Angélica, ma non per tutti. Liddell, San Paolo e il mistero della fede

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Angélica Liddell in un momento dello spettacolo|I fedeli anti Liddell davanti all'Olimpico (photo: Rita Borga)
Angélica Liddell in un momento dello spettacolo
Angélica Liddell in un momento dello spettacolo

Un Padre nostro, dieci Ave Maria, un Gloria al Padre e così via, per cinque decine, fino a sgranare l’intera coroncina del rosario.
Recita così un buon gruppetto di persone durante il debutto italiano della “Prima lettera di San Paolo ai Corinzi. Cantata BWV 4, Christ Lag in Todesbanden. Oh Charles!” di Angélica Liddell.
Uno spettacolo acclamato e condannato allo stesso tempo, scelto da Emma Dante ad apertura de I Fiori dell’Olimpo – 68° ciclo di spettacoli classici allo storico Teatro Olimpico di Vicenza.
Uno spettacolo di cui, non v’è dubbio, s’è già tanto parlato.

Arrivo fuori dal teatro e provo a chiedere a uno dei devoti in preghiera se qualcuno di chi porta sulle spalle il cartello “Vergogna – vergogna – vergogna” o “Basta – Difendere Dio e la sua legge” abbia già visto lo spettacolo inquisito.
La risposta è un atto di fede: «Ci fidiamo di quanto scritto dai giornalisti». Aberrante e illuminante allo stesso tempo; assimilabile a quanto sta accadendo nelle cittadine di provincia piuttosto che nelle città con quella cacciata alle streghe che è diventata la battaglia contro la famigerata (e assai sconosciuta) “teoria del gender” in arrivo nelle scuole italiane.

Ho chiesto allora se qualcuno dei fedeli in picchettaggio avrebbe preso parte, quella sera o la successiva, allo spettacolo. Una sola persona (un eletto?) avrebbe partecipato, per poi riferire agli altri quanto visto.

L’imponente Olimpico ha registrato – come previsto – il tutto esaurito, e solo due o tre persone tra il pubblico hanno sentito il bisogno di andarsene durante la rappresentazione; chi è rimasto ha partecipato ai quasi cinque minuti di applausi finali.

Da un’artista inquieta e indisciplinata come Angélica Liddell ci si può aspettare di tutto, eppure è stato chiaro quasi da subito, o almeno da quando la regista catalana è entrata in scena, regalando un monologo potente e pregno d’amore di quasi un’ora (ossia la quasi totalità dello spettacolo), che il tema non sarebbe stato quello di una sessualità blasfema o di una sacrilega pornografia.

Il testo portato in scena con tanta pazzia d’amore è semmai una composizione epistolare di una bellezza sublime e spiazzante. Ogni singola lettera è preghiera, abnegazione, confessione. Un universo interiore scritto da una lacerata carnalità e indirizzato al celestiale.
«La fede è come amare qualcuno che è lì fuori, nella nebbia, e non si rivela mai per quanto forte lo si chiami.».
Questa frase di Ingmar Bergman, tratta dal film “Luci d’inverno”, apre l’incontro iniziatico della giovane Maddalena (Victoria Mariani) con la croce di legno e il Cristo  dalla pelle dipinta d’oro (Sindo Puche). È un incontro che avviene sull’altare e le lascia tra le mani il fazzoletto con cui Cristo ha pulito la propria coppa. È un incontro immerso nel silenzio. Il silenzio del sacramento. Un silenzio che è come la febbre.

I fedeli anti Liddell davanti all'Olimpico (photo: Rita Borga)
I fedeli anti Liddell davanti all’Olimpico (photo: Rita Borga)

Angélica Liddell arriva dopo, smonta la croce e lascia le assi abbandonate al loro peso. Lo sguardo rimane frontale, entrando nel cono di luce che le scende alle spalle.
Monade in scena, recita la propria “Lettera della Regina del Calvario al grande Amante” inizialmente con una delicatezza discendente che la rende minuta, infantile e impossibilitata a muoversi, mentre le mani, stringendo il fazzoletto feticcio dell’iniziazione, affondano nel pesante abito rosso rubino; quasi un ritaglio del grande drappo che ricopre il palco e scende a cascata nella cavea fino a raggiungere l’immagine della Venere dormiente di Tiziano.

Poi arriva l’impeto, il tormento, l’amore disperato, indomabile, urlato, castrato.
L’abito scopre le caviglie e lascia il passo all’anima in pena. La Liddell, come a margine dell’esistenza, attraversa “La lettera di Marta a Tommaso” di Bergman, “La lettera di San Paolo ai Corinzi”, l’inno “Christ lag in Todesbanden” di Martin Lutero e cita “Frammenti di un discorso amoroso” di Barthes, in un gioco vorace di ascesa e discesa tra sacro e profano.
Si fa punto di crisi, stonatura, baratro, riuscendo ad operare una sottile trasformazione. È un venir fuori dal male (rappresentato dall’immagine dell’arresto di Charles Manson a cui si riferisce quel “Oh Charles!” del titolo) e un interrogarci prepotente con la sua eresia.

Nel passaggio dalla monade al coro si compie il “Ciclo delle Resurrezioni” iniziato con “You are my Destiny” (Lo stupro di Lucrezia) e “Tandy”.
La bellezza mistica-sensuale delle Marie dalla testa rasata che entrano in scena sul finire, accompagnate da Bach, riempiono il teatro di una gestualità che trae dignità dall’iconografia sacra, dove l’apertura delle mani e l’estensione delle braccia chiamano a sé, in un ritorno alla vita che si compie solo attraversando la morte.

Di fronte alla forza di un’autrice colta e profonda, tutte le polemiche sollevate nell’ultimo mese dai movimenti politici e cattolici veneti scivolano via, insieme ai loro rappresentati e seguaci, nella pozza di un grottesco mistero.

PRIMA LETTERA DI SAN PAOLO AI CORINZI
Cantata BWV 4, Christ lag in Todesbanden. Oh, Charles! (Ciclo delle Resurrezioni)
di Angelica Liddell / Atra Bilis Teatro
testo, regia, scenografia e costumi: Angelica Liddell
con: Victoria Mariani, Angelica Liddell e Sindo Puche (in alternanza con Ugo Giacomazzi)
luci: Carlos Marquerie
suono: Antonio Navarro
una coproduzione: Théâtre Vidy-Lausanne, Odéon-Théâtre de l’Europe, Festival d’Automne à Paris, 68° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza – Comune di Vicenza – Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza, La Bâtie-Festival de Genève, Theater Chur, Künstlerhaus Mousonturm, Bonlieu Scène Nationale Annecy
Con il sostegno di: Comunidad de Madrid e Ministerio de Educación, Cultura y Deporte – INAEM
Lo spettacolo ha debuttato il 19 marzo al Théâtre Vidy di Losanna

durata: 1h 20 minuti
applausi del pubblico: 4′ 35”

Visto a Vicenza, Teatro Olimpico, il 18 settembre 2015
Prima nazionale

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