Anghiari Dance Hub 23 a sostegno dei giovani coreografi

Manuela Victoria Colacicco, tra i selezionati del bando
Manuela Victoria Colacicco, tra i selezionati del bando

Selezionati i quattro artisti under 35 che vincono altrettante borse di studio multidisciplinari

Non si tratta semplicemente di scovare talenti, coreografi in erba che hanno bisogno di visibilità, bensì d’offrire un tempo e un luogo protetti in cui i giovani artisti possano imparare, sperimentare e mettersi alla prova.
È questa la mission di Anghiari Dance Hub, una piccola realtà nata nove anni fa, in provincia di Arezzo, che con passione e tenacia sempre crescenti, rivolge le proprie energie a sostegno dello sviluppo della danza contemporanea in Italia.
Grazie alla caparbietà di Maurizia Settembri, che fu la prima a credere nel progetto coinvolgendo Luca Ricci, Andrea Merendelli, Gerarda Ventura e Luca Dini, ogni anno questo Centro di Promozione della Danza proclama un bando di selezione rivolto a coreografi under 35 con l’assegnazione di quattro borse di studio.

Quel che Anghiari Dance Hub offre è un percorso di accompagnamento a sostegno dei coreografi, i quali potranno usufruire di una residenza creativa di tre mesi, frequentare seminari d’approfondimento e ricevere l’affiancamento personalizzato di un tutor durante la fase embrionale di un loro progetto ex-novo che verrà poi presentato sotto forma di studio ad una cerchia di studiosi, operatori e critici teatrali.

La direttrice artistica, Gerarda Ventura, con il suo sguardo lucido, attento, certamente critico quanto amorevole, scruta e scandaglia il panorama della danza contemporanea italiana con oculata veemenza per andare a captare quali siano le effettive necessità della danza contemporanea emergente.
Durante un’intervista ha condiviso con noi alcune considerazioni e riflessioni che mettono in evidenza i valori di Anghiari Dance Hub e gli obiettivi che persegue attraverso il bando e le azioni successive che ne conseguono.

Una prima constatazione, su un tema certamente ampio e complesso, riguarda l’approccio alla creazione da parte dei coreografi italiani, rilevando come una prassi ormai consolidata a livello europeo, ossia l’impiego della figura del dramaturg, faccia ancora fatica ad affermarsi in Italia, specie in ambito di danza. Anghiari Dance Hub insiste molto sull’importanza di questo aspetto, prevedendo ogni anno la presenza di un* dramaturg che tenga un seminario di drammaturgia della danza, per offrire ai giovani coreografi una maggiore consapevolezza autorale della propria creatività ed espressività.
Un’altra criticità riscontrata da Gerarda in molti aspiranti artisti, al termine della loro formazione accademica, è una totale ignoranza (o quanto meno una scarsa dimestichezza) rispetto alle questioni amministrative, burocratiche e legislative legate allo spettacolo dal vivo. Non è dunque un caso che Anghiari Dance Hub si proponga di rispondere anche a necessità di ordine più “pratico”, con cui un* artista emergente deve necessariamente fare i conti, per quanto “becere” possano apparire: inevitabilmente nel corso della sua carriera dovrà farsene carico, o quanto meno imparare a relazionarvici.

Il Centro di Promozione della Danza offre così un ampio ventaglio di occasioni formative in grado di abbracciare un po’ tutti gli elementi che compongono lo spettacolo dal vivo, dalle luci alla musica, dalla coreografia alla narrazione, supportando i giovani coreografi nel loro percorso di crescita e ricerca.

Quest’anno la giuria (composta da Michele Di Stefano, Andrea Merendelli, Miriam Petruccioli, Luca Ricci, Maurizia Settembri, Alessandra Stanghini e la stessa Ventura) ha vagliato le proposte di 44 progetti coreografici originali, arrivando a selezionarne quattro.
I nomi dei vincitori sono stati resi noti da poco: Simone Lorenzo Benini (danzatore, performer e coreografo diplomato alla Salzburg Experimental Academy of Dance di Salisburgo), Manuela Victoria Colacicco (diplomata in danza e coreografia contemporanea alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi), Massimo Monticelli (danzatore, coreografo e insegnante bolognese, artista associato di TIR Danza) e Pierandrea Rosato (danzatore e coreografo laureato in danza moderna presso la Folkwang Universität der Künste). In attesa di conoscere questi giovani coreografi più da vicino, vi lasciamo alle parole di Gerarda che ha risposto alle nostre curiosità.

Quali sono i valori, i principi, su cui poggia il lavoro di Anghiari Dance Hub?
Diciamo che non esistono in Italia, tranne l’Accademia Nazionale di Danza, dei luoghi che offrano dei corsi per diventare coreografi. Inoltre, lo spettacolo di danza, come tutto lo spettacolo dal vivo, non è solo dell’arte principale a cui si inspira, ma è la somma di tutta una serie di interventi: le luci, le scene, i costumi, la musica e così via… Però questi strumenti non vengono forniti da nessuna parte. Ci sembrava fondamentale dare questa possibilità a dei giovani autori. Il seminario su cui ci soffermiamo maggiormente, che riteniamo il più importante, è quello sulla drammaturgia della danza. All’estero è una cosa del tutto normale avere un dramaturg che segua il lavoro del coreografo, mentre in Italia è ancora poco utilizzato.

Quali sono a vostro avviso le maggiori criticità del mondo della danza, in Italia, oggi?
Come al solito, la danza contemporanea non viene molto considerata, soprattutto dalle istituzioni. Si continua a pensare che la danza sia solamente quella accademica, il balletto, mentre se guardiamo ai numeri, sono sicuramente molti di più gli artisti che si occupano di danza contemporanea anziché di balletto.
Un secondo problema è quello di non avere luoghi dedicati perché venga insegnata in modo corretto; bisogna affidarsi alle scuole private o all’Accademia Nazionale di Danza. Per quel che riguarda i Licei coreutici, a me personalmente non è ancora ben chiaro che tipo di formazione intendano dare: se quella rivolta all’artista, al critico o allo studioso…
Poi c’è il problema dei finanziamenti, che sono sottostimati rispetto alle necessità. Infine, il problema della distribuzione: si chiede tanta produzione, ma poi non c’è chi la distribuisca. Io credo che sia fondamentale il confronto con il pubblico: è ciò che ti dà il termometro, il valore di un lavoro. Se questo confronto manca, anche con pubblici diversi, è difficile capire veramente il valore di un’opera.

Quali difficoltà o sfide ha dovuto affrontare Anghiari Dance Hub nel corso degli anni?
Le sfide principali sono state quelle di riuscire ad ottenere finanziamenti. Facendo un’attività che avviene prima della produzione vera e propria è difficilissimo trovare risorse. Ci siamo affidati alla Fondazione della Cassa di Risparmio di Firenze, che ci aiuta con un piccolo finanziamento. Inoltre l’anno scorso abbiamo usufruito di altri contributi partecipando ad un progetto europeo e a un progetto speciale, entrambi sulla drammaturgia della danza: a mio avviso questo è l’elemento più importante della creazione coreografica.

Ripensando a come è nato il bando, ci sono stati dei cambiamenti?
Grossi cambiamenti no, abbiamo solo dovuto puntualizzare sempre di più alcune richieste. Quando si dice che i giovani in Italia comprendono solo in parte gli elaborati… beh, un po’ è vero.

Veniamo all’edizione di quest’anno. Quali sono i criteri che hanno guidato i giurati nella scelta della rosa dei candidati?
La cosa più importante che ci permette d’avere un’idea precisa della capacità autoriale del coreografo è la visione del video del lavoro precedente. Anche l’esposizione del progetto, la chiarezza o meno dell’idea.
Ci siamo resi conto, negli anni, che è davvero difficile riuscire a trascrivere l’idea progettuale coreografica: in pochissimi ci riescono. Infine, anche la lettera di motivazione: se è molto formale o più personale, se riesce a trasmettere la reale necessità di fare questo lavoro… In genere prediligiamo performance dove non ci sia un solo interprete che coincide con il coreografo, per stimolare la capacità di trasmissione dell’autore agli interpreti.

I coreografi che sono stati prescelti presentano delle caratteristiche in comune?
No, sono abbastanza diversi tra loro. L’anno scorso casualmente in molti venivano dalla Paolo Grassi, e questo fa pensare. E’ una scuola interessante, una scuola valida. Quest’anno, se non sbaglio, solo una persona l’ha frequentata.

Come è avvenuta la scelta di insegnanti e tutor?
Quest’anno abbiamo invitato una dramaturg slovacca, Maja Hriešik. Prima di lei, sin dall’inizio avevamo avuto Guy Cools, ma la collaborazione si è dovuta interrompere perché si è trasferito in Canada. Lui ci consigliò Matteo Fargion, che aveva già avuto esperienze di docenza. Con un musicista “puro” sarebbe stato complicato riuscire a metterlo in relazione con dei giovani coreografi… Invece Fargion ha un proprio metodo, per cui porta ogni coreografo a capire la composizione musicale del proprio lavoro e di conseguenza quale potrebbe essere la musica più adatta.
Per il disegno luci abbiamo scelto Gianni Staropoli perché ci sembrava il più interessante in rapporto al lavoro con la danza.
Per la composizione coreografica abbiamo un po’ vagato. Per tre, quattro anni abbiamo avuto Michele di Stefano, poi dall’anno scorso abbiamo invitato Marco Valerio Amico. Del lavoro dell’interprete invece se ne occupa Marigia Maggipinto. Elena Lamberti tiene due incontri su promozione e comunicazione, mentre Luca Ricci un incontro su come ottenere feedback, opinioni, suggerimenti dagli operatori, critici e studiosi, insomma le persone che invitiamo a vedere la presentazione delle bozze realizzate dai coreografi.

Che tipo di rapporto si instaura tra i docenti e i coreografi in posizione di “allievi”?
Non c’è una netta separazione tra docente e allievi. Ci teniamo molto a non creare un’atmosfera da scuola, ma da campus di condivisione. Questo è davvero importante. Tutti, anche i tutor più esperti, si sono sempre posti alla pari dei giovani artisti, come dei colleghi. Vedo che i suggerimenti dei tutor non vengono accolti pedissequamente, ma ci sono discussioni, verifiche: “Proviamo questo, proviamo quell’altro”. In più, anche tra loro, gli artisti, se vogliono, possono fare da occhio esterno, vedere le prove di un collega, discuterne assieme.

In che modo Anghiari accompagna i giovani coreografi a livello organizzativo ed amministrativo? Quali sono le azioni concrete che mette in atto?
Dato che in genere sono abbastanza digiuni di qualsiasi necessità per andare in scena, per cominciare Alessandra Stanghini, Elena Lamberti ed io raccontiamo loro come funziona il sistema amministrativo e burocratico. Dopo di che, siccome spesso le loro bozze di lavoro vengono apprezzate e invitate, noi ci occupiamo di tutti gli aspetti amministrativi: il contratto con la struttura invitante e con gli artisti, le agibilità, l’emissione delle fatture, tutti i pagamenti, le buste paga… E ci tengo a dirlo, siccome vogliamo essere di supporto, noi non tratteniamo neanche un euro da quello che è il loro cachet, neanche gli oneri aziendali, quelli li paghiamo noi.

Generalmente cosa accade al termine del percorso da voi predisposto?
Alcuni hanno creato una propria compagnia e hanno anche avuto accesso ai finanziamenti ministeriali, penso per esempio a Salvo Lombardo o a Tommaso Bonda. Anche Andrea Zardi credo abbia creato una sua associazione, lui è pure studioso di Storia dell’arte della danza. Tra i più giovani mi vengono in mente Laura Gazzani (che adesso è un’artista associata a Zerogrammi), oppure Jari Boldini e Giulio Petrucci (associati a Nexus di Simona Bertozzi). Alcuni coreografi stanno continuando ad avere una attività interessante; altri magari continuano ad appoggiarsi a noi, come ad esempio Giorgia Lolli, che al momento non ha intenzione di fare una sua compagnia perché lavora spesso all’estero.
Il nostro augurio è che trovino la loro strada: che creino una propria compagnia o vengano invitati a far parte in una scuderia di qualche compagnia più importante. Ma non capita sempre, alcuni coreografi creano in maniera irregolare. La verità è che di autori veri e propri ce ne sono pochi.

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