L’Adelaide di Borgogna metateatrale di Arnaud Bernard al Rossini Opera Festival

Ph: Amati Bacciardi
Ph: Amati Bacciardi

Enrico Lombardi sostituisce degnamente alla direzione l’indisposto Francesco Lanzillotta

Siamo tornati dopo qualche anno a Pesaro, al ROF, il festival operistico dedicato a Gioachino Rossini, per assistere a “Adelaide di Borgogna”, molto incuriositi da un’opera che non avevamo mai visto dal vivo e di cui possediamo un dvd che contiene la prima rappresentazione moderna in forma scenica, avvenuta proprio al ROF nel 2011, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia.

Il dramma in musica dell’illustre pesarese è tratto dal libretto di Giovanni Schmidt, che aveva già collaborato con Rossini per “Elisabetta, regina d’Inghilterra” e per “Armida”, composizione di cui c’è parso di intravvedere un’eco alla fine del primo atto.
La prima andò in scena il 27 dicembre 1817 al Teatro Argentina di Roma e non riscontrò grande successo, in generale l’opera ebbe anche in seguito scarsa fortuna.

Il soggetto ci immerge nella storia medioevale del nostro Paese, quando il re Lotario I, che governò l’Italia dal 945 al 950, viene avvelenato da Berengario, marchese d’Ivrea, per prenderne il potere. Adelaide di Borgogna, protagonista dell’opera, è la moglie del re avvelenato, che si rifugia nella fortezza di Canossa (Canosso nel libretto), per sfuggire all’usurpatore. E l’opera inizia proprio nella fortezza di Canossa, dove i sostenitori di Berengario esultano per averla espugnata, mentre il popolo piange le sorti della patria e della principessa Adelaide (“misera patria oppressa”) che il figlio di Berengario, Adelberto, vorrebbe in sposa, pur avendo la donna da poco perso il marito. L’imperatore Ottone “il Grande” è però giunto con il suo esercito nelle vicinanze, e Berengario di ciò ha paura, e per questo decide di ingraziarselo con false proposte di pace, mettendolo anche in guardia rispetto ad Adelaide, descrivendola falsamente come donna divisiva e ambiziosa. Berengario accoglie Ottone nella fortezza; qui l’Imperatore incontra Adelaide, che gli chiede aiuto e giustizia. Ottone ne resta subito ammaliato e le chiede di diventare sua sposa. Adelberto vorrebbe disfarsi di Ottone, ma il padre lo mette in guardia, esortandolo ad attendere l’arrivo delle proprie truppe prima di colpire. Adelaide intanto ha molta speranza nella nuova vita con Ottone, che le conferma il suo amore (“Mi dai corona e vita”).
L’ultimo quadro del primo atto vede infatti Ottone e Adelaide pronti al matrimonio tra la folla festante, mentre Berengario ed Adelberto fremono d’impazienza. Ed infatti finalmente arrivano i soldati a loro fedeli, che aggrediscono i seguaci dell’Imperatore. Adelaide viene fatta prigioniera mentre Ottone e i suoi riescono a salvarsi fuggendo (“Schiudi le porte al tempio”).

Il secondo atto inizia con Adelberto, che tra l’esultanza dei suoi per la vittoria, implora Adelaide di dividere il trono con lui, ricevendo ancora dalla donna un diniego colmo di sdegno. Nel medesimo tempo arriva la notizia che Ottone ha rovesciato le sorti della battaglia e ha fatto Berengario prigioniero. Eurice, la madre di Adelberto, prega il figlio di ridare la libertà ad Adelaide in cambio della vita del marito, accettando così la proposta recata da un messaggero dell’Imperatore. La donna, non avendo avuta risposta certa, escogita di liberare di nascosto Adelaide con l’aiuto di Iroldo, il governatore di Canossa. Nell’accampamento imperiale, Adelberto si dice disposto a liberare Adelaide, ma Berengario si oppone, affermando che lo farebbe solo a patto che gli sia garantito il trono. Ottone si dice disponibile, ma l’arrivo di Adelaide, liberata da Eurice, complica i suoi piani, anche perché l’Imperatore lo fa arrestare. Adelaide esige comunque dall’amato il rispetto della promessa fatta: Berengario ed Adelberto lasciano così l’accampamento, giurando però vendetta.
E così eccoci davanti alla nuova e decisiva disfida. Adelaide si separa a malincuore da Ottone, che va a combattere con i suoi nemici giurati, consegnandogli un velo quale pegno del suo amore (“Ah, vanne, addio – Cingi la benda candida”). La donna implora quindi l’aiuto del cielo e, mentre prega, giunge la notizia che il nemico è stato sconfitto.
Il finale è tutto riservato ad Ottone, che arriva in trionfo a Canossa, seguito da Adelberto e Berengario in catene tra il delirio della folla (“Serti intrecciar le vergini – Vieni, tuo sposo e amante”).

Il libretto racconta una vicenda dai contorni veritieri ma si nutre anche di inesattezze: l’azione viene anticipata di qualche anno, al 947, posizionando la fortezza di Canossa, che in realtà si trova sull’Appennino reggiano, vicino al Lago di Garda.
Sei sono i brani dell’opera, come accade spesso per Rossini, che furono poi utilizzati per “Eduardo e Cristina”, che il ROF ha presentato proprio per la prima volta quest’anno a Pesaro.

L’edizione a cui abbiamo assistito ha visto alla regia Arnaud Bernard, con le scene di Alessandro Camera, i costumi di Maria Carla Ricotti e le luci di Fiammetta Baldiserri, e nella sera in cui eravamo presenti alla recita, nel capace spazio della Vitrifrigo Arena, la direzione d’orchestra è stata affidata a Enrico Lombardi, che ha diretto con cura e dedizione l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, avendo sostituito all’ultimo momento l’indisposto Francesco Lanzillotta.

Come si evince dalla fitta trama, anche in quest’opera domina il triangolo che di solito determina i cardini del melodramma: ad Adelaide (soprano) e Ottone (contralto) si oppone come antagonista il tenore Berengario, a cui Rossini regala un’aria con il coro, veramente bellissima, in cui il giovane vive il contrasto tra l’amore per Adelaide e il timore per la morte del padre.
Un’opera, questa “Adelaide di Borgogna”, in cui avvengono, come abbiamo visto, repentini cambiamenti e che si fa amare soprattutto nel secondo atto, di bellissimo risalto, in cui la musica si innesta perfettamente con la drammaturgia. Qui, dopo l’aria con coro di Adelberto già citata (“Grida o natura”) c’è l’arrivo inatteso di Adelaide liberata da Eurice, risolta da Rossini con un quartetto (“Adelaide o ciel che vedo”) e due scene di raccordo, in cui lo stupore per l’inattesa liberazione della donna è reso con grande maestria musicale.
Bellissimo anche l’addio prima della battaglia della protagonista (“Ah vanne addio”,) con la grande aria di Adelaide (“Cingi la benda candida” con l’inizio mutuato dalla famosa aria del Barbiere “Cessa di più resistere”), interrotta dall’annuncio della vittoria dell’amato Ottone.
Pur non raggiungendo la bellezza delle arie del contralto e dei suoi duetti con il soprano di “Semiramide” o “Tancredi”, ci sono parsi davvero ragguardevoli anche quelli tra Ottone e Adelaide. Curioso poi il confinamento in una sola aria dei personaggi di Eurice (“Sì sì mi svena”) e Berengario, che dovrebbe invero rappresentare il grande antagonista (“Se protegge amica sorte”) e nessuna per Iroldo.

Il regista Arnaud Bernard, per vivacizzare la vicenda, sceglie l’escamotage del teatro nel teatro. All’alzar del sipario vediamo infatti il nudo palcoscenico, con annessi i camerini a vista e gli altri ambienti di servizio. Durante la sinfonia ecco poi arrivare tutte le componenti che dovranno mettere in scena l’opera. E qua accade il fatto che farà da filo conduttore all’allestimento, con l’intersecarsi tra arte e vita: il soprano sorprende nel camerino il tenore (si presume il suo fidanzato) ad amoreggiare con una comparsa. Da qua, tra pianti, tentativi di riappacificazione e ripicche, il dramma sentimentale si trascinerà per tutto il resto dell’opera, in un continuo alternarsi di piani d’azione, finché il soprano, con un coup de théatre, deciderà di fuggire, riuscendo dunque a connettere realtà e finzione, con l’interprete di Ottone…

Tutto è molto gradevole, a parte la decisione bislacca di enfatizzare i movimenti del soprano, conferendo un sapore parodistico che a noi è parso fuori contesto. L’allestimento di Bernard ha il grande merito di svelare in modo consono ad un pubblico che non le conosce tutte le componenti e le dinamiche di una comune messa in scena teatrale, con il regista e il suo aiuto, che, seguendo l’azione, danno continui suggerimenti a tutti.
Le scenografie molto belle (la cappella coloratissima dello sposalizio e lo squarcio di natura dell’aria finale di Adelaide) vengono montate e smontate dai tecnici a vista; le comparse si aggirano sul palco, mentre i coristi eseguono dal vivo le loro parti con il pianista sul palco che accompagna i recitativi.

Convincenti tutti i cantanti: a partire da Olga Peretyatko, che come Adelaide ci è piaciuta soprattutto nel finale, dove ha eseguito molto bene e con giusto pathos “Cingi la benda candida”. Varduhi Abrahamyan ha conferito giusta alterità al suo Ottone (“Soffri la tua sventura”, “Vieni tuo sposo e amante”). Tra gli uomini René Barbera riesce a dare al personaggio di Adelberto la sua giusta dimensione, tra figlio e amante. Bene anche il Berengario di Riccardo Fassi e dall’Eunice di Paola Leoci.
Ottimo il coro del Ventidio Basso preparato da Giovanni Farina e Michele D’Elia, al fortepiano.

Adelaide di Borgogna
Dramma per musica in due atti di Giovanni Federico Schmidt
Musica di Gioachino Rossini
Edizione critica della Fondazione Rossini, in collaborazione con Casa Ricordi, a cura di Gabriele Gravagna e Alberto Zedda

Direttore FRANCESCO LANZILLOTTA (13 agosto), ENRICO LOMBARDI (16, 19 e 22 agosto)
Regia ARNAUD BERNARD
Scene ALESSANDRO CAMERA
Costumi MARIA CARLA RICOTTI
Luci FIAMMETTA BALDISERRI

Interpreti
Ottone VARDUHI ABRAHAMYAN
Adelaide OLGA PERETYATKO
Berengario RICCARDO FASSI
Adelberto RENÉ BARBERA
Eurice PAOLA LEOCI
Iroldo VALERY MAKAROV
Ernesto ANTONIO MANDRILLO

CORO DEL TEATRO VENTIDIO BASSO
Maestro del Coro GIOVANNI FARINA
ORCHESTRA SINFONICA NAZIONALE DELLA RAI
Nuova produzione

Visto a Pesaro, Vitrifrigo Arena, il 22 agosto 2023

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