Antonio e Cleopatra: il teatro cinematografico del National Theatre (at Home)

Sophie Okonedo (photo: Johan Persson)
Sophie Okonedo (photo: Johan Persson)

Un territorio inesplorato, “Antonio e Cleopatra”. L’occasione di una première online presso il National Theatre (At Home), la riproposizione (in questo ‘nuovo ordine britannico del teatro’ che ha visto un vero e proprio Shakes-boom) arriva pertanto molto gradita. Le due star, in scena per la prima volta alla fine del 2018 presso l’Oliver Theatre di Londra, sono Ralph Fiennes e Sophie Okonedo per la direzione di Simon Godwin.

Un concetto importante quello di ‘stella’, giacché sulle tavole della maestosa sala (la più imponente fra le tre ospitate all’interno dell’inconfondibile complesso brutalista sulla riva meridionale del Tamigi) transitano fin dalla sua nascita solo i volti più famosi della entertainment industry britannica. Un teatro cinematografico, verrebbe da dire, e anche un po’ televisivo, data la ormai consolidata età d’oro delle serie tv.

E non tradisce le aspettative il meccanismo mobile pensato da Hildegard Bechtler per sostenere l’insostenibile assenza di unità aristotelica che, in questo Shakespeare, si amplifica fra due mondi diametralmente opposti, ma sulla cui discrasia si erge l’intero sistema narrativo. L’Egitto, simbolo di uno strano esotismo che arriva fino alla licenziosità, e la Roma triumvirale, simbolo di una strana versione di algido razionalismo non ancora repubblicano.

Una mobilità scenografica e narrativa che, coadiuvata da costanti intermezzi musicali per nascondere, sottolineandoli, i repentini quanto imbarazzanti cambi spaziali, racconta la storia dei due amanti nella maniera più cinematografica possibile. Un mood sostenuto anche dai costumi, contemporanei, e da una super-tecnologica idea di ‘guerra’ che ricorda le due del Golfo per colori e numero di lustrini sul petto dei vari ranghi militari.

La prima decisione registica è di entrare nel plot dalla fine. Il corpo senza vita della regina “zingara”, la cui lussuria ha trasformato il valoroso combattente nel “trastullo di una sgualdrina”. Una trasformazione che non ha avuto paura di essere vista da tutti e da tutti giudicata. Ed ecco qui un altro tema cinematografico: Antonio e Cleopatra, o forse sarebbe meglio dire Cleopatra ed Antonio, agiscono il ruolo di celebrità, giacché la loro è una passione ‘pubblica’.

Entriamo quindi dalla parte gypsy del duplice mondo mobile di questo monumentale allestimento, con vento e violini, e i due che giocano attorno a una piscina come due adolescenti. Si accorgono del pubblico — appunto, di occhi sul loro gioco, e iniziano a intrattenerlo. Fiennes è assolutamente perfetto: senza necessità di passare in sala prove, sembra essere arrivato direttamente dal set di “A Bigger Splash”, quanto meno per i costumi.

Il malinconico volto di Sophie Okonedo (Cleopatra), e una voce quasi dolorosamente acuta (ma forse è il video), sembra essere poco adatto, d’altra parte, ad incarnare la sensualità umorale dell’icona che deve rappresentare. Risulta tuttavia adattissimo ai momenti più intimamente laceranti (“Give me some music!”). L’alchimia ‘da cinema’ non c’è. Tuttavia, non possiamo dimenticare di essere in un teatro, ancorché nazionale, e allora una domanda si impone, impellente.

Deve una produzione di “Antonio e Cleopatra” essere necessariamente monumentale, anche se non proprio alla maniera anni Sessanta, con caschetto nero su pelle bianca e gigantesche tiare d’oro impossibili da indossare? Una domanda che potrebbe forse diventare un messaggio in bottiglia da destinare alle onde del movimento shakespearalista che attualmente vive nei social ai tempi della pandemia. E magari anche dopo.

Una domanda per chi ha visto, e pensato, o che forse immaginerà — perché non ama questa dilatazione del cinema dentro il teatro, neanche in tempi di necessità (come ora), una versione minore. Un modo per ritagliarne le perle di una vastità eccessiva, in un lavoro di adesione al canone capace al tempo stesso di giocare con il canone, rispondendo alle domande che esso sempre pone.
Con perle che sono presenti, naturalmente, anche qui — e come non potrebbero?
Fiennes rimarrà memorabile per il baccanale nel ventre di quello che potrebbe essere un sottomarino nucleare, così come per l’imbarazzo quasi infantile nella distanza da Ottavia (la bravissma Hannah Morrish), il suo vero amore sempre presente anche se non c’è, ma sembra di vederla, come un’ombra che lo possiede. Una febbrile frenesia che vuole, ma non può, coniugare i due mondi. E neanche i due corpi.

Antony and Cleopatra
by William Shakespeare
Cast:
Fisayo Akinade, Eros
Alexander Cobb, Scarus
Hiba Elchikhe, Soothsayer
Henry Everett, Ventidius / Understudy Enobarbus, Lepidus, Euphronius, Canidius
Ralph Fiennes, Antony
Gerald Gyimah, Menas / Understudy Pompey
Waleed Hammad, Varrius / Understudy Proculeius, Thidias, Scarus, Sicyon Official
Tunji Kasim, Caesar
Georgia Landers, Iras / Understudy Octavia
Nicholas Le Prevost, Lepidus
Tim McMullan, Enobarbus
Hannah Morrish, Octavia
Shazia Nicholls, Official from Sicyon / Understudy Agrippa, Charmian, Iras, Soothsayer
Gloria Obianyo, Charmian / Understudy Cleopatra
Sophie Okonedo, Cleopatra
Nick Sampson, Euphronius
Katy Stephens, Agrippa
Alan Turkington, Canidius / Understudy Antony
Ben Wiggins, Proculeius / Understudy Menas, Eros
Sam Woolf, Thidias / Understudy Caesar
Sargon Yelda, Pompey
Production team:
Director, Simon Godwin
Set Designer, Hildegard Bechtler
Costume Designer, Evie Gurney
Lighting Designer, Tim Lutkin
Music, Michael Bruce
Movement Director, Jonathan Goddard
Movement Director, Shelley Maxwell
Sound Designer, Christopher Shutt
Video Designer, Luke Halls
Music Director, Magnus Mehta
Fight Director, Kev McCurdy
Company Voice Work, Jeannette Nelson
Associate Director, Emily Burns
Associate Costume Designer, Laura Hunt
Musicians:
Percussions, Magnus Mehta, Joley Gragg
Cello, Kwêsi Edman
Woodwind, Sarah Manship
Guitar / Oud, Arngeir Hauksson

Visto sul canale Youtube del National Theatre at Home, il 7 maggio 2020

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