famiglia ebraica – nonna, figlia e nipote – sullo sfondo delle grandi trasformazioni storiche del Novecento, dal nazismo alla globalizzazione. «La lingua madre – anticipa il programma – è qualcosa che le accomuna».
Ad arricchire il già vasto cartellone, gli appuntamenti “Mezz’ora con…” a margine degli spettacoli, a cura di Laura Bevione, chiacchierate informali grazie alle quali il pubblico potrà confrontarsi con alcuni degli artisti ospiti (nello specifico, Cuocolo/Bosetti, Babilonia Teatri, Marta Dalla Via, She She Pop e Saverio La Ruina), e i tre incontri dal titolo “Un teatro pieno di punti interrogativi” (in programma il 29 maggio, il 5 e il 12 giugno), organizzati dall’Associazione culturale Pratici e Vaporosi, un punto della situazione teatrale italiana a cinquant’anni dal Convegno d’Ivrea. Qual è il “cambiamento” oggi in atto?
Prosegue poi anche la collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema e il Cinema Massimo, presso le cui sale verranno proiettati, abbinati agli spettacoli in programma, “Elephant Man” e “L’uomo che cadde sulla terra”.