Kristof, Handke, Bausch, il teatro balinese: sono i riferimenti tra cui il dramaturg Marco Gnaccolini ha guidato il regista Marco Caldiron nella nuova produzione, in scena l’11 giugno al Festival Inventaria di Roma
“Nascere/Piangere succhiare bere mangiare dormire aver paura/Amare”. Così inizia la poesia “Vivere” di Agota Kristof, che declina l’esistenza in 63 verbi all’infinito: una successione di azioni in cui si distilla l’essenziale e l’universale, ciò che si ripete e muta, aprendosi alla coesistenza dei contrari. E’ da questo testo che prende le mosse “63Azioni”, ultima produzione della compagnia patavina Carichi Sospesi.
Ad un punto intermedio dell’elenco di “Vivere”, l’interprete principale pronuncia la frase: “Sono arrivato fino a qui”; poi lo sopravanzano azioni che portano fino ad “Amare/Lasciarsi soffrire viaggiare dimenticare/Raggrinzirsi svuotarsi affaticarsi/Morire”.
Nel corso dello spettacolo appare chiaro che l’esigenza espressiva muove da un’istanza personale sia del regista Marco Caldiron, che dell’attore Marco Tizianel, entrambi giunti oltre la boa dei 50 anni e consapevoli di “avere avuto un altro po’ di tempo” e contemporaneamente di “non avere più tempo di”.
Ma una delle cifre che rende prezioso questo spettacolo è la capacità di astrarsi dall’autobiografismo e di dissolvere gli elementi strettamente personali in una scrittura evocativa che, rinunciando ad appoggiarsi ad una trama narrativa definita da specifiche contingenze, riesce a parlare a e di ciascuno di noi, attraverso una formula originalissima, delicata e poetica.
L’impostazione visiva è minimale e di grande effetto. Marco Tizianel, che per tutta l’interpretazione si mantiene brillantemente pacato ed intenso, resta isolato dentro un occhio di bue tra il lato e il centro del palco. A sinistra un proiettore analogico passa in rassegna diapositive di un’esistenza iniziata nel Novecento, tra ritratti di famiglia e ricordi di viaggio. In seconda linea, in penombra, si intravede la consolle musicale di Chiara Cecconello: accompagnerà il recitativo con una partitura musicale elegante e puntuale, generando atmosfere dense ed eloquenti, capaci di comunicare ciò che la parola non dice o a cui soltanto accenna.
La drammaturgia elude il discorso narrativo tradizionale, mentre dilata il carattere rarefatto del suo incipit, declamando una successione di mere azioni: queste toccano nodi universali ed intimi, e con minime variazioni possono arrivare anche a cambiare di segno e negare il punto iniziale. Lo sviluppo si snoda come una camminata a passo lento attraverso capitoli esistenziali comuni (amore, lavoro, malattia, lutto, genitorialità etc.) e le tre dimensioni temporali di passato, presente e futuro: “sono stato”, “sono diventato”, “sarò” scandiscono sempre nuove catene di azioni. Ma di esse non interessano né i punti di partenza, né d’arrivo: si attraversa una vita pur senza raccontarla e, soprattutto, senza trarne un bilancio o esprimerne un giudizio. Della vita si restituisce la fluidità e la mutevolezza, l’impasto di condizionamenti, intenzioni, tentativi, approssimazioni, maturazioni. Vivere significa essere tante persone, prendere una direzione e poi il suo contrario, seguire percorsi di identificazione che possono deviare in rivoli inattesi, attraversare la contraddizione. Esporsi a stati d’animo opposti: felicità ed angoscia, innamoramento e abbandono, adattamento e disagio, responsabilità e bisogno. Essere soggetto passivo, protagonista, complice o sostegno. Di tutto ciò, importa rappresentare solo la consapevolezza che la vita è questo, un percorso mobile tra sfide, scoperte, cambiamenti, acquisizioni, perdite. E forse l’unica barra che fa da timone è semplicemente il corpo e la sua fisiologica trasformazione, seguendo l’inesorabile incedere del tempo.
Non è un caso che ci sia uno studio attento anche alla partitura fisica. Come l’essenza del vivere sembra sia stata decantata in un processo di sublimazione, allo stesso modo la gestualità è scarnificata e ridotta a minimi termini simbolici. Marco Tizianel alterna movimenti meccanici o ginnici, ad altri allusivi, simbolici e rituali che scandiscono alcuni passaggi topici della propria meditazione.
Chiara Cecconello non si limita al ruolo di sound performer, ma esce da questo per intervenire ad attivare il principale interprete, sia vocalmente, sia con avvicinamenti e movimenti speculari e simmetrici. La sua figura, quindi, sembra insinuarsi ad incarnare la vita stessa, tra afflato materno e perentorietà incontrovertibile. Tuttavia, la sua ambigua presenza finisce per amplificare la singolarità del protagonista e a porci di fronte all’evidenza che restiamo un’individualità, nonostante implicati in dimensioni relazionali.
La drammaturgia segue un equilibrio sempre costantemente bilanciato tra spensieratezza e cupezza, tra slancio e sospensione, tra soffi di carezze e punture di spilli sulla pelle dello spettatore. A questo risultato ha concorso la guida di Marco Gnaccolini, classe 1985, dramaturg e drammaturgo in ambito teatrale, premiato librettista lirico, sceneggiatore e soggettista nell’ambito del fumetto. A lui Marco Caldiron si è affidato per focalizzare meglio il processo creativo, ricevendo sollecitazioni per lo sviluppo della scrittura e della struttura drammaturgica. I riferimenti suggeriti spaziano da “Autodiffamazione” di Peter Handke a “Quattro stagioni” di Pina Bausch, passando per Lola Arias. Accanto a ciò, Gnaccolini ha curato anche l’equilibrio dei percorsi emotivi, attingendo alla teoria del rasa del teatro balinese e quindi alla compresenza degli otto stati emotivi archetipici.
Per chi non fosse della zona, vale la pena ricordare che la sala teatrale dei Carichi Sospesi, che quest’anno ha compiuto vent’anni di attività, è un vero e proprio punto di riferimento per la città e più ampiamente per le province limitrofe: la stagione “Dritti al cuore” di anno in anno si presenta variegata di proposte per tutti i palati e impreziosita da selezioni finaliste in premi o produzioni di punta nella scena nazionale.
A ciò si aggiunge l’organizzazione di una varietà di festival di teatro di strada dislocati in contesti diversi, oltre ad “Approdi diversi”, rassegna di teatro inclusivo ed integrato.
La vocazione aggregativa e sociale del circolo si misura in un’intensissima attività di formazione ad ampio raggio e di produzione nell’ambito del teatro per ragazzi, per persone con disabilità, di commissioni site-specific per la propria città. Possiamo a ragione dire che chi, in Veneto negli ultimi vent’anni, si è appassionato al teatro contemporaneo, ed in particolare i numerosissimi studenti universitari patavini, è cresciuto senz’altro grazie a Carichi Sospesi.
Ora, dopo lo shock della pandemia, a partire da quest’opera eccellente, Carichi Sospesi riprende la creazione di spettacoli a pieno regime di produzione e rivolti ad un’ampia circuitazione. Dopo il debutto del 24 marzo a Padova, “63Azioni” è stata selezionata dal Festival Inventaria e tornerà in scena l’11 giugno a Roma.
63Azioni
con Marco Tizianel e Chiara Cecconello
regia di Marco Caldiron
dramaturg Marco Gnaccolini
sound design Chiara Cecconello
produzione Carichi Sospesi
durata: 50′
Visto a Padova, Carichi Sospesi , il 24 marzo 2024