Aldo Morto: la reclusione di Timpano per ripercorrere quella di Moro

Daniele Timpano in Aldo Morto
Daniele Timpano in Aldo Morto
Daniele Timpano in Aldo Morto
Cinquantaquattro giorni di prigionia, gli stessi di Aldo Moro. È questa la provocazione di Daniele Timpano, che ripropone a Roma il suo ultimo spettacolo – dopo il debutto al Palladium durante la passata stagione – sull’ex presidente della DC rapito e giustiziato dalle Brigate Rosse. Uno spettacolo che si inserisce nel filone “cadaverico” di Timpano e rappresenta forse il suo picco più alto. Con cinismo, ironia e nostalgia il punto di vista su Moro diventa una riflessione su quegli anni e su cosa è rimasto della sinistra di quarant’anni fa.

Lo spettacolo “Aldo Morto – tragedia” è inserito in un contesto molto più ampio: Daniele sarà fisicamente rinchiuso in una cella analoga a quella di Moro “tre metri per uno” collocata in fondo al palcoscenico. “La mia ora d’aria sarà quella in cui vado in scena” ha affermato durante la conferenza stampa di presentazione al Teatro dell’Orologio, luogo della reclusione (dal 16 marzo all’8 maggio, il 9 incontro conclusivo all’Opificio Telecom Italia).

Timpano potrà ricevere solo poche visite programmate e comunicherà con l’esterno attraverso il sito e i social network (#aldomorto54 su twitter). Inoltre, attorno alla prigionia di questo novello “prigioniero politico del teatro” si stanno organizzando vari momenti di approfondimento sul caso Moro (e soprattutto sulla eredità di quell’avvenimento storico rispetto alle nuove generazioni) e sulla generazione che lo ha vissuto a confronto con quella di Daniele. E ancora spettacoli, concerti e presentazioni di libri.

Cinquantaquattro repliche, una al giorno, Pasqua compresa. Un atto contro “la mistificazione, la violenza, la massificazione, il senso di impotenza, quel vero e proprio compromesso “etico”, non “storico”, che è la base identitaria di questo bel paese”.

“Desolato, io non c’ero quando è morto Moro – scrive Timpano – Aldo è morto senza il mio conforto. Era il 9 maggio 1978. Non avevo ancora quattro anni. Quando Moro è morto, non me ne sono accorto. Ma dov’ero io quel 9 maggio? E cosa facevo? A che pensavo? E soprattutto a voi che ve ne importa? È una cosa importante cosa facevo e che pensavo io a tre anni e mezzo? Aldo è morto, poveraccio. Aldo Moro, lo statista. Che un certo Moro fosse morto l’ho scoperto alla televisione una decina di anni dopo, grazie a un film con Volontè. Un film con Aldo morto. Ci ho messo un po’ a capire fosse tratto da una storia vera. Oh, mio Dio! Hanno ammazzato Moro? E quando? E perché? E come? Lo hanno trovato nel bagagliaio di Renault 4 rossa, undici colpi sparati a bruciapelo addosso. Oh, mio Dio! Hanno ammazzato Aldo! Brutti bastardi. E vabbè, pazienza. Niente di importante. Cose che capitavano negli anni ’70. Bisognava fare la rivoluzione. Chi? Brigate rosse. Era il 9 maggio del 1978. Non avevo ancora quattro anni. Brigate rosse, sì. Ma rosse in che senso?”.

Il progetto (realizzato grazie all’incontro tra Fondazione Romaeuropa, Teatro dell’Orologio e amnesiA vivacE) è ambizioso e portato avanti con intelligenza comunicativa: un delizioso teaser gira su YouTube da giorni, una grafica accattivante che richiama lo Studio 54, altra icona – ma antitetica alla nostra! – della fine degli anni Settanta.
Numerosi partner sono stati coinvolti: artisti, video maker, blog, riviste di teatro on-line, intellettuali e studiosi a creare un corto circuito tra la Storia e il web 2.0, la reclusione e l’espansione on-line, la riflessione e il buzz mediatico.
Il programma “in progress” è disponibile sul sito www.aldomorto54.it
 

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